Elena Bartone si è dedicata intensamente alla scrittura poetica da sempre, pubblicando soltanto su riviste letterarie e antologie fino all’uscita del suo primo libro nel 2004, Sonagliere di corallo, dopo di che ha dato alle stampe altri undici titoli; e attraverso un profondo percorso di indagine spirituale si è concentrata sempre di più sulle rivelazioni mistiche e sulla figura di San Francesco d’Assisi.
 Come ha osservato giustamente Antonio Catalfamo, la Bartone si è riconosciuta prima nell’ermetismo, attirata dal fascino del mistero che sostiene e nutre questa poetiica (basta e “M’illumino d’immenso”),{1} ma poi ha voluto superare quella soglia per entrare nel labirinto dell’io e del mondo in cerca di chiarezza. Ed è così che approda a forme di spiritualità più consapevole, dove la figura di Francesco d’Assisi emerge con straordinaria energia, diventa il suo angelo maestro e la guida in tutte le sue strade e vicende, nel quotidiano, nella riflessione, nel rapporto con il prossimo e soprattutto nell’avvicinamento al Creatore. Lui sarà quindi il protagonista assoluto di tre raccolte: Francesco nel silenzio (2015), Apostrofi di gioie sovrumane (2020) e Con gli occhi di un povero (2021).
   La sua opera rientra perfettamente nel genere della poesia mistica, genere tanto squisito quanto difficile, in particolare nel nostro mondo attuale, segnato dal materialismo e dall’utilitarismo. La poesia mistica, in effetti, si sviluppò soprattutto nel passato, in particolare nel Cinquecento e nel Settecento; e magari avvicinandoci ai nostri tempi possiamo trovarne ancora esempi notevoli, anche dentro la poesia italiana, da Leopardi a Dino Campana fino ad arrivare a Carlo Betocchi. Ma certamente non è questo il genere dominante. Elena Bartone, di conseguenza, ci si presenta come una voce insolita ma, proprio per quello, sorprendente e affascinante. Se il lettore si lascia guidare lungo questa strada eccezionale, e se impara a lasciarsi andare, troverà una nuova luce e un’intima gioia.
   
    Le poesie che qui presentiamo fanno parte di un denso volume di ottantuno componimenti, intitolato Il Vangelo in versi. Ogni componimento è preceduto da una citazione di uno dei quattro Vangeli che serve di punto di partenza o di conferma della riflessione che propone il componimento. Così, per esempio, il numero 9 parte dal Discorso della montagna, evocato da Matteo, che Gesù dirige alla grande folla che si avvicina a lui, insieme ai suoi discepoli, e nel quale lui parte con il principio fondamentale «Beati i poveri in spirito perché di loro è il regno dei cieli», per poi consacrare i poveri, gli umili, i giusti, i mansueti, i puri di cuori come “il sale della terra” e “la luce del mondo”, e da qui parte la riflessione della poetessa, celebrando l’amore del prossimo come la vera chiave che farà splendere la luce dell’anima. 
 La parola di Cristo, attraverso le evocazioni dei quattro evangelisti, sostiene e illumina il pensiero della poetessa. E il lettore troverà in ogni componimento il dono amoroso e illuminante che arriva dall’alto, ricreato dalla parola poetica.
  
  
{1}Antonio Catalfamo, Elena Bartone: versi antichi per un «nuovo francescanesimo», in «Liberi di scrivere», 19/10/2021.
 
 
 
  
 POESIE DI ELENA BARTONE da Il Vangelo in versi (Inedito)  
 
5
Si porta forse la lampada per metterla sotto il moggio o sotto il letto? O piuttosto per metterla sul lucerniere? Non c’è nulla, infatti, di nascosto che non debba essere manifestato e nulla di segreto che non debba essere messo in luce.
 Marco 4, 21-22  
Rischiarami, Signore,
 con la Tua lampada
 che sa di pesche novelle
 ed essenze agrumate.
 
 Ch’io possa portarla piussù
 delle umane imperfezioni,
 delle miserie che si muovono
 nello sciabordio del vivere,
 della colpa che si insinua
 nelle cadenze dei giorni.
 
 Aiutami a cibarmi
 della scorza che sa di miele,
 condividere coi fratelli
 pezzi di frutta candita.
 
 Ch’io possa, oh Signore,
 gustare la Tua parola
 ed elevarla come vessillo
 morbido nel vento,
 come lampada sui candelabri
 del cielo.
  
9
 
Un gesto, una parola,
 uno sguardo al fratello
 e la sera si riempie 
 di aliti di cielo,
 di sciami di risonanze
 d’eucalipto e agrifoglio.
 
 Una mano tesa nei mattini
 d’inverno,
 quando il freddo spezza i pensieri
 che profumano di malinconiche 
 attese.
 E arriva il tepore 
 che scalda il cuore dei più soli,
 dei prediletti del Signore.
 
 Un pezzo di pane condiviso
 se spirano venti contrari
 e le maree attendono la quiete.
 Sapori di vita,
 profumo di acanti e bossi,
 morbida armonia di fratellanza.
 
 Una carezza su un viso rugoso
 di ricordi appassiti 
 su giacigli di dolore,
 su dossi di passi mancati
 alla gioia del vivere.
 
 Amore,
 e il sale non sarà calpestato
 e la luce splenderà
 sui candelieri di anime
 che attendono la gloria di Dio.
  
13
 
Ricolma di petali
 di fragranza amorosa 
 il fratello,
 anche se ha scalfito 
 con le parole il fondo dell’anima,
 se ha toccato il tuo io
 che vagola alla ricerca di sé.
 Non fermarti dinanzi alla regola
 del più forte, vai oltre,
 dove spicchi di cielo
 sussurrano l’armonia del vivere.
 Coltiva il male del male,
 rispondi all’uomo 
 con la logica di Dio
 che è unguento odoroso,
 stella alpina nei mattini
 inebriati di vento,
 ascesi di pensiero
 sugli altari dello Spirito.
 Non gettare tra rovi la Parola,
 balsamo alle radici dell’offesa,
 all’amaro della discordia.
 L’odio non prevalga
 come polline nei meriggi 
 di marzo,
 come brezza che assale
 i respiri nella sera.
 Dio è Santo,
 Dio è Amore,
 fa piovere sui buoni
 e sui cattivi.
 Sii Suo figlio!
  
15
 
Perché chi vorrà salvare la propria vita, la perderà; ma chi perderà la propria vita per causa mia e del Vangelo, la salverà.
 Marco 8, 35  
Non è sfuggire le carezze 
 del sole,
 o i placidi singulti della notte,
 la terra coi suoi dilemmi,
 malinconiche vibrazioni
 o apoteosi gioiose
 nelle sere di maggio.
 
 La vita va vissuta,
 da fratello a fratello,
 lontani dall’indifferenza,
 se turbinii di vento
 portano a non pensare,
 non essere.
 
 La pienezza sa di terra e cielo,
 ombra e luce.
 Si vive nei travagli
 con ansia di dimensioni divine,
 unguenti d’angeli,
 sospiri di mondi altri.
 
 Non chiuderti nell’alcova del tuo io,
 nelle cavità dell’anima
 buie e fredde,
 apriti all’ebbrezza dell’altro,
 alla sinfonia del suo essere
 debole e imperfetto.
 
 La legge dell’amore, Cristo,
 unica via che porta al Padre.
  
16
 
Tutto ciò che è nel mondo
 viene dal Padre-Amore:
 una carezza imbevuta di sole,
 le costellazioni dell’anima,
 una lampara solitaria 
 in cerca d’oblio,
 le malinconiche attese
 che si disfano nel nulla.
 Tutto è immagine di Dio,
 sigillo perfetto.
 Ogni cosa reca la Sua voce
 dal ritmo lontano, indefinito,
 imbevuto d’amaryllis,
 intarsiato d’infiniti
 spicchi di cielo.
 Anche il Figlio è stato mandato
 e la fede in Lui
 – croce e salvezza – 
 è dono del Padre.
 Ferito dai morsi della vita,
 scheggiato dalle folate
 d’infelicità,
 il cuore dell’uomo con docilità
 si offre a Dio,
 e vola sui campanili alti
 della fede.
  
19
 
In verità io vi dico: tutto quello che avete fatto a uno solo di questi miei fratelli più piccoli, l'avete fatto a me.
 Matteo 25, 40  
L’umana indifferenza
 come saetta che colpisce 
 i poveri,
 quelli affaticati,
 schiacciati dalle folate amare
 della vita, delusi
 da un brivido freddo, pungente.
 
 È pietra ruvida,
 gelo nella notte,
 urlo nero che sfianca,
 svilisce, poi distrugge.
 
 È quello che non viene da Cristo,
 è letargo spirituale,
 rigurgito di gole infernali.
 
 Cristo è nell’Eucaristia,
 nello sguardo livido
 di chi non ha pane,
 sulla bocca arsa
 di un assetato,
 nelle parole amorfe
 di chi si è perduto.
 
 È amore verso i fratelli
 che soffrono gli spifferi
 del vivere.
  
20
 
Pregando poi, non sprecate parole come i pagani […] Voi dunque pregate così: Padre nostro che sei nei cieli, sia santificato il tuo nome
 Matteo 6, 7-9  
Quando fuori il mondo 
 corre alla ricerca di un senso,
 un perché ai mille rivoli 
 del dolore,
 un angolo di pace il tuo rifugio.
 Stringi un rosario,
 gli occhi al cielo.
 Non perderti in vane parole,
 il Signore sa tutto di te,
 il bene che tu non conosci,
 che l’immaginazione non scruta
 tra palmizi al vento
 o maree che si abbassano piano.
 È un’incognita la vita,
 il Signore ti dona libertà,
 ma tu inebriati della Sua volontà,
 perdona il fratello
 così anche tu sarai perdonato.
 Non barattare,
 non chiedere ciò che ti porta fuori
 dai viali dell’amore
 e della verità.
 Illuminati di Dio,
 della Sua bontà,
 penetra il Suo cuore di cristalli
 e perle ultraterreni,
 innalza la tua vita
 piussù delle cose mute,
 dove né pioggia né vento scalfiscono
 il mistero odoroso 
 che abita in te.
 Sia questo l’inizio della tua preghiera:
 Padre nostro che sei nei cieli…
  
56
 
Maria di Magdala andò subito ad annunziare ai discepoli: «Ho visto il Signore» e anche ciò che le aveva detto.
 Giovanni 20, 18  
Come Maria di Magdala
 le striature cupe del dolore,
 gli assalti alla fortezza interiore,
 sapore di lacrime
 che esalano stalattiti
 di malinconia.
 Una piaga che sanguina,
 un languore che giunge
 sulle cime di virgulti
 che attendono la pioggia.
 
 Come Maria in ascolto
 di aliti di resurrezione,
 in attesa di teofanie
 che annunciano la vita,
 esplosione di energie
 nascoste sotto effluvi
 di tamerici madide 
 di pleniluni.
 
 Una coltre di luce spalanca
 l’anima di emozioni 
 vivide di divinità,
 candelabri protesi
 lungo direttrici di gioie
 infuocate di meriggi,
 santuari di pensieri
 che conducono laddove
 le nuvole hanno forma
 di girasoli.
 
 Si ritorna nel tempo,
 nel non detto di questo vivere
 che sorprende coi suoi dardi
 edulcorati di fragranza
 di felicità.
  
77
 
Se il Signore mi cammina accanto,
 posso sfidare i graniti 
 del dolore, la bufera
 delle tentazioni, i sussulti
 acri dell’angoscia
 che rinchiude l’anima 
 in un antro buio e impenetrabile.
 
 Posso sfidare i venti
 dell’umana incuria,
 il gusto amaro dell’indifferenza,
 la pena che striscia
 lungo i declivi dell’esistere.
 
 Se ascolto la Sua voce,
 tutto diventa mare calmo,
 le onde si increspano dolcemente
 e si abbandonano ai raggi
 gloriosi del sole.
 
 Anche il Signore conosce
 la modulazione della mia voce,
 il timbro, il suono stanco.
 Egli l’ascolta
 e la innalza piussù,
 dove il Padre l’accoglie
 nel seno divino
 e la conduce sulle strade
 della Provvidenza.
  
79
 
Vi lascio la pace, vi do la mia pace.
 Giovanni 14, 27  
Quante volte nel cuore 
 germoglia la pena,
 la spuma amarognola
 del tormento,
 il brivido grigio
 di lanterne spente.
 
 E smette la voglia di lottare,
 di continuare a remare
 fino ad oltrepassare
 l’orizzonte incerto.
 
 Ma il sussurro di Dio
 è dentro di noi,
 illumina gli angoli bui,
 riscalda il freddo dei lividi,
 attutisce le penombre
 di pensieri che vagolano
 come sciami
 tra l’enigma e il non detto.
 
 Non è il fuori che fa la pace,
 è dentro,
 nei nascondigli del cuore.
 
 E la vita diventa cielo terso,
 dove le rondini si spingono
 più in là,
 oltre il visibile, 
 alle soglie del divino. 
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 Elena Bartone è nata nel 1962 a Torre di Ruggiero (CZ) e vive in Piemonte, dove insegna Lettere. Si è laureata in Giurisprudenza presso l’Università di Modena nel 1987 e in Lettere, con una tesi sull’opera di Cesare Pavese, presso l’Università di Roma Tor Vergata nel 2002.
 Ha pubblicato le raccolte di poesia: Sonagliere di corallo (2004), Libellule d’altrove (2005), L’ora blu (2006), Palme di velluto (2009), Arcobaleni lunari (2011), Una sillaba sussurrata (2014), Francesco, nel silenzio (2015), Vento d’onde (2017), Quando le ombre cantano il sole (2019), Apostrofi di gioie sovrumane (2020), Con gli occhi di un Povero – Poesie su san Francesco di Assisi (2021), Lillà nel meriggio (2022).
 Ha vinto numerosi premi, tra cui due volte il Premio Cesare Pavese (2004 e 2006); due volte il Premio Internazionale Convivio Giardini Naxos (2015 e 2017); il Premio Arcore di Monza nel 2018 e il Premio della Società Dante Alighieri de La Spezia nel 2020. L’opera Francesco, nel silenzio è stata tradotta in spagnolo e pubblicata da LietoColle nel 2018. Nel settembre 2019 ha partecipato al Festival internazionale Poetas en diálogo. Puentes entre culturas, coordinato da Stefano Tedeschi presso l’Università La Sapienza di Roma in collaborazione con la Casa Cultural de Las Americas di Houston (Texas).
  
 canfieldmartha@gmail.com
 
 
 
  
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