FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 38
aprile/giugno 2015

Silenzio

 

LA POESIA DI RIGOBERTO PAREDES NEL
CONTESTO CENTROAMERICANO

di Martha Canfield



1. IL PANORAMA LETTERARIO CENTROAMERICANO ATTUALE

È stato proprio nell’America Centrale dove sono nate le epopee dei popoli maya raccontate in opere fondamentali in lingua maya, molto presto tradotte in spagnolo, come il Popol Vuh o i vari libri di Chilam Balam. È stato nell’America Centrale dove verso la fine del Cinquecento venne scritta una delle prime cronache della conquista, considerata uno dei punti di partenza della letteratura ispanoamericana: la Historia verdadera de la conquista de la Nueva España, di Bernal Díaz del Castillo. È stato in Nicaragua dove è nato il poeta Rubén Darío, che alla fine dell’Ottocento sconvolse la tradizione letteraria consolidata sulle fonti spagnole, assimilando altre tradizioni, in particolare quella francese, e creando una corrente tutta nuova, il Modernismo, che sarebbe stato il punto di partenza della nuova grande letteratura ispanoamericana. Centroamericano, del Guatemala, era Miguel Ángel Asturias, Premio Nobel nel 1967, il secondo latinoamericano, dopo la cilena Gabriela Mistral. Centroamericano, di San Salvador, era il poeta e rivoluzionario Roque Dalton, la cui tragica morte nel 1975 concluse una breve vita d’intenso impegno politico e di creatività poetica. Potremmo continuare, ma si tratta in realtà di lamentare il fatto che malgrado tutti questi straordinari contributi, la letteratura centroamericana sia molto meno conosciuta di quello che merita. Già nel 1997, María Lourdes Cortés, nella Storia della letteratura ispano-americana curata dagli autorevoli ispanoamericanisti francesi Claude Cymerman e Claude Fell, si lamentava precisamente perché «questa letteratura, nel suo insieme, è ignorata fuori dalla regione e a volte perfino poco conosciuta oltre le frontiere di ognuno dei vari Stati».{1}

La situazione in questi due decenni è sicuramente migliorata. I più rappresentativi degli scrittori centroamericani, come Luis Cardoza y Aragón, Augusto Monterroso, Roque Dalton, Ernesto Cardenal, Sergio Ramírez, Gioconda Belli, Claudia Hernández hanno pubblicato le loro opere fuori dai loro paesi e la critica ha cominciato a occuparsene mentre vengono tradotti in molte lingue, in particolare in inglese, francese, tedesco e italiano. In Italia già nel 1990 uscì il primo numero della rivista «Centroamericana», diretta da Dante Liano, docente all’Università Cattolica di Milano, pubblicata all’interno della collana di Studi di letteratura ispanoamericana del prof. Giuseppe Bellini, e la rivista continua ad uscire regolarmente tuttora, fornendo un'importante vetrina di studi e di novità della letteratura dell’istmo.

In Honduras, in particolare, negli anni ’50, ossia gli anni dell’infanzia di Rigoberto Paredes, il panorama politico subì un cambiamento fondamentale: Tiburcio Carías, che aveva governato il paese per ben sedici anni, appoggiato dai capitali delle compagnie bananiere, dopo un decisivo intervento del Dipartimento di Stato nordamericano, lascia il potere e lo succede Juan Manuel Gálvez. Questo cambiamento comporta una liberalizzazione politica e una maggiore apertura culturale; l’economia si diversifica e si avvia un processo d’industrializzazione che non si è fermato. Da qui deriva anche un’apertura verso la cultura internazionale e cominciano a comparire nuove riviste letterarie e a diffondersi traduzioni delle novità letterarie europee e nordamericane. Di conseguenza la letteratura honduregna si apre alle novità delle avanguardie internazionali. È questo il caso dello scrittore e giornalista Roberto Sosa (1930-2011) che con una serie di libri molto rappresentativi, in particolare Mar interior (1967), rinnova il linguaggio poetico honduregno,{2} moltiplicando le figure retoriche, ricorrendo al simbolismo, offrendo una visione multidimensionale della realtà e imponendo per tanto una partecipazione del lettore.

Dopo Sosa, e forse grazie alla sua opera, fiorisce una generazione di poeti che consolidano il contributo locale alla nuova letteratura ispanoamericana. Tra questi vogliamo ricordare José Adán Castelar (1941), Premio Nazionale di Letteratura nel 2003, José Luis Quesada (1948), poeta e narratore, e appunto Rigoberto Paredes nato nel 1948 e improvvisamente mancato il 9 marzo di quest’anno.
Inoltre, anche la prosa si arricchisce nei vari generi della narrativa breve, il romanzo, la letteratura per l’infanzia, la storia e la critica letteraria, la filosofia. Si ricordano in particolare: Eduardo Bähar (1940), narratore dai tratti kafkiani, che si è dedicato anche alla letteratura per l’infanzia (Malamuerte, 1997; El niño de la montaña de la Flor, 2003); Julio Escoto (1944), saggista e narratore, che nel suo romanzo El árbol de los pañuelos (1972) propone una ricerca dell’identità individuale e collettiva dell’honduregno; Roberto Castillo (1950-2008), fondatore della casa editrice Guaymuras e per venticinque anni professore di filosofia presso Università Nazionale Autonoma dell’Honduras, autore sia di saggi sull’essere honduregno (Filosofía y pensamiento hondureño, 1992), che di narrativa breve (Traficante de ángeles, 1996; La tinta del olvido, 2007) e di romanzi (El corneta, 1981; La guerra mortal de los sentidos, 2002); Juan Ramón Saravia (1951), che ha proposto una lettura dissacrante della Bibbia (Paisajes bíblicos, 1985), mentre in altre raccolte poetiche, come Solo para una mujer (1990), affronta il tema dell’amore in maniera anti-romantica. Infine, non si può chiudere questa rassegna senza citare, fra i più giovani, il poeta, editore e gestore culturale Rolando Kattan (1979), cofondatore del Collettivo Paíspoesible, autore di almeno cinque raccolte poetiche, la prima Fuga de sombras, del 2001, e l’ultima Animal no identificado, 2013, tradotto in italiano da Piera Mattei e pubblicato presso le edizioni del Gattomerlino nel 2014. Rolando ha seguito in buona misura la strada aperta da Rigoberto Paredes, si può considerare un suo seguace, e lui stesso ha sottolineato come la poesia dell’Honduras, con la morte di Rigoberto, perde un protagonista fondamentale.


2. EROS E SENECTUTE: SAGGEZZA ESISTENZIALE E POETICA

Da quando Freud pubblica, nel 1920, Al di là del principio di piacere, la dualità Eros-Thanatos entra definitivamente, non solo nell’immaginario, ma anche nel pensiero e nella ulteriore riflessione teorica dell’uomo occidentale. I due concetti, i cui nomi rimandano alla mitologia greca, focalizzano le rispettive pulsioni di vita e di morte ed è proprio nel conflitto fra di loro che Freud spiega i meccanismi fondamentali della psiche. Eros e Thanatos, l’Amore e la Morte: la nostra vita si svolge in mezzo a questo conflitto e la dualità che i due termini incarnano non sempre si presenta con i contorni definiti. Tra di loro c’è il processo dell’invecchiamento, la progressiva decadenza che conduce inevitabilmente alla morte, c’è la nostalgia dell’amore associato alla gioventù e alla forza vitale, c’è la rassegnazione o il rifiuto – inutile ma appassionato quanto può essere l’odio – della morte. La nostra civiltà si basa, come ha spiegato chiaramente Norman O. Brown, in un netto rifiuto della morte e pertanto anche in un’esaltazione della gioventù con relativo disprezzo della vecchiaia, a contrasto con le civiltà orientali dove la morte non viene rimossa ma accettata con serenità.{3}

Tuttavia, negli ultimi decenni è iniziato un cambiamento nel pensiero occidentale, forse a causa della diffusione delle filosofie orientali, forse a causa della globalizzazione – tanto denigrata eppure portatrice di alcuni elementi positivi –, forse per un’evoluzione non prevista del pensiero occidentale stesso… In ogni caso è chiaro che la vecchiaia ha cominciato a essere vista diversamente, soprattutto in rapporto con l’eros. Una delle opere che possiamo considerare precorritrice in questo senso è il romanzo di Gabriel García Márquez, El amor en los tiempos del cólera, del 1985.{4} Ma in genere la visione della vecchiaia continua a essere degradante e denigrante.

Rigoberto Paredes, invece, nella sua poesia ha saputo dare una svolta trascendentale a questa prospettiva. Con la sua straordinaria vitalità, con la sua dolcezza caratteristica, con la sua vasta cultura, lui ha saputo affrontare il degrado del corpo nelle persone amate e in se stesso con una saggezza rara e confortante. Nelle poesie che abbiamo scelto spicca quella dedicata a sua madre, ormai vecchia e sempre meno lucida, e il poeta è capace di descrivere senza mezzi termini i sintomi del suo decadimento ma nello stesso tempo dichiarare il suo amore per lei come un sentimento forte e carico di energia giovanile (v. Come un’elegia). Eppure la forza erotica, il principio vitale che lo spinge nell’esperienza amorosa, è così forte in lui che quando si rivolge alle donne amate, queste hanno sempre il fascino del mistero e la promessa di un dono indescrivibile ma straordinario (v. Tra di noi e Monte di Venere).

Probabilmente questa è forse la ragione per la quale l’oggetto amoroso di Rigoberto è qualcosa di più di una donna: l’amata acquista il valore di una leggenda, o meglio di una Favola, oppure si associa con la figura femminile più alta in assoluto, nella nostra cultura cristiana-occidentale, che è la Madonna, Maria. La poesia che s’intitola appunto Favola gioca con l’intreccio tra devozione erotica e devozione religiosa a partire dalla convocazione della Madonna nella preghiera più ricorrente: «Ave, o Maria, piena di grazia, il Signore è con Te». Dal saluto iniziale, il poeta si lancia nell’evocazione esaltata della donna amata, e dal canto passa al «gesto nervoso delle tue gambe / quando io vengo da te / da cacciatore». In spagnolo lui ha potuto giocare con il doppio significato della parola ave, ossia il saluto latino e il sinonimo di uccello. Questo non avviene in italiano e per questo nella traduzione è stata aggiunta la parola “avis”.

Ma l’amore per la donna, come per la madre, sa accettare il corso naturale del tempo e il poeta riesce a vedere la bellezza anche nel corpo che cambia: in Lezione d’amore II, alla donna che crede di essere disprezzata dal suo amante le dice convinto «Sono al punto giusto le doti migliori del tuo orto». E poi: «Scopri ciò che possiedi sotto gli anni, / ciò che si trova a metà strada in mezzo alla tua vita»; e conclude: «Se ti guardi nello specchio / ti vedrai meglio che mai».
Questa visione dissacrante dei pregiudizi e dei luoghi comuni della nostra società superficiale e consumistica è sicuramente quello che lo porta, non senza humour e dolce solidarietà, a sollevare un inno ai biasimati ciccioni: Elogio dell’obesità.

Infine, non possiamo chiudere queste riflessioni senza un riferimento alla cultura di Rigoberto, alla sua profonda conoscenza di tutta la storia della letteratura e alla sua capacità di coniugare perfino le formule canoniche della poesia medievale con le forme più familiari della poesia contemporanea. Così avviene nel componimento intitolato in spagnolo Mester de huerfanía, che abbiamo tradotto non senza difficoltà Mestiere di orfanezza. Il tema è quello tradizionale, in partenza romantico ma in definitiva di tutti i tempi, del bisogno di essere amati e della nostalgia della persona amata, ideale, sempre sognata, forse irreale. E per dare a questo tema una valenza superiore, il poeta ricorre alla poesia medievale spagnola: mester – derivato da menester, e questo a sua volta dal latino ministerium – era il nome con il quale s’indicavano le scuole poetiche spagnole nel Medioevo, che erano sostanzialmente due, il mester de juglaría, sviluppatosi nel s. XII, componimenti anonimi, che informavano su fatti d’interesse popolare, e il mester de clerecía, del s. XIII, componimenti di autori conosciuti, con lo scopo di insegnare mediante storie emblematiche. Il poeta quindi calca il nome di queste scuole poetiche creandone una nuova, tutta sua, che allude al suo sentimento di abbandono, come fosse un orfano, ma non usa il sostantivo orfandad ma ne inventa uno, huerfanía, che per omofonia evoca sia la juglaría che la clerecía.

Nelle ultime due poesie scelte, Alto mare e Pregio dell’irredento, emerge ancora la forza vitale, l’Eros, anche contro i segnali negativi, anche contro il logorio inevitabile del corso del tempo, e così quello che potrebbe sembrare un viaggio verso un’ora «funesta», verso l’abbandono e l’oscurità, diventa «un’ora felice e da taverna», si apre verso «un altro mondo alto e fresco», un luogo angelico, una concavità che ha le «pieghe succose del suo sesso».

È triste confermarlo, ma forse è vero quello che Rolando Kattan assicurava nel suo dolore, che ciò che non ha detto Rigoberto ormai non lo dirà nessuno, per cui la sua perdita è irrimediabile. Ma forse è anche vero che lui ha aperto una strada per la quale potranno andare avanti i giovani che vengono dietro a lui, in primis lo stesso Rolando Kattan; ed è sicuramente vero che quello che ci ha lasciato non tramonterà mai.



{1}María Lourdes Cortés, "L’Amérique centrale", in Histoire de la littérature hispano-américaine de 1940 à nos jours, direction de Claude Cymerman et Claude Fell, Nathan Université, Noisy-le-Grand (France), 1997, p. 269.

{2}È anche il punto di vista della studiosa del Costa Rica María Lourdes Cortés, ibidem, p. 272.

{3}Norman O. Brown, Life against Death (1959), trad. it. di Silvia Besana Giacomoni, La vita contro la morte, Adelphi, Milano, 2002.

{4}Gabriel García Márquez, El amor en los tiempos del cólera, 1985; trad. it. di Angelo Morino, L'amore ai tempi del colera, Mondadori, Milano, 1986.




POESIE DI RIGOBERTO PAREDES
Da Fuego lento. Antología personal (1989)


COMO UNA ELEGÍA

Mamá ya tiene canas, mal humor y biznietos,
se levanta más tarde,
confunde días y fechas,
habla sola,
oye menos,
se le quema el arroz,
no ve sin los anteojos,
se sabe de memoria las telenovelas,
camina a duras penas
y sólo sale a misa.

Señora
(piedra viva
en mitad
del camino de la muerte)
yo la quiero como a una quinceañera.


COME UN’ELEGIA

Mamma ha ormai capelli bianchi, cattivo umore e pronipoti,
si alza più tardi,
confonde giorni e date,
parla da sola,
sente poco,
brucia il risotto,
non vede senza occhiali,
sa a memoria i telefilm,
cammina a mala pena
ed esce solo per andare a messa.

Signora
(pietra vivente
a metà strada
nel cammino della morte)
io le voglio bene come a una quindicenne.


ENTRE NOS

Debajo de tu falda
se oyen ruidos extraños
algo se mueve allí / entre tus piernas
como sombra en el monte
Se ven ciertas señales de vida en tus adentros
(conchas algas espuma y mensajes de náufragos a salvo)

toda esa tierna herencia de las altas mareas

un viento favorable
desordena el secreto follaje de tu cuerpo
y a veces pareciera
que hace buen tiempo
en los alrededores de tu cama

tengo la sana intención
de aclarar esas dudas
una noche de éstas


TRA DI NOI

Sotto la tua gonna
si sentono strani rumori
qualcosa si muove lì / tra le tue gambe
come l’ombra nel monte
Si vedono certi segni di vita nel tuo interno
(conchiglie alghe spuma e messaggi di naufraghi in salvo)

tutta una dolce eredità dell’alta marea

un vento favorevole
disordina il segreto fogliame del tuo corpo
e a volte sembrerebbe
che faccia bel tempo
nei dintorni del tuo letto

ho la sana intenzione
di chiarire questi dubbi
una di queste notti


MONTE DE VENUS

Tierra fértil
bañada por la miel
de un lago legendario

buena
para el cultivo
del gusto / del tacto / del olfato

rica
en secretos yacimientos
de donde ciertos héroes
extraen el metal de su armadura

(campo de juego y de retozo)

orilla del oleaje
que estalla
bajo sábanas

éste es el monte
lugar donde todos los caminos llevan


MONTE DI VENERE

Terra fertile
bagnata dal miele
di un leggendario lago

buona
per coltivare
il gusto il tatto l’olfatto

ricca
di giacimenti nascosti
dove certi eroi
estraggono il metallo per le loro armature

(campo di gioco e di ricreazione)

sponda per le onde
che si frangono
sotto i lenzuoli

ecco il monte
il luogo dove portano tutte le strade


FÁBULA

Sus alas
como brazos
su plumaje
como ancha cabellera
su canto
como un nombre
su vuelo
como el gesto nervioso de tus piernas
cuando voy yo por ti
de cacería

mi ave o
María


FAVOLA

La sue ali
come braccia
il suo piumaggio
come lunga chioma
il suo canto
come un nome
il suo volo
il gesto nervoso delle tue gambe
quando io vengo da te
da cacciatore

mia avis ave o
Maria


LECCIÓN DE AMOR (II)

Si te ves al espejo
y no pareces como te viste ayer (mejor que nunca),
si te ve con desdén, como si a nadie viera,
el que por ti vivía
viéndose en el espejo, encendido de amor,
no te quejes del tiempo, no te duela tu cuerpo.
Ahora es cuando eres.
Sabiduría / belleza se juntan en tu nombre.
A punto están las dotes mejores de tu huerta.
Lo que ayer diste tierno, falto de calidad,
urgida por los tontos,
pasó sin hacer mella, pasó sin darte cuenta.
Entrégate a la vida, a pecho descubierto,
hoy que sabes blandir, como pocas, el alma.
Descubre lo que tienes debajo de los años,
lo que está a medio andar en mitad de tu vida.
Si te ves al espejo
estás mejor que nunca.


LEZIONE D’AMORE (II)

Se ti guardi allo specchio
e non sembri quella che hai visto ieri (meglio che mai),
se ti guarda indifferente, come se non vedesse nessuno,
colui che viveva per te
vedendosi allo specchio, infuocato dall’amore,
non ti lamentare del tempo, non soffrire per il tuo corpo.
È questo il momento in cui tu sei.
Saggezza / bellezza si riuniscono nel tuo nome.
Sono al punto giusto le doti migliori del tuo orto.
Ciò che ieri davi fresco, privo di qualità,
assillata dagli sciocchi,
è tramontato senza lasciare il segno, senza rendertene conto.
Abbandonati alla vita, a petto scoperto,
oggi che sai come brandire – come poche – l’anima.
Scopri ciò che possiedi sotto gli anni,
ciò che si trova a metà strada in mezzo alla tua vita.
Se ti guardi nello specchio
ti vedrai meglio che mai.


MEMORIA DEL SOLO

¿En qué ajeno paraíso abandonaron
mi humeante corazón, quemado vivo, las mujeres que amé?
¿Bajo que cielorraso se desnudan
y muestran victoriosas el reino que perdí?
Yo, en cambio, nada guardo: ni dicha ni rencor.
Una a una me dieron la gloria merecida
y derrotado fui con sus mejores armas.
El amor es la única batalla
que se libra en igualdad de condiciones.
Yo no pude escudarme, devolver las palabras
con la misma osadía,
sin cuidar mis entrañas,
y los más leves golpes
me alcanzaron de lleno, a la altura del pecho.
Dado ahora a morir en cama extraña
(orgulloso de mí, en paz conmigo),
cierta gloria atesoro, ciertos nombres,
como el viejo guerrero que alivia sus heridas.


MEMORIA DEL SOLITARIO

In quale sconosciuto paradiso è stato abbandonato
il mio cuore fumante, arso vivo, dalle donne che ho amato?
Sotto quale soffitto si spogliano
e trionfanti esibiscono il regno che ho perduto?
Io invece non conservo niente: né gioia né rancore.
Una dopo l’altra mi hanno dato la meritata gloria
e sono stato sconfitto con le loro armi migliori.
L’amore è l’unica battaglia
che si porta avanti in condizioni pari.
Io non ho potuto difendermi, restituire le parole
con audacia simile,
senza proteggere le mie viscere,
e i più lievi colpi
mi raggiunsero in pieno, all’altezza del petto.
Avviato ora alla morte su un letto estraneo
(fiero di me, in pace con me stesso),
una certa gloria ho accumulato, certi nomi,
come il vecchio guerriero che cura le sue ferite.


ELOGIO DE LA GORDURA

Loada sea la gordura, su grasa
llena de gracia, la curva
tensa y relumbrante de sus contornos.
Dichosos sean los seres de ancho follaje,
donde todo el que quiera
halle puesto seguro para pasar la noche.
Gocen de buena fama
esos seres flamantes, exagerados,
vivos retratos de la abundancia.
Ábranles campo por donde vayan;
no los hagan perder
el tiempo, el peso, la vida.
Convídenlos a la mesa, a la cama
(sin mayores recatos ni privaciones)
y celebren en público, a sus anchas,
los deliciosos fastos de la gordura.


ELOGIO DELL’OBESITÀ

Sia lodata l’obesità, il grasso
pieno di grazia, la curva
tesa e risplendente dei contorni.
Beati siano gli esseri di ampio fogliame,
dove chiunque lo voglia
potrà trovare posto per passare la notte.
Possano diventare famosi
quegli esseri fiammanti, esagerati,
ritratti viventi dell’abbondanza.
Lasciateli passare dovunque vadano,
non fategli perdere
del tempo, né il peso, né la vita.
Invitateli alla vostra tavola, al vostro letto
(senza grandi timidezze né divieti)
e possano celebrare in pubblico, a loro agio,
i fasti deliziosi dell’obesità.



ARCANO

Algo en pie quedará
de este reino de furia: seres, brasas, semillas
guardan fresca memoria de otro tiempo
que hoy se estanca entre ruinas.
Sangre fértil
estalla
en algún lugar de Centroamérica.
No tardará en llegar el verde de los días.


ARCANO

Qualcosa rimarrà in piedi
di questo regno di furia: esseri, brace, semi
conservano la fresca memoria di un altro tempo
che oggi ristagna tra rovine.
Sangue fertile
scoppia
in qualche luogo del Centroamerica.
Non manca molto perché torni il verde dei giorni.


VIEJA CANCIÓN

En mi pecho tenía un corazón.
Y para mí tensaba sus cuerdas, el teclado
a una señal tuya,
al acorde más leve de los dos.
Era un haz de sonidos,
una grana gozosa y trepidante,
como un astro, al comienzo,
que estallara a la vida al mando de tu verbo.
Tenía un corazón.
Y yo lo oí cantar cuando tú estabas.


ANTICA CANZONE

Nel mio petto avevo un cuore.
E per me tendeva le sue corde, la tastiera
a ogni tuo segnale,
nell’accordo più soave fra noi due.
Era un fascio di suoni,
una granitura gioiosa e trepidante,
come un astro, nel principio,
che si aprisse alla vita sotto il comando del tuo verbo.
Avevo un cuore.
E l’ho sentito cantare quando c’eri tu.


MESTER DE HUERFANÍA

¿A quién espero aún, a quién espero
cuando vuelvo mis ojos al claror de otros días?
En vano me deleita este sueño de abril,
el lúbrico artificio de sus nimbos.
A una beldad yo busco,
a una beldad perdida en otro tiempo, lejos,
dueña y señora de mi orfandad y de mis llagas.
A ella espero aún, a ella espero
como a la vida espera un condenado.


MESTIERE DI ORFANEZZA

Chi aspetto ancora, chi è che aspetto
quando giro i miei occhi verso la luce di altri giorni?
Invano mi diletta questo sogno di aprile,
il lubrico artificio delle sue aureole.
Una beltà cerco io,
una beltà perduta in altri tempi, lontano,
degna padrona della mia orfanezza e delle mie piaghe.
È lei che aspetto ancora, aspetto lei
come la vita è ancora attesa dal condannato.


MAR ADENTRO

A Rafael Rivera

Ya los barcos doblaron
la esquina de las aguas
que miramos unirse
el cielo arqueado y hondo.
Apenas unas manchas se divisan,
pero aquí, entre nosotros,
presas del abandono,
manos y voces se alzan todavía amorosas.
Los viajeros, en proa, no verán hacia atrás.
Otro mundo despunta, otro mundo alto y fresco
en la cabeza de todos los viajeros.
Noche y día ojearemos las crestas del aguaje.
Talvez el viento arrastre un olor, un silbido,
algo de cuanto asimos fuertemente a los pechos
que hoy vibran apartados.
Como áspera maleza crece el mar en nosotros.
Su falso azul revienta en los peñascos
y sólo nos devuelve restos de lo perdido.
Igual,
la vida nos envía
sus rápidas señales,
a su paso,
muy lejos de esta orilla.


ALTO MARE

A Rafael Rivera

Le navi hanno già superato
il confine delle acque
se vediamo come si uniscono
con il cielo curvo e profondo.
Si scorgono appena delle macchie,
ma qui, tra di noi,
vittime dell’abbandono,
mani e voci si sollevano ancora amorose.
I viaggiatori, sulla prua, non guarderanno indietro.
Un altro mondo emerge, un altro mondo alto e fresco
nella testa di tutti i viaggiatori.
Giorno e notte osserveremo le creste della marea.
Forse il vento trascinerà un odore, un sibilo,
qualcosa di quello che afferriamo con forza contro il petto
che oggi appartato vibra.
Come aspra erbaccia il mare cresce dentro di noi.
Il suo falso azzurro rompe contro le rocce
e ci restituisce soltanto i resti di ciò che abbiamo perso.
Nello stesso modo
la vita ci manda
veloci segnali
del suo passaggio,
molto lontano da questa sponda.


PREZ DEL IRREDENTO

¿Mi hora,
última hora,
ha de llegar
inesperada, impía?
Funesta, inmerecida
no la espero.
Hora feliz y tabernaria
en la que un ángel de verdad
ha de velarme
en los pliegues jugosos de su sexo,
quiero.


PREGIO DELL’IRREDENTO

La mia ora,
la mia ultima ora,
dovrà arrivare
inaspettata, empia?
Funesta, immeritata
non l’aspetto.
Ora felice e da taverna
in cui un vero angelo
mi avvolgerà
nelle pieghe succose del suo sesso,
questo voglio.


Traduzione dallo spagnolo di Martha Canfield




PERCHÉ NON È MORTO UN ASTRO?
di Rolando Kattan


Lo scorso tredici febbraio 2015, presso il Caffè Paradiso, il poeta Rigoberto Paredes presentava la sua ultima raccolta poetica: Irreverencias y reverencias. Ho saputo dal poeta stesso che questo libro era uno dei tre inediti di poesia che aveva e che gli altri due sarebbero stati intitolati rispettivamente Nada que valga pena e Obra Póstuma. E ridendo diceva: «Opera postuma è un titolo per defunti, ma io lo voglio chiamare così».
Oggi, alcuni giorni dopo il nostro incontro e dopo che lui ha lottato per un’intera settimana dura e lunga quanto la prima della Genesi, Rigoberto è spirato. E per lui, da cui ho imparato a pregare con la poesia, ora dico: Dio! Perché non è morto un astro? come scriveva Ricardo Molina, forse perché, come aveva rivelato César Vallejo, tu non hai Marie che se ne vadano!
La causa della sua morte è la stessa dei santi, sedersi a conversare con il monte, e come un fiume inesauribile, conversare, sì, conversare seguendo la corrente; nessuno aveva letto tanta poesia come lui in questo paese, e se non sbaglio (e non credo), nessuno aveva la sua memoria; e se non sbaglio (e non credo), nessuno è stato più generoso, nessuno ha fatto come lui della sua saggezza un albero da frutto, con i rami tesi verso la casa contigua.
Della sua vasta opera, la metà l’ha pubblicata negli ultimi dieci anni, pieno come era di poesia e di vita. Ignoro (perché mi farebbe male dire “so”) se l’Honduras può capire quanto ha perso. Oggi non è morto un poeta laureato, sistemato e confortato nella sua consacrazione, no. Oggi è morto il nostro poeta, ed è morto mentre scriveva. Non è nemmeno il caso di consolarsi dicendo “ci restano i suoi libri”, perché il nostro poeta l’abbiamo perso e il nostro futuro rimane lacerato, per sempre lacerato. Quello che ormai non ha detto Rigoberto, non lo dirà nessuno; e ne avevamo bisogno.

Tegucigalpa, 9 marzo 2015




Rigoberto Paredes
Nato in Honduras nel 1948, è morto il 9 marzo 2015. La sua opera poetica è un pilastro fondamentale della letteratura contemporanea honduregna e latinoamericana. Ha lasciato, inoltre, una vasta opera saggistica. Ha fatto parte dei gruppi letterari “Tauanka” di Tegucigalpa e “Punto Rojo” della Colombia. È stato insignito del premio «It-zamná de Literatura», nel 1983, ed è risultato finalista nei concorsi internazionali di poesia di Casa de Las Américas di Cuba e Plural del Messico. È stato fondatore di vari progetti editoriali: Editorial Guaymuras, Editores Unidos e Ediciones Librería Paradiso, oltre che delle riviste letterarie «Alcaraván» e «Imaginaria». Tra il 1994 e il 1998 ha ricoperto l’incarico di Segretario di Stato per la Cultura.
Opere pubblicate: En el Lugar de los hechos (1974); Las cosas por su nombre (1978); Materia prima (1985); Fuego lento (antologia, 1989); La estación perdida (2001). È coautore, assieme a Roberto Armijo, dell’antologia Poesía contemporánea de Centroamérica, pubblicata a Barcellona nel 1983.


mcanfield@alice.it