FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 70
luglio 2025

Fame

 

JULIA MELISSA RIVAS HERNÁNDEZ
ARCHEOLOGIA DEL PARADISO

di Alessio Brandolini



La messicana Julia Melissa Rivas Hernández (1981) ha la fortuna di avere per madre una brava pasticcera che tratta i suoi dolci, i lieviti, il pane che poi inforna, come qualcosa di vivo e poi è tutta felice nel mostrare agli altri, alla figlia, ciò che di buono, di fragrante è uscito dal suo forno, dalle sue mani. Ecco: un lavoro ben fatto, curato con la massima attenzione e tanto amore. Quel cibo prezioso che ci nutre, quel dolce profumo e il suo sapore che danno gioia nell’assaporarlo, riempie lo stomaco e fa passare la fame, e ci dà forza ma, allo stesso tempo, dona allegria alla nostra mente: un assaggio di paradiso.

Archeologia del paradiso, pubblicato in Messico nel 2024, dopo aver vinto un premio come inedito l’anno precedente, è diviso in tre parti, con la prima che dà il titolo al libro ed è come un largo poema frazionato in ventuno sezioni. I riferimenti culinari sono tanti, si parla di cibo, della “massa madre”, di zucchero, marmellata, formaggio, del caffè che purtroppo solo al mattino ci si accorge che è terminato, del tintinnio del cucchiaio nella tazza… L’importanza delle cose che usiamo senza dargli la giusta attenzione, come acquisite per sempre. La rilevanza dei gesti quotidiani, normali e ripetitivi che fanno parte della nostra vita e che le imprimono una traccia indelebile, una fitta rete di piccoli episodi.

Non mancano nel libro i riferimenti spirituali, a Cristo che nel Vangelo di Giovanni dice “io sono il pane della vita”. Il pane più antico al mondo risale a 14.000 anni fa ed è stato scoperto in Giordania, veniva preparato macinando a lungo, tra due pietre, una miscela di cereali, poi mescolata con l’acqua; l’impasto finale veniva cotto su una pietra rovente.
Il pane ci nutre fin dall’antichità, è il più classico e remoto rimedio contro lo stomaco vuoto, dà forza all’uomo per stare in piedi e farlo camminare, ma anche il pane (o un dolce) da offrire come gesto di amicizia, amore, soccorso se l’altro è affamato. Così è anche la poesia e le parole che la modellano, i versi che vanno “impastati” con calma, con impegno, con devozione e il testo finale che va lasciato riposare, in lievitazione. Ogni passaggio è importante, ogni minuscolo dettaglio. Poesie che poi, forse, diventeranno un libro che viaggerà nel mondo, nel tempo, e chi vorrà potrà leggerlo, nutrirsene.

Il grande poeta venezuelano Eugenio Montejo, anche lui con un padre fornaio, panettiere, parla a lungo in alcuni saggi del suo “laboratorio bianco”, in riferimento alla farina immacolata usata dal papà, alla vita solitaria e notturna di chi fa questo lavoro, alle mani che si muovono svelte per impastare, ammorbidire e poi mettere a cuocere. Il forno che era nella casa dove viveva il poeta, così per anni, decenni e la vita del padre entra nella sua poesia, diventa lo “spazio poetico” di Eugenio Montejo. La solitudine del fornaio è anche la solitudine del poeta, il bianco della farina contagia ogni cosa, non solo le mani, la pelle ma anche le frasi, l’anima, i versi e quel candore (simile a quello della neve) rende meno ostile l’oscurità dell’esistenza, il male che c’è nel mondo.

Anche in Julia Melissa Rivas c’è questo rituale da laboratorio, l’accuratezza dei dettagli nella struttura estetica dei testi, il richiamo alla semplicità e alla calma dei gesti, al silenzio, quella perfezione della massa che lievita e si fa arte, materia genuina, gioia. Il pane si trasforma in immagini poetiche, diventano qualcosa di solido e concreto, di positivo. Anche le molliche vanno salvaguardate perché nutrono i piccoli esseri viventi, perfino gli insetti, non bisogna sprecare nulla e trattare con delicatezza la terra da cui arrivano i prodotti che ci mantengono in vita, occorre irrigarla nel modo giusto, stare vicini, con riconoscenza, agli uomini che coltivano la terra, la rendono fertile.

In Archeologia del paradiso si parla anche di altri appetiti, di altri tipi di fame, come quella che spinge a leggere e a scrivere ogni giorno, della “fame di ogni momento” che ci porta a essere curiosi di tutto, anche di quei “sfarzosi frammenti” che nutrono uccelli e formiche, dell’acqua che fluisce ma resta presente.
Un seme di grano contiene la misura esatta di Dio e stando davanti a una pagnotta appena sfornata ci si ricorda di questo e dell’Universo che può essere percepito anche nelle cose più semplici, quotidiane, minuscole come un seme di grano, una mollica.

Archeologia del paradiso è un libro che fa venire voglia di assaggiare una fetta di pane di grano duro, un dolce, di masticare con calma e lasciare che il nostro spirito “lieviti” mentre, senza averne timore, si ascolta la ruota dentata e inarrestabile del tempo. Il suono della vita fluisce e ci rammenta i giorni che ci lasciamo alle spalle, con i suoi sapori, i gesti inconsapevoli, tutte le storie che la memoria archivia, gli odori della cucina, il primo caffè del mattino sorseggiato con gli occhi semichiusi prima di vestirsi e filare al lavoro.

“Le parole con le quali riempiamo un libro sono briciole” e sono frammenti di pane le parole che saziamo la nostra fame. Impastare è un atto importante, creativo che mette in contatto con gli elementi necessari all’esistenza, con l’acqua, la farina, il sale e, insieme, con lo spazio che ci circonda. Si infornano parole per servirle sulla tavola della lingua, della poesia.




POESIE DI JULIA MELISSA RIVAS HERNÁNDEZ
da Arquelogía del paraíso
Círculo de Poesía Ediciones, Messico, 2024


Inforna il pane quotidiano della poesia
E non lasciarci vivere senza la sua razione.

Laura Delia Quintero

TENGO QUE DECIRLO

Tengo que decirlo, a veces el hambre es sólo eso, hambre que nos aseguran los otros y lo hacen en preguntas que no tienen simulacro de fingimiento, ni siquiera un estado de serio disimulo o de una real inquietud:

¿Qué comiste el día de hoy?
Hambre.

¿Dejaste ese libro que estabas leyendo?
Sí, con hambre.

¿Sigues con ese afán por el poema?
Por supuesto, es el hambre.

¿Algo podría disuadirte?
Lo hace el hambre.

Te veo diferente ¿algo pasó?
El hambre a todas horas.

Sigue así.


DEVO DIRLO

Devo dirlo, talvolta la fame è soltanto questo, fame che ci assicurano gli altri e lo fanno con domande che non hanno un simulacro di falsità, nemmeno uno stato di vero camuffamento o di una reale inquietudine:

Cosa hai mangiato oggi?
Fame.

Hai abbandonato quel libro che stavi leggendo?
Sì, con fame.

Hai ancora quell’affanno per la poesia?
Certamente, è la fame.

Qualcosa potrebbe dissuaderti?
Lo fa la fame.

Ti vedo diverso. È accaduto qualcosa?
La fame in ogni istante.

Avanti così.


LAS MIGAS DE PAN ALIMENTAN

Las migas de pan alimentan tanto al pájaro como a la hormiga y al hongo que en su refugio existe.

Las migas de pan que caen descuidadamente sobre cualquier regazo, las que tomamos entre las manos y arrojamos al piso, al fregadero, al lugar del ajeno alimento.

Migas,
moronas,
migajas,
sobras,
trozos,
cascajos
y fragmentos,

fastuosos fragmentos de pan que pese a ser nimiedades, alimentan a los seres minúsculos, y a las

vidas más diminutas que hay en esta heredad.


LE BRICIOLE DI PANE NUTRONO

Le briciole di pane nutrono sia l’uccello che la formica e il fungo che se ne sta nel suo rifugio.

Briciole di pane che cadono distrattamente su ogni grembo, quelle che afferriamo tra le mani e buttiamo a terra, nel lavandino, nel raccoglitore del cibo di scarto.

Briciole,
molliche
croste,
avanzi,
pezzetti,
schegge
e frammenti,

sfarzosi frammenti di pane che, pur essendo inezie, alimentano gli esseri minuscoli, e le

vite più microscopiche che ci sono in questa eredità.


TODAS LAS COSAS QUE ME RODEAN

Todas las cosas que me rodean prevalecerán,
todas aquellas que existieron antes de mí.

Los árboles que fueron la materia prima de cimientos,
columnas,
casas,
y muebles,
serán cenizas;
carbones,
leña quizá.

El algodón que forma mis vestidos y mis almohadas,
será un paño desgastado y un breve reposo bajo la tierra.

El agua permanecerá y el agua fluirá.

Pero algo de codicia concurre en lo imperecedero.

Yo, que sé todo esto, me despido. Adiós, adiós a todo el
tiempo que me precede.

Me despido también de todo aquello que me

sobreviva.


TUTTE LE COSE CHE MI CIRCONDANO

Tutte le cose che mi circondano prevarranno,
tutte quelle che sono esistite prima di me.

Gli alberi che erano la materia prima delle fondazioni,
colonne,
case,
e mobili,
diverranno cenere;
carbone,
forse legname.

Il cotone che forma i miei vestiti e i miei cuscini,
sarà un tessuto logoro e un rapido riposo sottoterra.

L’acqua resterà e l’acqua scorrerà.

Ma c’è qualcosa di avido in ciò che è immortale.

Io, che comprendo tutto questo, mi congedo. Addio, addio a tutto il
tempo che mi ha preceduto.

Mi congedo anche da tutto ciò che mi

sopravvive.


ARDE EL PARAÍSO
ARDE IL PARADISO

I

Dicen que una semilla de trigo contiene la medida exacta de Dios, dicen que lo inmenso de una deidad se resume en su doméstico vacío.

En oculto crecimiento, su amartillada voz resuena en cada hoja y en cada espiga, lo mismo que en el propio germen, finito en la apariencia.

Sólo si el riego del agua brava, si la tierra y su ácido

perfil, si su bondad se lo permiten.


I

Dicono che un seme di grano contiene la misura esatta di Dio, dicono che l’infinito di una divinità si riassume nel suo vuoto quotidiano.

In crescita nascosta, la sua voce martellata risuona in ogni foglia e in ogni spiga, come nel germe stesso, in apparenza terminato.

Solo se l’irrigazione con l’acqua ribelle, se la terra e il suo aspro

profilo, se la sua gentilezza glielo permette.


V

¿Recuerdas?, no dijimos nada por días enteros; decidimos callar y masticar en silencio nuestro sigilo.

He desmedido mi trato para construir fortalezas.

En los pasillos internos de la hogaza tengo ordenados mis libros, los borradores de la historia de mi vida, nuestras horas de sopor y de ternura remojadas en una taza de café.

He desmedido mi trato para construir fortalezas.

En medio de la tregua quiero decidirme por la palabra que leudó a su tiempo.

He desmedido mi trato para construir fortalezas.

Veme aquí, corrigiendo el borrador de mi vida con la cautela de Dios, corrigiendo lo no dicho todavía, en reposo.

Porque he desmedido mi trato para construir fortalezas.


V

Ricordi? Non una parola per giorni interi; avevamo deciso di starcene zitti e di masticare in silenzio il nostro sigillo.

Per costruire bastioni ho stravolto il mio modo di essere.

Nei corridoi interni della pagnotta metto in ordine i miei libri, gli appunti sulla storia della mia vita, le nostre ore di sonnolenza e di tenerezza immerse in una tazza di caffè.

Per costruire bastioni ho stravolto il mio modo di essere.

In mezzo alla tregua devo decidermi per la parola che a suo tempo lievitò.

Per costruire bastioni ho stravolto il mio modo di essere.

Incontriamoci qui, per correggere gli appunti sulla mia vita con la cautela di Dio, per correggere quello che non è stato ancora detto, a riposo.

Per costruire bastioni ho stravolto il mio modo di essere.


VII

Recordamos pocas cosas de tantas que hemos creado.

A veces preguntas: ¿recuerdas haber probado el vino más dulce? ¿Recuerdas haber partido pan tibio y recién salido del horno? No recordamos, y cruza frente a nosotros la oxidada rueda del silencio.

Eso se debe a que no tenemos la intensión de revivir nada, pues con el despertar diario nos basta; con el café que fallece cada mañana, con la respiración tranquila y con la alacena donde se vigoriza una rebanada de paraíso, nos basta.

Igual sucede con la mano de Dios que no se cansa de

sostener lo más nutritivo: la palabra.


VII

Ricordiamo poche cose delle tante che abbiamo creato.

Talvolta domandi: Ti ricordi di aver assaporato il vino più dolce? Ti ricordi di aver spezzato pane caldo appena sfornato? Non ricordiamo, e ci passa davanti la ruota ossidata del silenzio.

Questo succede perché non vogliamo ricevere nulla, perché ci basta il risveglio quotidiano; ci basta il caffè che finisce ogni mattina, il respiro tranquillo e la dispensa dove rinvigorisce una fetta di paradiso.

Lo stesso accade con la mano di Dio che non si stanca di

sostenere la cosa più nutriente: la parola.


X

El libro que escribimos a diario es la razón de nuestra existencia.

Las horas vacías, el llanto frecuente, la dura hambre por morder el pan.

Las palabras con las que llenamos el libro son migas.

Son migas las palabras con las que saciamos el hambre.

Y el libro sigue y sigue; sus espigadas hojas se extienden como si de un trigal se tratara.

¿Y las anotaciones que hemos hecho? ¿Qué con

ellas?, preguntas antes de morder la realidad.


X

Il libro che scriviamo quotidianamente è la ragione della nostra esistenza.

Le ore vuote, il pianto frequente, la dura fame di mordere il pane.

Le parole con le quali riempiamo il libro sono briciole.

Sono briciole le parole con le quali saziamo la fame.

E il libro continua e continua; le sue foglie spigate si estendono come se si trattasse di un campo di grano.

E le annotazioni che abbiamo fatto? Che fare di

loro? Ti chiedi prima di mordere la realtà.


XIII

La masa fermentó a pesar del frío que existe en los sueños.

Desde la mañana amasaste y por la tarde llegó el tibio destino.

Cosas así de simples y felices se ocultan en la sombra de los días, una hogaza recién salida del horno, mantequilla, queso y mermelada; café caliente desde hace unos minutos, azúcar que no se desparrama sobre la mesa, sin dolor ni desperdicio alguno, el tintineo de la cuchara que golpea como un mantra.

Así la casa quedó tatuada con el olor del pan y el café a mitad de la tarde.

Pero por la noche, presumo al decir que desconozco todo aquello que acecha el hondo insomnio de la

vigilia.


XIII

La massa ha fermentato nonostante il freddo che nei sogni esiste.

Hai impastato fin dal mattino e a sera è arrivato il tiepido destino.

Cose così semplici e felici si nascondono all’ombra dei giorni, una pagnotta appena sfornata, burro, formaggio e marmellata; caffè bollente appena fatto, zucchero che non si sparge sul tavolo, senza dolore né alcun spreco, il tintinnio del cucchiaio che batte come un mantra.

Così a metà serata la casa è rimasta tatuata dall’odore del pane e del caffè.

Ma di notte, immagino di dire che non conosco tutto ciò che si nasconde nella profonda insonnia della

veglia.


XIV

Sobre la hogaza, sobre el metal, sobre la madera gira el reflejo de las palabras que creaste, todas las palabras que existen.

¿Qué digo cuando afirmo que con mi puño también escribo, cuando digo que horneo la palabra que después sirvo sobre los manteles de la lengua?

De la simpleza de estar solos,

tú y yo,

de la belleza de ser solos, y de la muerte como una recompensa, vocablo que se degusta poco a poco.

Sobre la hogaza cualquier epitafio, sobre el metal, sobre la madera, sobre el papel que arde y se convierte en cenizas, líquidas palabras deglutidas por

la idea.


XIV

Sulla pagnotta, sul metallo, sul legno gira il riflesso delle parole che hai creato, tutte le parole che esistono.

Cosa dico quando affermo che scrivo anche con il mio pugno, quando dico che inforno la parola che poi servo sulle tovaglie della lingua?

Della semplicità di essere soli,

tu ed io,

della bellezza di essere soli, e della morte come una ricompensa, vocabolo che si assapora un po’ alla volta.

Sulla pagnotta qualsiasi epitaffio, sul metallo, sul legno, sulla carta che brucia e si trasforma in cenere, parole liquide deglutite

dall’idea.


XX

Has rememorado, has tratado de recordar cada calle que recorriste, has hecho una listita de las palabras dichas y has vuelto a contar una a una las amistades. Recuerdas el horno encendido en cada lugar, cada carne que horneaste, cada visita recibida. El agua hirviendo, balsámico olor en cada tacita, leche tibia e historias que archiva la memoria. Y cada recuerdo te parece tan pequeño (hebra que sale de alguna prenda gastada y vieja). La memoria te falla: nada de lo vivido

respira, sin embargo…


XX

Hai ricordato, hai provato a ricordare ogni strada che hai percorso, hai fatto una piccola lista delle parole dette e sei tornato a elencare le amicizie una dopo l’altra. Ricordi il forno acceso in ogni luogo, ogni pezzo di carne che hai infornato, ogni visita ricevuta. L’acqua che bolle, l’odore balsamico in ogni tazza, il latte tiepido e le storie che la memoria archivia. E ogni ricordo ti appare così piccolo (filamento che fuoriesce da un capo usurato e vecchio). La memoria ti delude: niente di ciò che hai vissuto

respira, tuttavia...


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




Julia Melissa Rivas Hernández
è nata nel 1981 a Hermosillo, Sonora (Messico), dove tutt’ora vive. Si è laureata in Arti Plastiche e in Letteratura Ispanoamericana presso l’Università UNISON di Sonora.
Ha ricevuto diverse borse di studio statali e riconoscimenti letterari, tra i quali: Giochi Floreali Lagos de Moreno (categoria racconto); VII Giochi Floreali Nazionali Toluca “Horacio Zúñiga”; Premio Nazionale di Poesia Giovane “Raúl Rincón Meza”.
Ha pubblicato i libri: Habitaciones (2021), Imperio (2023) e Arqeología del paraíso (2024), con il quale l’anno precedente aveva ottenuto, come inedito, il Premio “Libro Sonorense 2023 – Poesia”.


alexbrando@libero.it