FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 57
gennaio-aprile 2021

Oasi

 

QUEL CHE APPARE IN LONTANANZA

versi di Viviane Ciampi, foto di Lino Cannizzaro




*

Soltanto ora il vero piacere si fa vivo.
Non abbiamo memoria
di così tanta calma
di vele silenti
e di fari accesi ad aspettarci
e getteremo l’ancora
soli – orgogliosamente –
nel mare senza creste
allora sì che sarà dolce naufragare
nel respiro di chi sappiamo.


*

Corpo a corpo d’onde. Il futuro le ha gonfiate
come un’arte di creare.
Schiene alate. Ti offrono la loro pelle.
La tempesta è la casa del suono
materia pieghevole
spiegabile inspiegabile dispiegabile
amplificabile auspicabile.
Nel boato alzi la scala azzurra.


*

Si rinnerveranno i colori
e faranno un cambiamento
che gli occhi non prevedono.
L’intervallo di luce non è più
polpa d’inquietudine ma qualcosa
che resta negli occhi.



Qui, ora, hai in grembo cose snelle.
Tra poco torna il libeccio, nobile tiritera.
È un seno che ti allatta
quando sbandano le sicurezze
e che palpa e spolpa e penetra i pori
sparge ovunque le sue spine
pare dirti ecco come si respira.


*

Qui fuori a pochi passi
paesaggio acquatico liquida variazione.
D’un tratto la nebbia come
l’annuncio della battaglia.
Mescolati a scogli scuri
non guardiamo mai abbastanza.
Nuotiamo verso sirene bianche e trionfanti.
Non prevediamo il nostro ultimo volto
e neppure l’ultimo volo.


*

Tu contempli questa notte che è tigre ancora.
I bottoni che nel buio brillano
sono i tuoi occhi di meraviglia.
A guardare da vicino può succedere
che le parole cessino di respirare.
E allora mi chiedo che cosa ti attrae
che cosa ti spinge a chinarti
sulla palandra di mare viola?
Forse il furore – oh l’ardente dono –
con frasi da pronunciare entrambi.
Questo accadeva un tempo.
Accadeva in mezzo ai venti.


*

I crinali sono l’alta fronte dei giorni,



una fronte che lotta,
che talvolta cede fino a dissolversi nell’acqua.
Il veliero che hai davanti
è un sonno privo di sguardo.
Quante luci laggiù.
Riempirebbero ogni anfratto
ogni animo indurito.
Le sembianze danzano nell’onde
tra meduse e madreperle
cantano il passato l’istante che sta per nascere
in mille gerghi mille lingue.


*

L’orecchio del mondo non ha palpebre
s’apre come un frutto,
riconduce al mistero.
Non perdere mai d’occhio il possibile naufragio.
Mare Madre Morte – ricordati –
in sanscrito è medesima parola.


*

All’alba crollano le promesse
nell’onda interiore:
non puoi farci niente.
Ti deprimi senza motivo
– o forse – perché vedi la tua immagine
rimpicciolirsi in lento movimento.
Si allontana il senso – bulimia di venti –
nel tanto oceano in cui perdersi.
Fa’ finta che allegra sia la carne,
allegro lo spirito.
La sabbia risveglia cristalli di leggende.


*

Tu guarda come la sera ti fa a pezzi:
una ventata improvvisa aspira la vastità.
Corpi pianeti cascate di lingue



anni di domande poste male.
Del mare provi il corpo nudo
e un poco della sua nuca. Mentre nuoti
intravvedi stelle disattente la deriva dei sentimenti
il lungo libro dei no.
Il male e l’assurdo sono entrati a far parte del gioco
con l’insidia di un respiro.
Ora torni in te, profondamente, senza margine d’errore.
Non hai l’aria franante di chi
per un attimo s’era allontanato.


*

C’è come una geometria nelle cose
e in questa poca calma la percepiamo.
La siccità di marzo
ha lasciato spazio alla pioggia
che regna prepotente.
Ci sono scene familiari che durano
il tempo d’un semaforo
il tempo d’una eclissi.
C’è chi si ritrae alla vista,
chi boccheggia come il pesce grosso
smarrito nel vasto oceano
e che di tanto in tanto affiora in superficie.


*

L’isola ci appare in lontananza
come il paradiso evidente.
La voce dell’acqua si gonfia
un soffio scoperchia il capo rovesciato
degli dèi, si tramuta in uragano.
Corriamo come folli tagliando il filo del pensiero
ma possiamo correre saltare
o stare fermi cercando la trama.
Per quanto riguarda l’azzurro svanito,
pazienza, diciamo,
noi soggetti designati
ci saremo temprati per tempo.


*

Tutte contate le stelle marine
ad una ad una sulla fronte del blu.
Si cammina sull’acque come già qualcheduno
s’impara a tacere credendo vi sia silenzio laggiù.
Ma non è così. È uno sfrigolare infernale
– segreto per angeli – un lampeggiare incessante.
Si cerca un significato
aspettando che qualcosa si manifesti.
Poi si ricomincia la conta
mentre si gonfiano le vele del tempo.



vivianeciampi.poetry@gmail.com