FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 28
ottobre/dicembre 2012

Lusso

 

MATTEO BIANCHI, FISCHI DI MERLO

di Caterina Camporesi



Fischi di merlo (2011), la seconda opera poetica, (Poesie in bicicletta è del 2007) di Matteo Bianchi, giovane poeta di talento e impegnato su più fronti culturali, è composta da quattro sezioni, ognuna introdotta dalla fotografia della targa di vie che marcano quattro zone dell’antica città di Ferrara. In tutto i testi qui raccolti sono sessanta, con l’aggiunta di una prosa poetica e d’un dialogo in versi; inoltre il libro è arricchito da diverse illustrazioni.
Il titolo evoca suoni, atmosfere, percezioni e riflessioni che hanno coinvolto la sensibilità e il pensiero di numerosi e importanti poeti. Oltre a Montale, vale la pena ricordare un verso tratto da “La verità, vi prego, sull’amore” di Wystan Hugh Auden: - Non so che cosa mi cantasse il merlo -. Questa scelta è giustificata per contrasto: infatti Ferrara è una città situata in pianura e il canto dei merli in primavera ha un significato chiaro. All’alba annuncia il giorno e alla sera la notte. Due tempi che possono simbolizzare due eventi estremi: la nascita e la morte.

L’appartenenza a un territorio non significa soltanto condividerne la vita quotidiana, ma averne anche in comune la componente simbolica che sprigiona. Per quanto concerne la città di Ferrara, ciò significa aderire all’anelito metafisico che più di tutto la identifica. Se così è, lo spazio fisico si trasforma in spazio mentale, aprendo itinerari verso l’Oltre.
Il merlo, simbolo del limbo e quindi della stasi, coi suoi fischi sollecita l’entrata nella vita e all’impegno che, nel caso del poeta, riguarda la ricerca e l’oggettivazione della parola poetica: i fischi allora segnalano l’interruzione del silenzio, sempre in “agguato” a sgretolare l’unità della propria identità, essi premono per essere un tutt’uno con i disincantati/secondi fini.

La raccolta, sin dall’inizio, coinvolge positivamente ed empaticamente il lettore appassionandolo alle vicende della sua narrazione poetica. Essa documenta un percorso di crescita contrassegnato da soste lungo stazioni di una Via Crucis e, come afferma nella quarta di copertina Mario Specchio, “c’è una saggezza amara e antica in questo giovane poeta”, (…) “si ha l’età”, come afferma Mauriac, “delle proprie sofferenze, della propria saggezza conquistata”.
Ed è proprio attraversando quelle stazioni che Bianchi può accogliere la complessità e la singolarità del suo Sé, umano e poetico, in una relazione dialettica con il mondo interno e quello esterno.
Ogni nascita, sul versante psichico e culturale, è seguita da più rinascite, la più interessante avviene quando l’autore lascia la città che lo ha visto nascere, accompagnandolo e nutrendolo poi nella sua maturazione. Lasciandola, ripercorrendone i luoghi e affrontando la dolenza della perdita, a “smarrire senza più ritrovare”, egli può ricrearla nell’atto poetico all’interno di una esperienza in divenire che, impastando luci e ombre, pause e fatiche, salite e salti, lo portano a comprendere che: “Felicità non è mai equilibrio”.

Molti significati, poi, non si manifestano in concomitanza col vivere, ma in un secondo tempo, quando la parola poetica li scova sepolti tra le pieghe dell’anima e contribuisce a diventare un tutt’uno con le proprie finalità. Così il processo di individuazione aiuta ad uscire dalla mischia, a coltivare inedite speranze e a credere anche nelle illusioni, che sono comunque estrinsecazioni del credere.
Pur snelli, i versi della raccolta, conquistano una compattezza e coerenza nella tessitura che nell’insieme realizzano anche grazie al contributo grafico delle immagini.
Fischi di Merlo raccoglie l’itinerario di maturazione di Matteo Bianchi che, partendo da VIA ASSIDERATO raggiunge VIA PARADISO passando da VIA BUONPORTO e VIA PORTA D’AMORE.


Matteo Bianchi, Fischi di merlo, Edizioni del Leone, 2011, pagg. 64, euro 8.




POESIE DI MATTEO BIANCHI
da Fischi di merlo



*

Si scende e si sale,
un fiammifero spento
stretto nel pugno
e il timore lieve
o la speranza greve
si accenda in mano
strofinando in un miraggio
o in un incubo in ritardo
e illumini l’ultimo vano,
il baule lasciato ansimare
in stazione, tra polveri care.


*

La mia tranquilla agonia
         è consumata,
         si è smagata.
    È qui il vuoto sordo
   a versare la follia
e intorno scossi passati
     mi vengono incontro
da ieri,dintorni allunati
     ancora insistenti:
    dove inizia l’aurora?


*

C’è un pezzetto di arcobaleno
stampato sul nero del televisore;
sarà venuto a cercarmi?


*

Una qualsiasi città
in cui scavare
i propri angoli strani
nel cielo di rame
al mutare d’animo.





Matteo Bianchi (1987)
si è laureato a Ferrara in Lettere Moderne; oggi studia Filologia moderna e contemporanea presso l’Università Ca’ Foscari di Venezia.
Ha pubblicato le raccolte Poesie in bicicletta (Este Edition 2007) e Fischi di merlo (Edizioni del Leone 2011). Suoi testi sono apparsi in alcune antologie, riviste e tradotti in francese.
È tra i fondatori del blog letterario corrente improvvisa.


camporesicaterina@interfree.it