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ADDIO I 
Estate,
 dissoltasi nel calore,
 calce sul muro
 essiccata al sole,
 dissi addio,
 quando anche il ricordo
 decise di fare le valigie.
 Chiuso.  
ADDIO II
 
Martirio 
 letto da rifare,
 relitto.
 Perché qualsiasi pietà
 si è sfatta,
 perché potremmo dire addio,
 proprio domani.  
NIENTE
 
Piove, 
 non c’è nuvola che passi
 e non lasci una scia.
 Ma sembra che tu 
 sia diventato 
 irrimediabilmente niente,
 sotto il cielo cappotto.  
ASSENZA
 
Sole mattone
 disegna declivi, 
 scolpiti profili di pietra calcarea,
 giù per gole sfondate di calura,
 nell’aria che fiera s’eterna.
 Sullo sfondo,
 stracci di mare,
 silenzi di luce.
 Forse è solo assenza.  
LUNGO STRADE
 
Terre bruciate 
 vi si dispiegava il mare.
 E il tuo volto si dipingeva
 su declivi spossati
 e i tuoi occhi
 confondevano distanze.
 Lungo strade,
 rovine accompagnavano
 rottami d’umore.
 Ci raccontavano
 di eremitiche solitudini,
 di conflagrazioni d’anima,
 dei loro, dei nostri,
 provvisori nascondigli.  
DINIEGHI
 
Dinieghi
 sono stanze vuote,
 voci storte,
 scarpe sporche,
 foto mosse.
 Sono ritratto mescolato
 di un dolore rimestato.  
ODORE DI METRÒ
 
La vita fuori, 
 spinta sull’acceleratore,
 ha odore di metrò.
 Così che mi sorprendo,
 nel lungometraggio dell’immagine,
 riflessa sul vetro a ripetizione,
 a spezzare la cruna dell’ago.
 Come se, davvero qui,
 potessero dimorare le rovine,
 sgrammaticati frammenti, invece,
 della mia vita dentro.  
BUGIA DEL RESTARE
 
Non dire 
 che l’ombra della sera
 al silenzio ti invoglia.
 Sono miseri dissapori,
 che già non sono più.
 Ma tu, oltranzista metodico,
 te ne vai rancoroso 
 di folle bugia.
 Bugia del mio esistere
 e del restare,
 ferma a guardare,
 solo ad osservare,
 questo mare.  
INAPPARTENENZA
 
Se anche l’Occidente Romanico
 fosse ancora nei miei pensieri,
 tu, comunque, saresti lì,
 perso nella liricità dell’indifferenza.
 Ma è l’inappartenenza, piuttosto,
 il vero, mentre il dire,
 non so se sia menzogna.
 Anche perché,
 nel qui e ora del discorso,
 tu giocheresti al mago prestigiatore
 e io, nuovamente, calerei
 il sipario del significato.  
LONTANANZA
 
Il silenzio si fa rugiada
 nel limbo di un mattino.
 Non ricordo il tuo respiro,
 ed è come se tu
 non fossi mai esistito.
 Lontano, 
 trasfigurante sottinteso 
 di mente e corpo.  
DESIDERIO
 
Si rivela il tuo volto, adesso,
 mentre insegui quel pensiero,
 proteso al tuo desiderio,
 al tuo sogno perduto.
 In quel piccolo quaderno,
 bruciano ancora le parole
 di coraggiose scelte,
 adolescenze sbiadite,
 le tue nebbie di attese svanite.
 Sei come i tuoi viaggi,
 le tue case,
 le tue rose.
 Non solo ornamento, 
 ma grazia di tante età,
 che scolorano piano 
 e ritrovano accanto 
 l’amato respiro, 
 nell’incanto di una nuova alba,
 che, per voi, riluce.  
INDIFFERENZA
 
I frammenti di tempo rubati
 alla tua distratta indifferenza,
 molto miseramente consolano 
 della tua inappellabile assenza.
 Ma io, ostinatamente, così, vivo:
 in accumulo di dolore,
 pur sapendo che la verità su di noi 
 sta in un residuo nascosto e, 
 certo, dimenticato, di racconto, 
 a cui nessuno più importa.  
AMICA DI SETA
 
Ecco, tremano le tue mani
 come rami,
 al tocco di una voce,
 al vibrare di note,
 in chissà quali templi
 di divinità dimenticate.
 I tuoi occhi 
 di idolo di pietra,
 i tratti scarni
 di busti scordati,
 le chiome di 
 polveri arancio,
 quel volto lucente
 senza più storia,
 fissano l’eternità dell’istante,
 del mistero che, ora, ti avvolge.
 Seppur, soltanto, seduta lì, 
 su quella sedia,
 amica di seta.  
HARAKIRI
 
Mentre ci sarebbe la pratica 
 del dolore da espletare,
 preferisco, insensata, 
 rimestare nel dritto e rovescio 
 delle ragioni e dei torti fra noi.
 Tu, però, sei in contumacia 
 di uno sfuggente ricordo,
 e io altra cura non trovo,
 se non l’ostinato affondo
 dell’harakiri quotidiano.  
CIÒ CHE RIMANE
 
Ti cerco.
 Esisti, oltre i limiti dei sensi,
 proprio come questi oggetti,
 ma, deboli, i miei occhi
 non ti catturano
 ai confini del vero.
 La traccia delle nostre parole
 reclama soluzioni retoriche definitive,
 eppure impossibili.
 Mi accontento di lacerti di preghiera,
 buttati a un Dio nascosto,
 a cui chiedere sconto,
 per ciò che rimane
 fra noi, ancora, da perdonare.  
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