FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 46
aprile/giugno 2017

D'acqua o di fuoco

 

TRAVESTITI E ANGELI BAROCCHI
Per una possibile lettura di Alfredo Fressia

di Carmelo Andrea Spadola



Secondo la classificazione proposta da Miranda Buranelli, Alfredo Fressia appartiene alla Generazione della resistenza uruguaiana (1973-1985),{1} composta da una rosa di autori che, a partire dagli anni Settanta del XX secolo, hanno scelto la parola poetica come arma di opposizione contro la dittatura militare dell’Uruguay.
In oltre quarant’anni di attività letteraria, la poesia di Fressia ha goduto di un ottimo riscontro da parte dei lettori latinoamericani che hanno apprezzato non soltanto la semplicità e la profondità con cui l’uomo Alfredo ha affrontato nella sua poetica argomentazioni di alta umanità, come i delicati temi dell’esilio e dell’insilio vissuti in Brasile, ma anche perché lui è stato uno dei pochi autori a introdurre nella lirica ispanoamericana delle tematiche originali e molto attuali. Mi riferisco in particolare ai soggetti marginali che abitano i suoi componimenti, come i travestiti presenti sin dalla sua prima pubblicazione, Un esqueleto azul y otra agonía (1973). Gli individui queer di cui parla Fressia sono a volte personaggi incontrati nella quotidianità brasiliana, a volte figure mitiche riprese dalla tradizione greco-latina, come ad esempio il celebre indovino cieco Tiresia, presente nel componimento Final tratto dalla sua seconda raccolta poetica Clave final (1982):
      Cierro todo ciclo; en mí me acabo.
      Tiresias contempla al travestí en silencio,
      por siglos se responde un eco humano
      y en mí me acabo.

      Chiudo ogni ciclo; in me finisco.
      Tiresia contempla il travestito in silenzio,
      per secoli risponde un’eco umana
      e in me finisco.

Il travestito è un personaggio costante nella sua lirica e ci viene sempre raccontato come un soggetto escluso e subalterno rispetto alla società in cui s’inserisce. Talvolta, il poeta ce lo descrive come un “Orfebre de la nada” (orefice del nulla), un venditore di sogni destinato a vivere solamente per intrattenere gli altri, un dispensatore di amore che vende il proprio corpo per elemosinare affetto. Vi sono anche altri esempi in cui il transessuale coincide con figure della tradizione cristiana, come quando ce lo presenta camuffato da “Ángel barroco” (angelo barocco) pronto a soddisfare i desideri sessuali dei più giovani. Altre volte, invece, è la stessa voce poetante a indossare gli abiti del travestimento e a proiettarsi nel paesaggio della notte di questo “animale” eccentrico, come nel testo Nocturno in cui leggiamo:

      Yo soy la bestezuela salvaje en tus collares,
      yo soy la prostituta y el que no soportó
      la pesadilla y huyó y soy
      el travestí fantasiado en tus ampollas.

      Io sono la bestiolina selvaggia nei tuoi collari,
      io sono la prostituta e quello che non sopportava
      l’incubo ed è fuggito e sono
      il travestito immaginato nelle tue piaghe.

I travestiti non sono comunque gli unici soggetti queer a emergere nei componimenti di Fressia, considerato che tutta la sua opera può essere letta come un’autobiografia lirica aperta, ovvero come uno spazio biografico in divenire da cui il poeta dichiara con audacia e libertà la propria omosessualità contro ogni pregiudizio e stereotipo sociale e culturale.
La poesia diviene allora un confessionale polifonico, fatto di luci e di ombre, di salite e di discese da cui raccontare la propria intimità al lettore attento alle questioni esistenziali e al controverso fenomeno del gender, oggi più che mai discusso nei dibattiti pubblici e istituzionali, quanto meno in Italia. Ciò che è sorprendente notare, e che dovrebbe servirci da monito a noi europei, è il fatto che, malgrado le immagini che abbiamo prodotto di un’Ispanoamerica caratterizzata da una chiusura intellettuale e da un arcaismo soffocante, la questione di genere omosessuale è stata affrontata già da tempo in ambito letterario. Come il poeta peruviano César Moro, Fressia parla e canta la sua omosessualità con naturalezza, come quando afferma in Bello Amor:

      Bello amor, bellos amantes,
      porque el amor no pasa
      de un memorial de hombres que me amaron,
      el sexo idéntico, idéntico
      al ancestro conjugado,
      bello y estéril [...]

      Amore bello, amanti belli,
      perché l’amore non passa
      attraverso un memoriale di uomini che mi amarono,
      il sesso identico, identico
      all’antenato coniugato,
      bello e sterile [...]

Oppure in Obediencia, in cui confessa apertamente:

      Amé como los gatos eternos de la noche,
      la sin cara, la otra, la encelada. Oh sí,
      amé a los hombres sin historia de la noche,
      fatal efebo de los automovilistas extraviados
      [...]».

      Ho amato come i gatti eterni della notte,
      quella senza volto, l’altra, la gelosa. Oh sì,
      ho amato gli uomini senza storia della notte,
      efebo fatale degli automobilisti persi
      [...]».

Ma il testo autobiografico più rappresentativo delle questioni di genere omosessuale è Souvenir d’automne, inserito nella recente raccolta La mar en medio, in cui Alfredo rivive l’incontro con Hyacinthe, un ragazzo incontrato a Praga negli anni Ottanta, il cui ricordo continua a essere incastonato nella sua memoria:

      Nunca te olvidé, Hyacinthe
      aux yeux verts, aux cheveux noirs, y hoy
      sentado frente a la playa, entre los jazmineros
      del Boulevard de la Mer, al borde
      del Atlántico en América del Sur, digo
      “je l’aime encore” en voz alta [...]

      Non ti ho mai dimenticato, Hyacinthe
      aux yeux verts, aux cheveux noirs, e oggi
      seduto di fronte alla spiaggia, tra i gelsomini
      del Boulevard de la Mer, sulla riva
      dell’Atlantico in Sudamerica, dico
      “je l’aime encore” a voce alta [...]

La sua opera meriterebbe ulteriori letture, possibilmente svincolate dal fattore gender e incrociate con gli autori che per lui sono state delle importanti fonti letterarie, tra cui i francesi Rimbaud, Gide e Camus. La sua lirica esorta all’incontro con l’altro, dà voce agli emarginati e si erge a promotrice dei diritti umani.
Cantore degli orrori della dittatura, dell’esperienza dell’esilio e della discriminazione per l’orientamento sessuale, la poesia di Alfredo Fressia ci comunica che probabilmente ha ancora senso comporre versi in una società che ci ha abituati a vivere in una costante penuria di sentimenti e di umiltà.



{1} Cfr. la bibliografia sul tema di Álvaro Miranda Buranelli sul sito web: www.alvaromiranda.com/#Obras_AutorPublicacionesEnsayo.php consultato il 15 maggio 2017.




POESIE DI ALFREDO FRESSIA
III

Hay truenos silenciosos, casi dioses,
que esconden un instante túneles extraños al espacio
y son terribles mensajes como lápidas sin destinatario,
como ciertas letras de los libros
condenadas a un pavor incomprensible para siempre
o como aquellos hombres que han dado todo sonriendo
y en el preciso previo instante descubren impotentes
que fue la vida un espectáculo -music-hall

lastimado
-que ellos miran con ojos aterrados,
y atrás de los telones de la boîte un travestí fuma en silencio,
y de golpe ahora
alza el más horrible grito
porque sin querer tocó su sexo
y era un juego de espejos esa sombra
y vio que sus senos
eran bolsas cargadas de mentiras,
y los hombres vieron fetos
que nacían a través de cada herida
y corrían enloquecidos a romper los focos
hasta ver caer la última sombra sobre el público,
porque entonces casi fue posible
casi
hasta posible comprender
sin espejos de colores,
sin pantallas ver
que tras los flecos inquietos
había cosas,
cosas que nadie hubiera soportado,
imágenes tristísimas
que sólo las bestias hubieran podido mantener en su retina
y porque en ese instante todo fue ofrecido a un destinatario revelado
rojo de vergüenza
absurdo
absurdo como una revelación absolutamente irreparable.


III

Esistono tuoni silenziosi, quasi dèi,
che celano per un istante i tunnel strani nello spazio
e sono terribili messaggi come lapidi senza destinatario,
come certe lettere dei libri
condannate per sempre a un pavore incomprensibile
o come quegli uomini che hanno dato tutto sorridendo
e nel preciso previo istante scoprono impotenti
che la vita fu uno spettacolo – music hall

oltraggiato
- che loro guardano con occhi atterriti,
e dietro ai sipari della discoteca un travestito fuma in silenzio,
e di colpo ora
eleva l’urlo più orribile
perché senza volerlo ha toccato il suo sesso
ed era un gioco di specchi quell’ombra
e ha visto che i suoi seni
erano borse cariche di menzogne,
e gli uomini hanno visto feti
che nascevano da ogni ferita
e correvano impazziti per rompere i riflettori
fino a veder cadere l’ultima ombra sul pubblico,
perché allora è stato quasi possibile
quasi
perfino possibile capire
senza specchi colorati,
senza schermi vedere
che dietro alle frange inquiete
vi erano cose,
cose che nessuno sopporterebbe,
immagini tristissime
che solo le bestie potrebbero trattenere nella loro retina
e perché in quell’istante tutto è stato offerto a un destinatario rivelato
rosso di vergogna
assurdo
assurdo come una rivelazione assolutamente irreparabile.

Da Un Esqueleto Azul y Otra Agonía (1973)


TRAVESTÍ

Ángel barroco, siempre
el muchacho agrietado detrás de las violetas
estira la punta del deseo
hasta tus dedos. Una calavera
estalla en tu sudor,
una mano judía te tuerce del destino,
se derrumba, grita un agorero
tu horóscopo de miedo
y se destruye. Orfebre de la nada:
un sudor nuevo, casi nada
en tus dedos.


TRAVESTITO

Angelo barocco, sempre
il ragazzo screpolato dietro le viole
stende la punta del desiderio
fino alle tue dita. Un teschio
esplode nel tuo sudore,
una mano giudea ti svia dalla meta,
crolla, grida il malaugurio
il tuo oroscopo di paura
e si distrugge. Orafo del nulla:
un nuovo sudore, quasi nulla
tra le tue dita.

Da Clave final (Montevideo – Niteroi 1975 - 1979) (1982)


NOCTURNO

Noche, puta vigilante,
te canjeo tu ilusión, yo te doy
el contrabando armado por los hombres cada día,
te compro tu mentira.
Yo traiciono tus trampas y atravieso
tu aduana más furtiva.
Yo soy la bestezuela salvaje en tus collares,
yo soy la prostituta y el que no soportó
la pesadilla y huyó y soy
el travesti fantasiado en tus ampollas.
Yo le canto a tu danza de gatos encelados,
soy el trueque de tu gozo,
mi reverso, mi negado
perfil iluminado, mi piel
tres veces acosada en sus fronteras,
mi parcela de sol, mis cercadas
palabras.


NOTTURNO

Notte, puttana vigilante,
baratto la tua illusione, ti do
il contrabbando armato dagli uomini ogni giorno,
compro la tua menzogna.
Tradisco le tue trappole e attraverso
la tua dogana più furtiva.
Sono la bestiuola selvatica nei tuoi guinzagli,
sono la prostituta e colui che non sopportò
l’incubo e fuggì e sono
il travestito fantasticato nelle tue ampolle.
Canto alla tua danza di gatti innamorati,
sono il baratto del tuo piacere,
il rovescio, il negato
profilo illuminato, la mia pelle
tre volte inseguita nelle frontiere,
il frammento di sole, le parole
assediate.

Da Clave final (Montevideo – Niteroi 1975 - 1979) (1982)


EL MIEDO, PADRE

Padre, yo me espanto
de estar preso en mi cuerpo, el condenado
umbral, perfecto, este retorno, padre,
eternamente en viaje y muerto, por las cuatro
estaciones y la suerte
echada de los hombres, los hijos
obedientes de la especie, padre,
los muertos venideros. ¿Quién es
este huésped en mi cuerpo? Estos años,
¿de quién son prisioneros en las venas?
¿Qué hago, padre, con mi espanto
a cuestas, y mis días
en los días implacables de los hombres?.


LA PAURA, PADRE

Padre, ho paura
di essere prigioniero del mio corpo, la soglia
condannata, perfetta, questo ritorno, padre,
sempre in viaggio e morto, dalle quattro
stagioni e la sorte
segnata degli uomini, dei figli
ubbidienti della specie, padre,
dei morti futuri. Chi è
quest’ospite nel mio corpo? Questi anni,
di chi sono prigionieri nelle vene?
Che faccio, padre, con la mia paura
sulle spalle, e con i miei giorni
nei giorni implacabili degli uomini?

Da Noticias extranjeras (1984)


BELLO AMOR

Bello amor, bellos amantes,
porque el amor no pasa
de un memorial de hombres que me amaron,
el sexo idéntico, idéntico
el ancestro conjugado,
bello y estéril, bello
porque estéril, porque destinado
al memorial de hombres que me amaron
de antes, sin después, al otro
lado de sus vidas, sin otro
rostro que el insomne
habitante del deseo, se consume
de belleza antes, siempre antes de los hombres,
el memorial de hombres que me amaron.


AMORE BELLO

Amore bello, amanti belli,
perché l’amore non passa
da un memoriale di uomini che mi amarono,
il sesso identico, identico
l’avo coniugato,
bello e sterile, bello
perché sterile, perché destinato
al memoriale di uomini che mi amarono
prima, senza dopo, nell’altro
lato delle loro vite, con il solo
volto dell’insonne
abitante del desiderio, si consuma
di bellezza prima, sempre prima degli uomini,
il memoriale degli uomini che mi amarono.

Da Noticias extranjeras (1984)


OBEDIENCIA

Amé como los gatos eternos de la noche,
la sin cara, la otra, la encelada. Oh sí,
amé a los hombres sin historia de la noche,
fatal efebo de los automovilistas extraviados
en el mapa minado de un mismo laberinto,
y el soldado borracho de los huesos rotos,
y mozos versátiles de bar, raptados de la madrugada, oh sí,
los hombres incesantes en la nocturna provisoria cesantía.
Llegaron para siempre con los olores agrios de la noche,
la que guiaba el semen, la humedad, el pedo,
el encerrado de los sótanos en edificios art-decó, funámbulas
esquinas cardinales y las calles
abiertas al cielo ácido de la noche.
El cielo raso, el cielo cómplice bajo los túneles con goteras, así,
mi cielo meado sobre padres de hijos tránsfugas,
aliado pueblo transparente, transfantasmas míos,
fuimos los soldados impotentes de la luna
a abofetear el día con sus órdenes y pégame así en la cara,
con ceremonia, armada la liturgia.
Amable San Jorge, defendeme del día más que la alborada,
decime así: no valés nada, y yo, así, y la espada, así,
tan caliente la que apuntó poemas
al memorial de hombres que me amaron
y debía decir un rozar de peces de la noche como hombres
me apretaron, me lamieron, solos,
madrugadas corridas junto al agua amarilla del cordón de las veredas,
y yo hundiéndome en la boca de tormenta
y yo chapoteando boca adentro, al otro lado de las lenguas,
la tormenta del sexo, para que no desmorone con la noche
sobre la cara real y sin pudor de los relojes.
Y la saliva hace girar las manecillas,
así, despacio,
-para que nunca amanezca,
en la radio, inaudible, de los centinelas y el sereno
y los hoteles donde nunca me abrigué,
gato encelado y sucio y bello, oh sí, rehenes obedientes de la especie.


UBBIDIENZA

Amai come i gatti eterni della notte,
quella senza volto, l’altra, quella in fregola. Oh sì,
amai gli uomini senza storia della notte,
efebo fatale degli automobilisti smarriti
nella mappa minata di uno stesso labirinto,
e il soldato ubriaco dalle ossa rotte,
e camerieri versatili di bar, rapiti dall’alba, oh sì,
gli uomini incessanti nella sospesa provvisoria notturnità.
Giunsero per sempre con gli odori agri della notte,
la notte che guidava il seme, l’umidità, il peto,
la chiusura delle cantine in edifici art-decò, angoli
funamboli cardinali e le strade
aperte al cielo acido della notte.
Il soffitto, il cielo complice sotto i tunnel con gocciolii, così,
il mio cielo pisciato su padri di figli transfughi,
popolo alleato trasparente, transfantasmi miei,
fummo gli impotenti soldati della luna
a schiaffeggiare il giorno con gli ordini e schiaffeggiami così,
ritualmente, messa su la liturgia.
Amabile San Giorgio, difendimi più dal giorno che dall’alba,
dimmi così: non vali nulla, e io, così, e la spada, così,
tanto calda quella con cui scrisse poesie
in memoria di uomini che mi hanno amato
e doveva dire uno sfiorare di pesci notturni come uomini
mi strinsero, mi leccarono, da soli,
albe trascorse vicino all’acqua gialla dell’orlo dei marciapiedi,
e io che affondavo nel tombino
e io che sguazzavo dentro la bocca del tombino, di là dalle lingue,
la tormenta del sesso, per non sgretolare la notte
sulla faccia reale e senza pudore degli orologi.
E la saliva fa girare le lancette,
così, adagio,
- affinché mai faccia giorno,
alla radio, inaudibile, delle sentinelle e della guardia notturna
e degli alberghi dove non ho mai pernottato,
gatto in calore e sporco e bello, oh sì, ostaggi ubbidienti della specie.

Da Veloz eternidad (1999)


LUJURIA

La chair est triste, hélas, pero ¿y la fantasía?,
¿y es mental un pecado si usamos los sentidos?
Por los nueve agujeros del cuerpo, como un guía,
un vértigo fue abriendo las llaves del alivio.

No es el apelo mudo de la especie en el tiempo
que nos habla de lejos como de un deber último.
Ese goce no tiene ni locura ni exceso,
es el dios de los hijos, el secreto del mundo.

A ti, vieja lujuria, te cometí{*} tan poco
y tanto algunas veces, fui más allá del sexo.
Hubo hombres que me amaron, y el amor no es vicioso,
pero a ti te entregué la otra faz del deseo

donde se desvanecen Actos contra naturam
(cuando yo me perdía en las nalgas de Eros)
y hoy palpo en tus palabras -concupiscencia impúdica-
y mi vicio más íntimo acaba en desenfreno.


LUSSURIA

La chair est triste, hélas, ma la fantasia?
è mentale un peccato se usiamo i sensi?
Dai novi buchi del corpo, come una guida,
una vertigine aprì poco a poco le chiavi del sollievo.

Non è l’appello muto della specie nel tempo
a parlarci da lontano di un ultimo dovere.
Questo piacere non è né pazzia né eccesso,
ma è il dio dei figli, il segreto del mondo.

Oh tu, vecchia lussuria, ti ho commesso{*} così poco
e altre volte tanto, sono andato oltre il sesso.
Ci furono uomini che mi hanno amato, e l’amore non è vizioso,
ma a te ho affidato l’altra faccia del desiderio

in cui spariscono Atti contra naturam
(quando mi perdevo nelle natiche di Eros)
e oggi palpo le tue parole - concupiscenza impudica -
e il mio vizio più intimo sfocia nella sfrenatezza.


Da Poeta en el Edén (2012)

{*} Si tratta di una forma di trasgressione sintattica, considerato che in castigliano, così come in italiano, il verbo «cometer» è un transitivo pronominale. Nel testo tradotto ho preferito mantenere la licenza poetica del testo di partenza.


SOUVENIR D’AUTOMNE

Fue en Praga, allá por el otoño
del año 1980, a la hora del té en el Café Europa
y él se llamaba Hyacinthe, como los gatos
deberían llamarse. Olía a jazmín
y me decía “je l’aime encore”.
Nunca te olvidé, Hyacinthe
aux yeux verts, aux cheveux noirs, y hoy
sentado frente a la playa, entre los jazmineros
del Boulevard de la Mer, al borde
del Atlántico en América del Sur, digo
“je l’aime encore” en voz alta
y me río solo mientras dos muchachos
se vuelven para mirar a un viejo que ríe sin motivos, dice
“je l’aime encore” y también huele a jazmines.


SOUVENIR D’AUTOMNE

Fu in Praga, verso l’autunno
del 1980, all’ora del tè nel Café Europa
e lui si chiamava Hyacinthe, come i gatti
dovrebbero chiamarsi. Profumava di gelsomino
e mi diceva “je l’aime encore”.
Non ti ho mai dimenticato, Hyacinthe
aux yeux verts, aux cheveux noirs, e oggi
seduto di fronte alla spiaggia, tra i gelsomini
del Boulevard de la Mer, sulla costa
dell’Atlantico in America del Sud, dico
“je l’aime encore” a voce alta
e rido da solo mentre due ragazzi
si girano per guardare un vecchio che ride senza motivo, dice
“je l’aime encore” e anche lui profuma di gelsomino.

Da La mar en medio (2017)


Traduzione dallo spagnolo di Carmelo Andrea Spadola




Alfredo Fressia
Poeta, traduttore e critico letterario, nasce il 2 agosto 1948 a Montevideo. Figlio di un italiano e di una spagnola emigrati in Uruguay, cresce e si forma culturalmente nella capitale, in cui insegna lingua e letteratura francese fino al 1976 quando, come tanti altri intellettuali del suo paese, viene destituito da parte della dittatura militare. Costretto all’esilio, si trasferisce a San Paolo, in Brasile, dove continua a lavorare come docente e critico letterario. Poeta a tempo pieno, è oggi uno dei maggiori interpreti della poesia latinoamericana contemporanea.

BIBLIOGRAFIA

Raccolte poetiche

  • Un esqueleto azul y otra agonía, Ediciones de la Banda Oriental, Montevideo, 1973.
  • Clave final, Ediciones del Mirador, Montevideo, 1982.
  • Noticias extranjeras, Ediciones del Mirador, Montevideo, 1984.
  • Destino: Rua Aurora, Edição do Autor, São Paulo, 1986; Versione spagnola Destino: Rua Aurora, Mafia Rosa, Ciudad de México, 2012.
  • Frontera móvil, Aymara, Montevideo, 1997.
  • El futuro/O futuro, Edições Tema, Lisboa, 1998.
  • Veloz eternidad, Vintén Editor, Montevideo, 1999.
  • Senryu o El árbol de las sílabas, Linardi y Risso, Montevideo, 2008.
  • Ciudad de papel. Crónicas en movimiento, Trilce, Montevideo, 2009.
  • La mar en medio, Ediciones Lisboa, Buenos Aires, 2017.

Antologie poetiche

  • Cuarenta poemas, Ediciones de UNO, Montevideo, 1989.
  • Amores impares. Collage de poesía creado sobre textos de nueve poetas uruguayos, Aymara, Montevideo, 1998.
  • Eclipse. Cierta poesía 1973-2003, Civiles Iletrados, Montevideo-Maldonado, 2003.
  • Homo Poemas, Trópico Sur, Punta del Este, 2012.
  • Clandestin, L'Harmattan, Paris, 2013.
  • Susurro Sur, Valparaíso México, Ciudad de México, 2016.


carmelo.spadola@unifi.it