FILI D'AQUILONE |
Numero 70 Fame |
LADRI DI BICICLETTE In Ladri di biciclette (1948) De Sica ci racconta una storia tragica ambientata a Roma, nel secondo dopoguerra, in un contesto di disperazione: un padre di famiglia disoccupato, Antonio, riesce a trovare un lavoro come attacchino comunale ma per farlo ha bisogno di un mezzo di trasporto e all’epoca il più quotato era la bicicletta.
La famiglia vive in condizioni di povertà e di fame e questo improvviso lavoro è il solo unico modo per uscire da una dura realtà, dalla miseria, ma ad Antonio gli rubano la bicicletta e De Sica racconta nel film la ricerca disperata, di un padre e di suo figlio Bruno, di questo mezzo per poter uscire della povertà. C’è una la scena in cui questa famiglia sta mangiando accanto a un’altra benestante: la differenza di cibo tra l’una e l’altra mette in evidenza la contrastante realtà di quel periodo storico, tra chi si può permettere un pasto decente e chi no.
La fame, la situazione famigliare, spingono Antonio a risolvere il problema rubando una bicicletta lasciata incustodita, così come è capitato a lui, un gesto tragico con il quale De Sica vuole mostrare la disperazione che fa perdere alle persone la propria moralità.
Ladri di biciclette fece vincere a De Sica, nel 1950, un Oscar onorifico al miglior film straniero prima ancora che questa categoria fosse creata a Hollywood. Quello stesso anno il film vinse il BAFTA, ed il premio speciale della Giuria a Cannes divenendo ben presto un classico della storia del cinema mondiale.
Il film segnò una svolta nella carriera come regista di Vittorio De Sica che, per rendere ancora più vero il suo realismo, fece partecipare alle riprese molti attori non professionisti e filmando le scene direttamente nei luoghi narrati, nelle strade della città segnando così un percorso che poi verrà seguito da molti registi, e non solo italiani.
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