FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 23
luglio/settembre 2011

Vulcani

 

IL CINEMA A PAROLE

di Verónica Becerril



STROMBOLI
di Roberto Rossellini


L’argomento di questo numero di Fili d’aquilone, VULCANI, all’inizio mi ha fatto venire in mente tutti i film “catastrofisti”, quelli sull’eruzione delle montagne di fuoco che travolgono tutto ciò che trovano intorno e sotto di sé. Però, pensandoci bene, alla fine mi sono ricordata di un grande film che parla di un vulcano, ma non tanto del pericolo che rappresenta e la distruzione provocata quando si risveglia, bensì per l’impronta lasciata sul carattere – come un particolare timbro – nella popolazione che ci convive. Per questo motivo ho scelto di parlare di uno dei film classici della filmografia italiana: Stromboli, terra di Dio, di Roberto Rossellini.

Stromboli, titolo ispirato dall’isola eolica dove alberga il vulcano e le dà il nome, è un film in bianco e nero del 1949, in cui si narra la vita isolana dell’epoca, che poi non si allontana molto da come è tutt’oggi. Film considerato un superbo esempio del neorealismo italiano, soprattutto perché la maggior parte degli attori, tranne la protagonista Ingrid Bergman, sono gli stessi abitanti dell’isola. Non si può negare il tono da documentario di questa pellicola quando si scoprono dettagli come, per esempio, la vera eruzione del vulcano durante le riprese che fornì a Rossellini alcuni spunti, seguitando a girare nel momento della reale evacuazione della popolazione.

Il film parla di Karin (Ingrid Bergman), profuga lituana, che per fuggire da un futuro incerto durante la seconda guerra mondiale tenta di raggiungere il Sudamerica. Le viene negato il visto e non ha altra soluzione che quella di sposare Antonio (Mario Vitale). Il marito la porta con sé nella sua città natale, l’isola di Stromboli, appunto. Il regista mostra, con limpido realismo, la vita sotto il vulcano di Karin: isolani chiusi nelle loro tradizioni, retrogradi, rozzi e dediti soltanto alla pesca. Un modo di vivere che lei non apprezza, la soffoca.

Roberto Rossellini, con grande dominio della narrazione, mette in evidenza pian piano l’imprigionamento nel quale si ritrova la protagonista, il marito che diventa sempre più aggressivo, spinto dalle chiacchiere della gente che ne alimentano la gelosia. Tutto cambia quando la donna rimane incinta, evento che le dà la spinta, di cui aveva bisogno, per prendere la decisione di abbandonare l’isola. Karin trova aiuto soltanto nel guardiano del faro (Mario Sponzo), ma la sua fuga non avrà un esito positivo.

Il film non ebbe molto successo in Europa, ma in America fu molto atteso, soprattutto per via della relazione sentimentale nata tra Rossellini e la Bergman, entrambi sposati, e la successiva nascita del loro primo figlio. Personalmente lo vedo come un grande documentario sull’Italia dell’epoca: lo scontro di pensiero, di mentalità così diverse e la durezza della vita isolana. L’amore con il regista fermò la carriera della Bergman per un paio di anni, ma l’attrice con Stromboli, terra di Dio realizzò un sogno personale: aveva scritto a Rossellini con ammirazione, dopo aver visto Roma città aperta e Paisà, dicendogli che sarebbe stata entusiasta di poter lavorare in un suo film.
A coloro, suppongo pochi, che non lo abbiano ancora visto, e a quelli che da tempo non lo rivedono, consiglio vivamente di sedersi davanti a Stromboli e di lasciar scorrere le immagini di questa vulcanica pellicola.



becerril.veronica@gmail.com