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CAOS 
È come una cascata, un improvviso
 scintillante precipizio che tutto trascina
 sciabordando e gorgogliando assorda
 frantuma la luce in mille sprazzi furenti:
 così tutto travolge tutto, e dove sia io,
 questo non è dato sapere, finché
 la testa non riemerga ansimando
 
 in cerca d’aria.  
VAL D’ORCIA
 
Lascio alle spalle la fragranza gialla
 della ginestra, le lunghe file severe
 dei cipressi, come frecce protese
 al compimento azzurro del cielo,
 il disegno dei solchi che ritma le colline
 con la perfezione delle spighe,
 la grazia imponente delle querce
 e l’umile argento degli ulivi, i casali
 che si stagliano nitidi tra i verdi, l’erba
 che si nasconde nella macchia,
 la sapienza unica delle pietre. Lascio
 alle spalle tutto ciò che mi commuove
 per il non appartenermi, figlia del caos
 folgorante di bellezza, del fratricidio
 e della guerra.  
È SOLO UNA TEORIA
 
La presenza umana a quest’ora è solo una teoria
 di manufatti, un rincorrersi di pietra all’orizzonte
 dove un cielo azzurro fino all’ossessione staglia i profili.
 Così accade che il silenzio prenda il sopravvento,
 la pausa invada l’opera. Sì, adesso tutto tace, amico mio,
 l’ecolalia frenetica del giorno è lontana abbastanza
 da ascoltarsi. Una riga sottile di bianco nel cielo
 rimanda a qualcosa di lontano, un indefinito altrove
 che non ricorda nulla, non si piega alla frusta della storia.
 Mi lascio andare a un vagheggiare soffice, una sorta 
 di nebbia incosciente e morbida che avvolge tutto,
 sfumando la pressione del reale. Non c’è molto altro da dire
 a parte questo: ho visto una nuvola di uccelli disegnare
 trame indecifrabili e perfette; erano migliaia, credo, o forse
 pretendevano di esserlo. Nel caos, ognuno trovava il suo posto,
 la sua direzione. Io stavo quaggiù, sola, osservatore perturbato
 dall’osservazione.  
TRE MINUTI E MEZZO
 
Appena un attimo, amore mio,
 per dirti che la storia non ha mai concluso
 niente, s’è sempre arrotolata su sé stessa,
 un uroboro senza la magia dell’alchimia.
 Facendo silenzio, talvolta si può sentire
 qualche distante fatto o accadimento,
 ma più spesso è il caotico rumore del presente
 che assorda. Così cosa vuoi che ti racconti
 quando tutto ha senso solo nell’attimo
 in cui accade, non riverbera, non scuote,
 affonda nel flusso. Lo span d’attenzione
 è di tre minuti e mezzo: regoliamoci,
 amore mio, per questo e i prossimi amori,
 che inevitabilmente verranno.  
ALBEGGIANDO
 
Da qui lo sguardo sul mondo
 ha una sua tenuità, un’intatta leggerezza
 vibratile che accarezza le cose
 e le rende dolci, buone persino.
 Il gracchiare delle cornacchie, i pigolii degli uccelli
 appena nati, ancora nascondono il loro essere
 predatori e prede. Così quel loro nero volteggiare
 nella vastità azzurra, limpida di bellezza,
 appare innocente come un gioco,
 un ricamo caotico tra i palazzi e le strade
 dove ancora tutto tace.  
A VOLTE, IL TEMPO
 io so cos’è il tempo, ma quando me lo chiedono non so spiegarlo.      SANT’AGOSTINO, Confessioni  
A volte il tempo ha questi guizzi
 che lo fermano o lo rovesciano,
 inattese perturbazioni caotiche.
 Sono come tutto ciò che è sublime:
 complesse ma intrinsecamente rivelate.
 Una volta che avvengano
 chiunque dirà che non potevano
 non accadere, non potevano
 che essere così, nondimeno nessuno
 le aspettasse o volesse. Ciechi
 ribaltamenti che ci aprono gli occhi. 
NON ANCORA
 
Abbiamo questa idea inesorabile del cuore che si spacca,
 ancora e ancora, inesorabile e falsa,
 come quella che il sole abbia curvato l’orizzonte
 col suo peso, il suo gravame di luce.
 Tutto converge a un punto, ma non ancora,
 non ancora. Avremo altro tempo per intrecciare
 le mani, per accarezzarci e sentire i ricami della pelle
 sotto la punta delle dita.
 Fragili linee caotiche che raccontano una storia come tante,
 eppure unica nel suo dipanarsi,
 così bella, così lucente, che i bardi piangeranno
 per non averla potuta raccontare.  
FILI
 
Io quando penso alle persone penso alle mani
 trasformate in lunghi fili sottili,
 mani di ragno che li imbozzolano
 in una trama di luce
 che si espande e illumina
 anche gli altri, diventa fonte di gioia o pania,
 né i fili si spezzano per la lontananza o il tempo
 e quelli dell’uno si intrecciano a quelli dell’altro e
 quando vibrano al vento vi dondolano piccoli angeli
 incorporei, inesistenti direi, a volte così belli da far male.
 Io vedo questo, questo tessuto mirabile
 nato dalla mano sapiente del caos.
 E non importa se le persone muoiono
 o tradiscono o se ne vanno altrove, non importa niente:
 il legame è creato e resta, il filo esiste, si fa sottile, così sottile
 io non so dirti quanto, ma esiste e resiste.
 Questa tela, questo disegno astratto, ci tiene al mondo,
 senza di esso non saremmo nulla,
 la gravità non ci tratterrebbe al suolo:
 scompariremmo nel vuoto siderale, inghiottiti nel buio,
 poveri piccoli ossimori condannati all’inesistenza.
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