Mi chiamo Jacopo e sono uno studente liceale, ma la mia vocazione è fare lo spingitore.
Avete mai fatto caso a quante persone su un mezzo pubblico tirino fuori un libro alla partenza di un viaggio, o breve o lungo che sia?
È una cosa buona, direte voi a questo punto.
Sì e no.
Il guaio è che a volte ciò si rivela un danno per gli altri viaggiatori.
Mi spiego meglio.
Facciamo subito una distinzione tra lettore puro e lettore ostentativo.
Alla prima categoria appartengono quelli che, appena si immergono tra le pagine del loro libro, perdono la cognizione del tempo e dello spazio, non riconoscono più parenti, compagni e amici, ignorano le più elementari regole della buona creanza e sbagliano persino fermata. Fanno tenerezza, vien voglia di difendere a ogni costo il loro diritto di diventare ciechi e sordi a ogni altro stimolo esterno che non sia quello della pagina stampata.
Assai minor simpatia suscita il lettore appartenente alla seconda categoria.
L’ho definito ostentativo, ma mi sale in punta di penna un altro termine, vagamente sacrilego: ostensorio. Sì, nel senso dell’irritante sacralità con la quale si manifesta come amante della lettura.
È facile individuarlo, ma difficile evitarlo.
Generalmente sale sul mezzo con il libro già ben in vista, stretto al busto e con l’aria di dire “Guardatemi, sono uno che legge, e scusate se è poco!” poi si asside, sempre vicino a un altro passeggero, e apre cerimoniosamente il volume, sbirciando le reazioni del vicino.
Qualcuno, purtroppo per lui o lei, ci casca e getta a propria volta un’occhiata, altrettanto furtiva, alla copertina e al titolo.
A questo punto inizia il rito della lettura, che si esaurisce in breve tempo e dopo poche pagine. Eh, sì, perché il lettore ostensorio trae linfa vitale dal coinvolgimento dei vicini.
Se è particolarmente fortunato, gliene capita uno che domandi timidamente: “È interessante?”
A questo punto il nostro, che non aspettava altro, si lancia in una vertiginosa e dettagliatissima disamina del testo e del suo autore, a riprova della profonda conoscenza che ha di entrambi, lasciando presto tramortito l’incauto compagno di viaggio, il quale non può far altro che incassare il colpo e maledirsi per l’insana curiosità.
Può accadere tuttavia che l’interlocutore sia in grado di tenergli testa e allora il lettore ostensorio ingaggia con lui un serrato duello all’ultima battuta e quasi sempre riesce a farlo capitolare per sfinimento.
Ma la sorte peggiore tocca al malcapitato e inerme passeggero che il lettore ostensorio individua come interlocutore privilegiato con fiuto infallibile secondo criteri a lui solo noti.
Incomincia a circuirlo, avvolgendolo nelle spire di uno sguardo complice, e gli si rivolge con la bonaria superiorità riservata al prescelto di turno, il quale solitamente non comprendo appieno la portata di tanto onore.
Il poveretto, che magari si preparava a schiacciare un pisolino, viene letteralmente tramortito e travolto dalla piena di informazioni sul libro esibito dal lettore ostensorio, il quale finisce con il commette il più atroce delitto che si possa perpetrare in ambito letterario: il disvelamento del finale.
Non è vero che ci sia poca gente che legge sui mezzi pubblici.
Il fatto è che ci penso io a spingerli furtivamente fuori dalle porte aperte alla successiva fermata e non si sa più niente di loro.
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