FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 60
marzo 2022

Luna

 

GABRIELA HALAC: LA POTENZA DELLA VISIONE
E IL PLURALISMO DEL TEMPO E DELLA FORMA

di Alice Carradori



La morte è una detonazione. È un’esplosione accecante che azzera il tempo e lo spazio e lascia attoniti, spaesati, senza parole. Così ce la presenta Gabriela Halac all’inizio della sua opera Ancora, da poco pubblicata in Italia con il testo a fronte spagnolo. Poi ecco il silenzio e l’esitazione iniziale, un’ipotesi formulata quasi sottovoce: “tengo miedo que ella me escuche – a que el fantasma esté aquí”. Infine il pensiero che prende forza, ed è nella sua ammissione che l’assenza si fa certezza innegabile: “Ella ha muerto – es la primera frase que digo – estoy segura de que pasó”.
La cortina di fumo spesso inizia a rarefarsi, la polvere si deposita, iniziano a emergere ricordi che richiamano luoghi, spazi, tempi e sensazioni, parole. Oggetti e situazioni abituali che disegnano un eterno presente, stralci di conversazioni che si protendono come echi infiniti, angoli della casa che rivivono costantemente il tempo passato.

La poesia di Gabriela Halac è spigolosa, ruvida, costellata di domande che non trovano risposta ma aprono a molteplici scenari possibili, diverse letture di una storia da riscrivere di volta in volta. Le frasi brevi, le parole isolate, sono mozziconi di matita con cui scarabocchiare freneticamente un pensiero, fermare una sensazione prima che scappi via per sempre, inchiodare al foglio visioni fugaci e ricordi fulminei nel tentativo di richiamare la memoria a dare forma e consistenza al passato, alla figura della madre e con essa a tutta la famiglia, alla vita trascorsa, ai tempi e i luoghi che hanno formato l’identità dell’autrice.
La raccolta poetica ruota attorno a una presenza che si palesa improvvisa e inaspettata, rompe il quotidiano e salda il passato al presente in maniera repentina. Obbliga a interrompere il qui e ora per tendere la mano a ciò che fu: “Todo es una evocación […] – cada frase tuya puede aparecer en el cajón junto a un cuchillo”. I ricordi si animano di una forza potente che strappa al presente con un impeto quasi tangibile: “El fantasma se agacha – toma mis piés y de un tirón me arrastra violentemente a la cocina”.

Gli elementi con cui l’autrice tratteggia il ricordo della figura materna sono semplici e immediati, quello che ne emerge è un mosaico fatto di oggetti di uso quotidiano, mobili e stanze, un gioco di specchi di ritagli di conversazioni e scene di vita vissuta. Piccole cose che tengono ancorati alle proprie origini, come il ricordo della lingua italiana, che compare a più riprese nell’opera: è la lingua materna, quella che forma l’identità e plasma i contorni e i confini della famiglia, è la lingua dell’intimità, che è stata insegnata ai figli ma che lega i genitori alle proprie origini tracciando il percorso delle generazioni: “La lengua sirve para llegar a otra parte – Es la carne con la que stán hechos mis padres”. È l’eredità lasciata a chi rimane: “lo que queda es Roma en mi cabeza”.

Per Gabriela Halac la morte non è un punto di arrivo, il termine di un’esistenza e con essa di un legame, ma un cambio di prospettiva, il passaggio a una nuova fase della relazione tra madre e figlia: “Un nuevo destino – se frota suavemente contra nosotros”, in una consapevolezza che si fa strada e si dipana lungo tutto il testo. Come suggerisce fin dal titolo, la morte non è “fine”, è “ancora”.
E la scrittura con cui esprime la sua visione è pluridimensionale, intesse le parole con foto, simboli grafici, crea disegni sulla pagina che suggeriscono pause, riflessioni, tempi da riempire e da respirare. I vocaboli non sono semplici termini: sono fonemi e sono grafemi, sono suono e sono immagine, dipingono forme, scandiscono tempi, punteggiano ritmi. Ma non basta: tutto a un tratto, le immagini irrompono nel testo e lo espandono, danno profondità alle parole e le rendono liquide, viscose, tangibili, invitando il lettore a immergersi e a lasciarsi galleggiare nell’opera. Ed è in fondo davvero questa la potenza, il valore aggiunto, di una scrittrice che è anche artista visuale e che riesce ad animare i propri lavori trascendendo i confini della carta stampata e i bordi della pagina.


Gabriela Halac, Ancora, a cura di Alessio Brandolini, Edizioni Fili d’Aquilone, Roma 2021, 140 pagine, 15 euro.




POESIE DI GABRIELA HALAC
da Ancora


(…)

Sono venuta a trovarlo
il suo divano, il suo mondo astratto
nello spazio costruisce la mia voce
spesso mi piacerebbe dirgli: sono soltanto corde vocali che si scontrano
non c’è nulla in quello che plasmano

ciò che sta lì non so che cosa sia

ho paura che tu mi senta
che il fantasma sia qui
o al piano inferiore
o qui e al piano inferiore
non so come sia la morte
fin dove arrivi

Sempre prima di parlare raspa la gola
si taglia
indizi di parole

“lei è morta”
è la prima frase che dico

sono sicura che sia accaduto

(…)


*

Tutto è un richiamo

la tua identità si smarrisce o si blocca
sarai parte della vita degli altri
ogni tua frase può apparire nel cassetto accanto a un coltello

la materia la vogliono gli uccelli
punture, i nuovi segni
forse ti faranno svegliare
albeggi sotto l’albero
un’altra volta
mentre cadi da quelle bocche
distratta

(…)


*

Abbiamo bruciato la casa
all’aperto
per sapere cosa c’è oltre queste cose

L’incendio avanza
in una città
che brilla
balla
suona
tra le lingue

il calore striscia nella casa
una nuova destinazione
si strofina dolcemente su di noi

Ci sono frane
nelle quali la lingua cresce

(…)


*

Sostengo l’urna con le mie mani
vedo come respira con la bocca aperta
mentre cadiamo nella gola asciutta della casa

sei troppo silenziosa
come se non potessi più andare da nessuna parte

ciò che resta è Roma nella mia testa
qualunque cosa che vedo
una replica
la ripetizione ammalata

mi guardavi cercando nei miei occhi un altro tempo

non sono obbligata a percorrere un circuito
come un automa
che ripete senza sapere

sono la tua copia

una falsificazione
il tuo doppio

sei stata qui? sei qui? stai arrivando?
non ti sento




Gabriela Halac
è nata a Cordoba (Argentina), dove vive, nel 1972. È artista e editrice, specializzata nell’intreccio tra discipline e dei campi di azione artistica. Suoi progetti sono esposti in musei, spazi della memoria e centri di investigazione artistica.
Ha pubblicato libri di poesia e dispositivi editoriali di produzione di opere, tra i quali: Laboratorio de Archivos (Messico, 2020), El Libro agotado (Spagna, 2018-2019), La biblioteca roja mexicana (Messico, 2018), La biblioteca roja. Brevísima relación de la destrucción de los libros (Argentina, 2017), Visitas a la Perla. Ensayo sobre lo que no desaparece (Argentina, 2011 e 2016), Aún (Argentina, 2013), Des-montaje (Messico, 2013), Sangre (Argentina, 2013), Polvo (Argentina, 2010), H31 (con Lucas Di Pascuale, Argentina, 2000), Experimentar Treintaveinticuatro (Argentina, 2008).
Dal 2003 conduce il Laboratorio Editorial Ediciones DocumentA/Escénicas, dove ha pubblicato libri e realizzato incontri. Ha curato il progetto Volumen. Escena Editada, spazio di incontri editoriali e artistici realizzati presso il Teatro Nacional Argentino. Sempre dal 2003 dirige lo spazio di produzione artistica DocumentA/Escénicas.
Per il suo lavoro poetico e artistico ha ricevuto premi sia in Argentina che all’estero.

(Foto di Susana Pérez)


alicice@gmail.com