
Non hai mai capito nulla di nessuno
senza morderlo almeno con lo sguardo.
Il pensiero ‒ da solo ‒
è fame mal nutrita.
Il morso. Primo logos.
Precede la parola
ma la contiene.
Ogni sapere
si incorpora.
Separare mente e corpo
significa mettersi a dieta
dalla verità.
Mangiare:
un atto epistemico.
Ingoiare
equivale a rendere
l’altro accessibile.
Chi rifiuta il cibo
rinuncia al mondo
nella sua forma concreta.
Tra amare
e divorare
rimane la paura del giudizio.
Ogni morso
comporta un rischio:
l’altro
infetta
ciò che ignoravi
di contenere.
La digestione
non mente,
unico esame profondo
della realtà.
Chi ti ha amato meglio
ti ha lasciato addentare
almeno
un pensiero nudo.
Il cannibale
prende l’empatia
alla lettera.
Il corpo dell’altro
diventa
il suo ultimo argomento.
Lo legge
senza filtri.
Cibare
richiede fede.
Dicevi:
“Mi sei dentro.”
Lo dicevi
sul serio.
Chi non vuole essere mangiato ‒ aggiungevi ‒
farebbe meglio
a non rendersi così
incredibilmente reale.
Chi ama troppo
non si accontenta
della pelle.
Cerca un passaggio.
Vuole attraversare
il confine
tra il tu
e il dentro.
Non mangiavi
per possedere.
Cercavi solo
di colmare
l’impossibile.
In un mondo
che disperde ogni cosa
conservavi
attraverso la carne.
Il pensiero astratto
restava
una fame
senza denti.
C’è chi ama con le mani,
chi con le parole,
chi col coltello da burro.
Tu
con lo stomaco.
Essere cannibale
era una metafora
finché non la prendesti
sul serio.
Ogni persona
che hai mangiato
ti ha chiesto
di non dimenticarla.
Hai obbedito.
Con cura.
Con senso del dovere.
Gesto sacro.
Atto di fede.
Mangiarsi a vicenda
‒ tentavi di convincermi ‒
un accordo mistico
che nessuna religione
ha il coraggio
di scrivere.
Tu non cucinavi vittime.
Accoglievi voci.
Chi parla troppo dell’anima
spesso
ha smesso
di ascoltare il corpo.
E chi non ascolta il corpo
finisce per mangiare
da solo.
La fame
non disturba.
Pone domande.
Se l’amore
non attraversa
che senso ha?
Meglio
un morso sincero
di mille carezze formali.
Non darmi troppe colpe.
Mi guardavi con gli occhi semichiusi.
Sarai solo
testimone
dei miei eccessi.
Non tutti
meritano d’essere mangiati.
Alcuni
arrivano
già svuotati.
La digestione è
il contrario dell’oblio:
Forma assoluta
di memoria attiva.
Mangiare
comporta
cieca fiducia.
Cosa si nasconde
nella pietanza?
Cosa si muove
dentro l’altro?
Solo chi rischia
scopre davvero
il sapore.
Ingoiare
incide più di una firma.
Più irrevocabile
di un sì.
Più profondo
di un addio.
Il dolore
non si cancella,
ma si può
incorporare.
E una volta dentro
forse
smette di urlare.
Non hai mai divorato
nessuno
senza che prima
avesse lasciato
un vuoto in te.
Bocca famelica
che belle parole!
Cucinare
rivela pensiero.
Mangiare
dischiude l’essere.
Digerire
chiarisce
il senso.
Tra amare
e annullare
passava un coltello
che tagliava il pane
e chi amavi
con la stessa delicatezza.
C’è un tipo di fame
che non cerca sazietà.
Chi ama troppo
mastica piano
per prolungare l’illusione
che l’altro
sia ancora lì.
Mangiavi l’altro
per fissarlo.
Per trattenere
l’impermanenza.
Il tuo più grande amore?
Quello che non hai osato mangiare.
Non per rispetto.
Per paura
di scoprire
che non sapeva
di niente.
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(Immagine: acrilico dell'autrice)
vivianeciampi.poetry@gmail.com
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