FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 55
maggio/agosto 2020

Cenere

 

IL SILENZIO DELLA NUOTATRICE
Sulla poesia di Marta Miranda

di Francesco Tarquini



L’universo della poetessa argentina Marta Miranda è un universo d’acqua: luogo dell’origine in ogni mitologia, elemento femminile per eccellenza, l’acqua attraversa tutta la sua opera, simile a una scia che trascina con sé i segnali di una complessa realtà archetipica e psicologica. Le poesie qui tradotte provengono in maggioranza da Nadadora [Nuotatrice], pubblicato nel 2008 e di cui è uscita nel 2018 una seconda edizione, entrambe per la piccola e prestigiosa casa editrice Bajolaluna di Buenos Aires, fondata dalla eminente poetessa e traduttrice Mirta Rosenberg.

Nadadora contiene venti testi distribuiti in tre parti che tracciano un arco temporale dal mattino alla fine del giorno. Il titolo sembra denotare un’intenzione narrativa: ma pure se un filo di racconto accompagna e lega i vari momenti della giornata di una donna che nuota, l’unità del libro è data piuttosto da una successione di situazioni apparentemente minimali in cui vengono a riflettersi differenti stati dell’essere. L’atto del nuotare, oggetto del libro, è annunciato da una distaccata definizione scientifica posta in esergo al libro, “Pressione idrostatica: la pressione esercitata sopra un corpo sommerso dipenderà dalla profondità alla quale esso stesso si trovi”. Con identico distacco lo sguardo del soggetto poetico segue una donna che nuota ma anche si identifica nello sguardo della stessa nuotatrice, illuminando ogni singolo gesto attraverso infinitesimali dettagli. L’elemento ambientale dominante è il silenzio: un silenzio in cui l’improvviso tonfo in acqua del corpo, o il rumore degli spruzzi che esso provoca quando riemergendo frange la superficie, scoppiano come inattesi, simili ad esplosioni.

In Nadadora l’acqua compare in due diverse forme, l’acqua della piscina, quella del mare: acqua dolce e acqua salata, staticità e movimento, spazio chiuso e spazio aperto. Apparentemente più “familiare” la piscina, con il suo cemento, il suo bordo cui ci si può facilmente aggrappare, il suo spazio nel quale da un punto preciso è possibile calcolare le distanze: ma anche luogo in cui l’immergersi sotto la superficie mentre “in un secondo appena / ogni suono si spegne” è come scendere in sogno “lungo un pozzo profondo”, sulle cui pareti appaiono riflessi di specchio, forse tracce di eventi passati, di volti perduti.

La presenza discreta del sogno fa intuire la misteriosa presenza dell’archetipo, che si conferma nella transizione quasi impercettibile con la quale la nuotatrice entra più profondamente nello spazio della “notte oscura”, come scrive Miranda in Naufragio, testo proveniente da un altro libro che qui viene presentato per la sua affinità con l’immagine centrale di Nadadora. Davanti a lei sta il mare, che “possiede vita propria” e nel quale “basta immergersi / e il corpo perde forza / a momenti avanza / poi ritorna indietro suo malgrado”; fa qualche passo in acqua, si arresta, ed è il mare a venire avanti e circondarla: “è questo il punto, sulla riva / possedere / essere posseduta”. Privata della sua tecnica sicurezza, “simile a un tronco / galleggia in superficie / guarda il cielo il suo viso / ad occhi aperti / sogna la nuotatrice / acque più profonde”.
L’acqua è dunque materia del sogno, e entrambi sfuggono, impalpabili, fra le dita.

Il linguaggio di Miranda rivela nella sua asciuttezza una forte capacità di visione, sintomo di uno stato che ha tutto l’aspetto di una permanente, possente rêverie. “L’acqua è un tipo di destino”, scrive quell’immenso filosofo della scienza e della poesia che fu Gaston Bachelard, “essere votati all’acqua è essere nella vertigine”. Esprimere attraverso l’elemento liquido la propria immaginazione della materia comporta un perenne fluttuare al bordo di qualcosa, uno stare instabile fra una profondità e una riva, a volte aggrapparsi a un tronco per non naufragare. Questo è del resto il contenuto visibile in Nadadora, e dovunque nell’opera dell’autrice si palesi la presenza dell’acqua. Fra tutti gli elementi che partecipano alla formazione dell’immaginario il più misterioso e ambivalente. E seppure sia stato detto che l’acqua è il vero occhio della terra, nella poesia di Miranda non si stabilisce nessuna analogia tra una forma e un’idea, nessun simbolismo che implichi certezza nel suo riferirsi a un senso dato. Se da un lato in Nadadora emerge una attitudine esperienziale dell’atto del nuotare come ricerca, dall’altro questa riesce solo ad accostarsi a un che di fluttuante, mai pienamente percepito ma piuttosto intravisto con la coda dell’occhio sotto forma di un luccichio inafferrabile quanto i riflessi che la nuotatrice coglie sulle pareti della piscina: o come qualcosa di non visibile che giace sotto “acque più profonde”.

Come del resto scrive Gérard Genette, la letteratura è una retorica del silenzio che suggerisce un possibile significato del mondo senza dirci quale; e in questo sta, io credo, la forza di questa poesia, che non dà risposte ma si pone domande, dietro le quali si intuisce una domanda primaria non esplicitamente formulata bensì custodita nel lato più segreto del testo, in un non detto al quale è il lettore a esser chiamato a dare forma secondo la propria immaginazione.

L’acqua funge qui non come chiave che apre le porte del significato, ma piuttosto come supporto oggettuale di un “alludere” senza svelare. Quel silenzio che dicevo regnare nella piscina è da intendersi dunque come figura di un altro, più profondo “silenzio” che sta tutto nell’io poetico e che non ha altro significato fuori di se stesso.

La scrittura piana, scarna, di Marta Miranda, non tragga in inganno. Nessuna “immediatezza” ne è l’origine, bensì un lavoro lungo e paziente di osservazione negli interstizi, nelle zone d’ombra, negli angoli, al disotto della superficie di minuti fenomeni che si fanno materia di poesia attraverso il lessico essenziale della parola quotidiana, spogliata dagli automatismi percettivi e restituita al suo pieno ruolo significante, al quale sono chiamati anche gli intervalli grafici e l’assenza di punteggiatura, laddove il solo uso della maiuscola serve ad indicare pause e transizioni. Nella traduzione ho a volte esitato sulla scelta delle parole e sulla costruzione stessa, ma questa poesia non può tollerare non dico “abbellimenti”, ma nessuna forma di alterazione nella traduzione. La semplicità assoluta del lessico e della struttura sintattica fa sì che ogni altra parola appartenente alla stessa area semantica non sarebbe – a conferma della non esistenza di sinonimi nella lingua ma solo di diverse accezioni – quella giusta. Questo determina un tipo di traduzione che non può e non deve forzare la lettera del testo e la sua costruzione se non per ragioni di timbro sonoro.

Al di là dell’oggettivismo della rappresentazione, è infatti la sensualità della parola che il lessico di questi testi recupera, e intendo per sensualità il loro ricaricarsi, il rifarsi visibili nella capacità di significare davvero, in profondità, gli oggetti cui si riferiscono. Oggetti semplici anch’essi, gesti elementari, minimi movimenti dell’essere, sfumature dei sentimenti che sotto di sé hanno un “pozzo profondo”, le cui pareti trattengono i riflessi, le schegge luminose, di cose accadute, di cose che accadranno o potrebbero accadere, di cose che mai accadranno, le “immagini di un mondo / non formatosi ancora”.


I primi otto testi qui presentati provengono da Nadadora (2008), mentre “Naufragio” è tratto da El lado oscuro del mundo (2015) e gli ultimi due, inediti, fanno parte del prossimo libro, di imminente pubblicazione.




POESIE DI MARTA MIRANDA


*

Camina por el borde
contempla
el impecable espejo

Dice la nadadora:
no hay
como sumergir el cuerpo
en la superficie azul

En un punto preciso
se detiene y calcula la distancia

respira profundo

alza los brazos

Es corto el movimiento
las piernas se flexionan
y empujan el cemento

el resto cae al agua
por su propio peso


*

Cammina lungo il bordo
contempla
lo specchio impeccabile

Afferma la nuotatrice:
nessuna cosa è meglio
che immergere il corpo
nella superficie azzurra

In un punto preciso
si ferma a calcolare la distanza

fa un profondo respiro

alza le braccia

Un movimento breve
si flettono le gambe
premono contro il cemento

il resto cade in acqua
in virtù del suo peso


*

La que nada quiebra la superficie
en un solo segundo
se apagan todos los ruidos

Todo es distinto
bajo la superficie:

el movimiento lento
y la luz que reverbera en el fondo
mezclada con el agua

Imágenes de un mundo
todavía sin formarse


*

Lei che nuota frange la superficie
in un secondo appena
ogni suono si spegne

Ogni cosa è diversa
sotto la superficie:

il movimento lento
e la luce che sul fondo riverbera
fondendosi con l’acqua

Immagini di un mondo
non formatosi ancora


*

Sueña
desciende por un pozo profundo
en las paredes ve
rastros de espejos

Al final
oxígeno, un sitio luminoso

Envuelta en luz
la nadadora ve
lo que en el sueño
era la vida


*

Sogna
scende lungo un pozzo profondo
scorge sulle pareti
tracce di specchi

Alla fine
ossigeno, un posto luminoso

Fasciata di luce
vede la nuotatrice
quella cosa che in sogno
era la vita


*

Chapuzón:
brillantes en el aire
quedan los restos
de aquello que desplaza

la explosión llega al borde

¿De qué están hechas estas gotas
si en el agua ella
es agua?

La nadadora rompe la superficie:
estalla


*

Tuffo:
balenando in aria
rimangono le tracce
di ciò che sta spostando

fino al bordo arriva l’esplosione

Di cosa sono fatte queste gocce
se dentro l’acqua l’acqua
è lei stessa?

Lei che nuota rompe la superficie:
esplode


*

La nadadora emerge
rasga el agua con sus brazos

La cabeza se desplaza
sobre el filo del agua
el cuerpo, desde lo profundo
la acompaña

¿Qué distingue a la que nada
del pez recién nacido?

La que nada sabe que
es preciso
alcanzar la orilla


*

La nuotatrice emerge
scalfisce l’acqua con le braccia

La testa avanza
sul pelo dell’acqua
il corpo dal profondo
la accompagna

Cosa distingue lei che nuota
da un pesce appena nato?

Lei che nuota sa
che è necessario
raggiungere la sponda


*

El mar no es
una piscina
el mar tiene vida propia
nomás sumergirse
y el cuerpo pierde fuerzas
a veces se avanza
a pesar se retrocede

Cae la tarde
con los pies en el agua
mira el mar, avanza unos pasos
se detiene:

ahora avanza el mar
y la rodea

De eso se trata, en la orilla
poseer
ser poseída


*

Il mare non è
una piscina
il mare possiede vita propria
basta immergersi
e il corpo perde forza
a momenti avanza
poi ritorna indietro suo malgrado

Scende la sera
i piedi in acqua
osserva il mare, muove qualche passo
si arresta:

adesso avanza il mare
e la circonda

È questo il punto, sulla riva
possedere
essere posseduta


*

Recostada sobre el cemento tibio
estira una mano y la sumerge

Al retirarla
iluminado
trae consigo un guante líquido

el universo brilla en una mano


*

Sdraiata sul cemento tiepido
allunga una mano la immerge

Quando la tira fuori
luminoso
con sé riporta un guanto liquido

l’universo risplende in una mano


*

La que nada alcanza la orilla
se aferra al borde y descansa

Sus piernas se relajan
apoya la frente entre ambas manos
la respiración vuelve a su ritmo

Pero la nadadora
está impulsada a nadar
y con un suave movimiento
antiguo como el mundo
va hacia el centro del agua

mitad del cuerpo dentro
mitad del cuerpo
fuera
como un madero
flota sobre la superficie

su cara mira al cielo

con los ojos abiertos
la nadadora sueña
con aguas más profundas


*

Lei che nuota raggiunge la sponda
si aggrappa al bordo per riposare

Si rilassano le gambe
alle mani unite appoggia la fronte
il respiro riprende il suo ritmo

La nuotatrice però
è spinta a nuotare per impulso
e con mossa soave
antica quanto il mondo
si dirige al centro dell’acqua

metà del corpo dentro
fuori
l’altra metà
simile a un tronco
galleggia in superficie

guarda il cielo il suo viso

ad occhi aperti
sogna la nuotatrice
acque più profonde


NAUFRAGIO

En la oscuridad
abrazada al cuerpo de otro
como a un madero,
en medio del naufragio
navego la noche oscura
pero amanece
y lo que es tocado por la luz
se convierte en polvo

Vuelvo a la opacidad del día
sin ángel ni cuerpo
sin una palabra espero la noche
porque en ella
obro el milagro
amarte nuevamente
transformar la cama
en cielo puro


NAUFRAGIO

Nell’oscurità
avvinta a un corpo altrui
come a un tronco,
nel mezzo del naufragio
navigo la notte oscura
però è già l’alba
e ciò che è toccato dalla luce
si fa polvere

Torno all’opacità del giorno
senz’angelo né corpo
senza una parola attendo la notte
perché in essa
opero il miracolo
amarti di nuovo
trasformare il letto
in cielo puro


EN EL REFUGIO

Sentadas una junto a la otra, descalzas
todavía mojadas por la lluvia
miran el trajinar de hombres y mujeres
buscando un rostro en donde anclar

Todo es nuevo
la ropa que se han puesto, las mantas
las tazas en que ahora toman el café
objetos
que aferran temblorosas
como si hubiesen perdido la costumbre
de tener entre las manos
algo que les pertenezca

Una peineta en forma de mariposa
guardada con esmero en el fondo del morral
es toda la certeza
de que hubo alguna vez
un fogón, una mañana

Por fuera de la casa
la vida siempre será prestada

cargados en la espalda
sólo los fantasmas viajan
de una población
a otra


RIFUGIO

Sedute una accanto all’altra, scalze
ancora fradicie di pioggia
osservano uomini e donne affaccendati
cercando una faccia cui aggrapparsi

Tutto nuovo
i vestiti che indossano, gli scialli
le tazze in cui bevono il caffè
oggetti
che stringono tremando
come avessero perso l’abitudine
di tenere in mano
qualcosa che gli appartenga

Un pettine a forma di farfalla
conservata con cura in fondo a una sacca
è il solo segno certo
che una volta ci fu
un focolare, un mattino

Fuori di casa
la vita sarà sempre in prestito

con le spalle curve per il carico
viaggiano da un paese
all’altro
solo fantasmi


MUDANZA

La mujer quedó en la casa
pasó todo ese día mirando hacia la cuesta
por donde desapareció el camión
en el que lo llevaron

A la nochecita
en la quebrada encontraron dos cuerpos
y hubo dos cuerpos más
por la mañana,
fue entonces
que decidieron irse

Guardó la hamaca, cerró
postigos
tomó al niño y una maleta chica
trancó la puerta atravesando un palo
y fue a acomodarse en el camión
junto a los pocos vecinos que quedaban

los perros, jadeando
los siguieron hasta la cima de la cuesta

hasta que desaparecieron


TRASLOCO

La donna rimase in casa
passò tutto il giorno a guardare il pendio
dove era scomparso il camion
sul quale lo avevano portato via

Al crepuscolo
trovarono due corpi in un crepaccio
e vi furono altri due corpi
al mattino,
fu allora
che decisero di andarsene

Mise via la sedia a dondolo, serrò
gli scuri
prese il bambino ed una valigetta
con un palo di traverso sbarrò la porta
e andò a prendere posto sul camion
accanto ai pochi vicini che erano rimasti

affannati, i cani
li seguirono fino alla cima del pendio

fino a che non furono scomparsi


Traduzione dallo spagnolo di Francesco Tarquini




Marta Miranda
è nata a Mendoza, in Argentina, e dal 1986 risiede a Buenos Aires. È poetessa, scrittrice, Magister in Scrittura Creativa e organizzatrice culturale. Ha pubblicato i libri di poesia Mea Culpa (Nusud, 1991), El Oleaje (Nusud, 1998), La misma piedra (Ediciones Del Dock, 2004), Nadadora (Bajo la Luna, 2008, 2º ed. 2018), El Oleaje y otros poemas, antología bilingüe (Ruinas Circulares, 2013), Antología (Cuadernos Amerhispanos, México, 2013), El lado oscuro del mundo (Bajo la Luna, 2015).
Suoi testi sono compresi in varie antologie, fra le quali Poetas Argentinos de Fin de Siglo II; Poetas Argentinas 1961-1980; Animales Distintos: muestra de poesía de Argentina, España y México - Autores Nacidos entre 1960 y 1969; México DF; Poesía Manuscrita vol. 2, Buenos Aires; La poésie au coeurs des arts, Éditions Bruno Doucey, Francia.
È stata parzialmente tradotta in francese, catalano, portoghese, inglese, croato e italiano.
Insieme allo scrittore Ricardo Rojas Ayrala dirige la “Asociación Cultural VaPoesía Argentina”, nell’ambito della quale organizza il Festival Internacional VaPoesía Argentina – literatura e inclusión.

tarquini.francesco@fastwebnet.it