FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 40
ottobre/dicembre 2015

Forza & Debolezza

 

OFFERTA SPECIALE

di Annarita Verzola



Se in paese regnava una certa, allegra confusione, al castello invece gli animi erano surriscaldati, in particolare quelli del mago di corte e della regina, che lo teneva in altissima considerazione.

Sua Maestà era abbandonato sul trono con atteggiamento di sconsolata rassegnazione e fingeva di ascoltare l’inesauribile protesta della regina, prestando orecchio qua e là solo a qualche brandello di frase. Vedeva il mago dietro, le mani strette l’una all’altra e la schiena un po’ curva, in atteggiamento di deferente ascolto dello sproloquio della regina.



Tutto era cominciato pochi mesi prima quando una giovane straniera era giunta nel regno e si era sistemata con un gatto nero e una mucca in una casupola diroccata ai margini del paese; la casupola apparteneva al mugnaio, il quale gliel’aveva concessa in cambio solo di latte fresco per i bambini, viste le pessime condizioni in cui si trovava.

La sua venuta aveva suscitato la curiosità dell’intero paese, piccolo e lontano dalla città principale del regno, ma la notizia della presenza della forestiera non era giunta a corte fino a quando non si era ben compreso chi fosse: una maga.



Il re e la regina dimoravano spesso in quel loro castello di campagna, nel quale si rifugiavano volentieri per sfuggire alla rigida etichetta della vita di corte in città e per riposare dalle fatiche del regno. La regina trascinava sempre con sé il mago di corte, dei cui consigli, incantesimi e pozioni non poteva fare a meno, ma ignorava che Articus, questo era il nome del mago, patisse quei temporanei trasferimenti in campagna come una punizione, una sorta di esilio.

Lui era un mago alla moda, amante della bella vita, delle feste e dei divertimenti, e la vita in campagna ne era assolutamente priva. Non poteva accontentarsi di servire la regina, lui adorava essere al centro dell’attenzione delle belle dame e degli azzimati cavalieri e in quel borgo sperduto si sentiva come un pesce fuor d’acqua.

“Maestà, non dovete permettere a quella donna di vivere qui e di esercitare la sua stregoneria per gli abitanti del villaggio!” stava strepitando per l’ennesima volta la regina, pestando nervosamente un piede.

“Mia regina, non vedo che cosa vi sia di male, dal momento che voi stessa approfittate dei servigi del mago Articus qui presente.” tentò di opporsi il re.

“È proprio questo il punto, mio signore; la corte e il regno dispongono già di un ottimo mago – e qui Articus fece un deferente inchino alla regina – e non c’è nessun bisogno di questa straniera nel villaggio.”

“Mi permetto di ricordarvi, mia regina, che Articus è al solo servizio vostro e della corte, i suoi incantesimi e le sue pozioni hanno prezzi così alti che il popolo mai e poi mai potrebbe permetterseli!” sbottò il re, che sentiva di essere giunto al limite della sopportazione per quel giorno.



“E così deve essere!” ribatté implacabile la regina. “Dove andremmo a finire se la plebe potesse permettersi incantesimi e pozioni?”

Il re a quel punto finse di aver sete e se ne andò in cucina a bere un bicchiere d’acqua. Quando la regina ragionava in quel modo, si vergognava per lei e per il ruolo che entrambi ricoprivano e gli veniva voglia di abdicare e di gettare la corona alle ortiche.

Ma veniamo alla nostra maga di paese. Si chiamava Corinna, era una bella fanciulla con i capelli rossi e gli occhi verdi. La prima cosa che aveva fatto era stata dipingere un bel cartello con il quale pubblicizzava i propri servizi: pozioni per ottenere forza, salute, amore e incantesimi di buona sorte. Il primo a rivolgersi a lei era stato proprio il mugnaio il quale era preoccupato per la salute cagionevole della moglie. Corinna gli aveva preparato una tisana da far bere alla moglie con precise istruzioni: prima doveva condividere il peso dei lavori di casa e della cura dei figli, poi la sera, prima di dormire, le avrebbe fatto bere una tazza di quella tisana. In pochi giorni la salute della donna era rifiorita e al mugnaio non pareva vero. Così per sdebitarsi si impegnò a rifornire quotidianamente Corinna di pane fresco e di biscotti per la colazione.



Poi venne il turno di un giovane muratore, perdutamente innamorato della figlia dell’ortolano. Andò da Corinna a chiedere un filtro d’amore per essere ricambiato e la maga glielo confezionò, accompagnato da precise istruzioni: doveva corteggiare la fanciulla con discrezione e con dolcezza, farle comprendere che sarebbe stato un marito gentile e premuroso e offrirle una delle caramelle magiche ad ogni incontro. Di lì a tre settimane i due giovani si fidanzarono e annunciarono che presto si sarebbero sposati. Il muratore, al colmo della felicità, rimise in sesto la casupola del mugnaio e la rese una graziosissima abitazione per Corinna, con tanto di piccola stalla per la mucca.



E le cose andarono avanti così per un po’ di tempo; Corinna accompagnava pozioni e filtri con precise istruzioni senza le quali, a suo dire, l’incantesimo non avrebbe avuto effetto.

L’invidia e la rabbia di Articus crescevano e la regina lo spalleggiava, rendendo impossibile la vita al re, il quale stava meditando addirittura di fuggire per tornare ad affrontare le beghe quotidiane in città piuttosto che sopportare ancora per un giorno le lamentele della regina e del mago. Poi gli venne un’idea.

Corinna si presentò al cospetto del re senza il minimo timore e fu da lui ricevuta con grande cortesia. La fanciulla gli fece una tale buona impressiona che il re si sentì libero di confidarle tutte le proprie tribolazioni.

“Se Vostra Maestà lo permette, avrei una pozione adattissima allo scopo. Ogni giorno dovrete impegnarvi a sostenere il vostro punto di vista con forza, a mettere a tacere chi dice sciocchezze, a fare solo ciò che ritenete saggio e giusto per il bene del vostro popolo, e la sera, prima di dormire, prendete un cucchiaio di questa pozione.”

Nemmeno due settimane e il re si sentiva un altro uomo; era sicuro, attento, equo e generoso come aveva sempre desiderato e volle chiamare Corinna per ringraziarla e offrirle un’adeguata ricompensa.

“Io non ho fatto nulla, Vostra Maestà. Nelle pozioni, nelle tisane, nei filtri che preparo ci sono solo erbe di campagna e aromi. La vera forza sta in ogni persona, che crede di bere un filtro magico e invece dà il meglio di sé e ottiene ciò che vuole.”



Per il re fu un’autentica rivelazione. Licenziò in tronco Articus e gli proibì di rimettere piede nel regno, tenne a bada la regina e le sue prepotenze promettendole l’esilio se avesse osato di nuovo dire o fare qualcosa in contrasto con il bene del popolo poi nominò Corinna Maga di Corte, pregandola di non rivelare a nessuno la verità e di occuparsi indistintamente di chiunque, ricco o povero, avesse un problema per far si che le debolezze di ciascuno diventassero invece la loro forza. E tutti vissero felici e contenti. Tranne naturalmente Articus, il quale tentò una vertenza rivolgendosi al sindacato dei maghi, e la regina, confinata nelle sue stanze con la sola compagnia di un cagnolino stizzoso quanto lei.


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