FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 7
luglio/settembre 2007

Altre terre

VETRO CHE RIFLETTE LA VITA:
LA POESIA DI CARLOS MACHADO

a cura di Vera Lúcia de Oliveira


Carlos Machado, nato a Muritiba (Bahia) nel 1951, risiede dal 1980 a San Paolo del Brasile, è giornalista specializzato in informatica. Laureato prima in ingegneria e poi in giornalismo, pubblica da diversi anni una rivista letteraria in internet, Poesia.net, di grandissima diffusione in Brasile e non solo. Autore di vari libri tecnici, esce ora con la prima densa raccolta poetica, dopo aver pubblicato testi sparsi in note riviste letterarie e aver rimandato a lungo, anche se spesso sollecitato da ammiratori e amici, il momento di riunire le poesie in un libro.

Pássaro de vidro [Uccello di vetro] è davvero una bella e gradita sorpresa per noi lettori di poesia, un tanto assuefatti - soprattutto per quanto riguarda la poesia brasiliana degli ultimi anni - a un metalinguismo inospitale che, se sembra soddisfare i poeti, altrettanto non si può dire per gli appassionati della musa lirica.

Affermano molti studiosi che il metalinguaggio in poesia e in letteratura non è che una risposta - forse un po' radicale e stizzita - da parte di poeti e scrittori a una società che li ha emarginati, che li ha relegati in un angolo dal quale non dovrebbero uscire, visto che per loro non c'è più posto nel mondo, almeno non in questo alienato e massificato mondo odierno. Parlare dell'arte, della parola, delle poetiche, ripiegarsi su se stessi, pare essere l'ultimo messaggio di questi disperati bardi che non rinunciano, comunque, all'antica vocazione profetica di risvegliare le coscienze. Sennonché, in questo modo ermetico di comunicare la loro ribellione, i poeti non fanno che confermare il giudizio superficiale, e affatto innocente, di quanti vorrebbero condannare al silenzio completo la parola poetica.

Ben vengano, quindi, libri come Pássaro de vidro, che hanno molto da dire, e che vogliono farlo, usando il codice linguistico della tribù, non solo e non sempre quello per gli "iniziati". Tanto più che Carlos Machado ci regala delle gemme, non al modo concitato degli esordienti, bensì con ragionata pacatezza, con eleganza e rigore. I versi che, si immagina, decantino a lungo, hanno una essenzialità di parola sobria e spoglia, senza la secchezza spigolosa di un poeta come João Cabral de Melo Neto e, per un certo periodo, dello stesso Carlos Drummond de Andrade, quest'ultimo uno dei punti di riferimento per Machado, ma anche senza la mitezza lirica di un Manuel Bandeira.

Diciamo che Carlos Machado, fra tanti grandi maestri di poesia, ha trovato la sua misura, fatta di versi corti e asciutti, che iniziano con la lettera minuscola, come a indicare l'assenza assoluta dei toni magniloquenti. Le poesie sono, anch'esse, per lo più brevi ed epigrammatiche, sebbene abbiano una densità di parola cercata e scavata, al modo di Ungaretti, "nella vita / come un abisso". Valga per tutti questo breve componimento, formato da due distici, dal titolo "Heraclitiano": "na segunda chicotada / você já é outro // - não importa o lado / do chicote" ["alla seconda frustata / sei già un altro // - non importa il verso / della frusta"].

Il libro è diviso in tre sezioni, "Horológio", "Pássaro de vidro" e "Garrafa de náufrago", che compongono, tuttavia, un testo fortemente unitario per forma e contenuto. L'uccello di vetro, titolo della raccolta, è la metafora che ritorna spesso, nelle sue varie modulazioni: ora è la sabbia della clessidra, anonima e fragile, ora è il tempo inesorabile, ora è il battito crudele di ogni orologio, ora è il mistero delle cose che ci stanno intorno, che riproducono la vita ma che non hanno in sé la vita, come il fermacarte di cristallo, a forma di uccello, che è solo un simulacro e che non volerà, nonostante abbia le ali.

Il poeta si chiede se la vita apparente che molte volte viviamo, sia anch'essa il simulacro di una vita diversa, che il dolore - sempre il dolore - restituisce aspramente alla coscienza. Molte delle poesie finiscono con punti interrogativi, sono esse stesse domande di chi cerca - nei ciechi meccanismi che macinano, sottraggono e cancellano i desideri degli uomini - una logica, una ragione. Ma non c'è nessuna logica e nessuna ragione, sembra ricordarci il poeta, che non sia la percezione dell'attimo intenso di vita e di poesia, l'immanente, nel momento stesso in cui attraversa i nostri corpi. La "lavra", il minuzioso lavoro del cercatore d'oro, o del cercatore di ore che è il poeta, non può che portare ad altre ricerche, visto che vivere non è trovare il metallo prezioso, ma forse solo e sempre cercarlo: "aqui é a lavra / dos relógios // os homens com / suas bestas / procuram no chão / o sentido de procurar // dia e noite / vento e coice / a terra / não dá respostas" [qui è la cava / degli orologi // gli uomini con / le loro bestie / cercano nel suolo / il senso del cercare // giorno e notte / vento e calcio / la terra / non dà risposte].




POESIE DI CARLOS MACHADO


Le poesie "Anjo muritibano", "Heraclitiano", "Sábado", "Alma de relógio 2" e "Maturi" sono tratte dal libro Pássaro de vidro (Hedra, São Paulo, 2006). Le altre sono inedite, gentilmente concesse dal poeta per questo numero di "Fili d'aquilone".



ANJO MURITIBANO

sim, uma vez
vi um anjo

nada dos anjos
católicos
gabriéis
armados e vingativos

nada dos anjos
de Rilke
alemães terríveis

meu anjo
sem asa
e sem palavra
não foi visto num castelo
em Duíno
mas numa casa
chã e rasa
em Muritiba

era um anjo
pequenino
morto morto
placidamente morto

estava
numa
caixa de sapatos


HERACLITIANO

na segunda chicotada
você já é outro

- não importa o lado do chicote


SÁBADO

cavalos burros
jumentos
na rua:
é dia de feira

no paralelepípedo
a pata do quadrúpede
acende uma centelha


ALMA DE RELÓGIO (2)

É na mudança que as coisas
Acham repouso.

Heráclito

não dormes:
teu único
repouso
é descobrir-te
em cada momento
sempre
desigual a
ti mesmo


MATURI

Para Isabel Maria Sampaio Oliveira

Até o prazer dói.

Dói como fruto
que desponta
na ponta do galho,
caju impreciso.

Esse fruto -
o que está para vir
- precisa de sol
minérios
e da roleta de
chuvas e brisas.

Precisa
Do que não está
na língua
dos profetas para
se tornar o doce
caju sem travo,
a essência da fruta.

O amor dói.

Dói e requer
energia, confluência
de sóis, anzóis
atados ao cordão
da melancolia.
Anzóis que carecem
fisgar a essência
do outro.

E ser - apenas ser - dói.

Dói porque tudo
é incerto e impreciso.
Nenhuma certeza
tem rosto
de pedra.
Depois de sábado
quem garante
um infalível domingo?




PROVÉRBIO 3

o pássaro voando
é um deus confuso
entre se e quando


FERREIRO

malhar o ferro frio
até que do bruto
metal desponte
o fio da navalha

malhar até que o aço
rubro de cansaço
se renda ao sopro
de um calafrio

e que da matéria
distante e alheia
salte faiscante
uma centelha


AVENIDA REBOUÇAS

À porta da loja,
o palhaço
dança
para chamar a freguesia.

Do alto de enormes
pernas de pau,
ele sabe que, para sobre-
viver, um homem
precisa ter
cinco metros de altura.

05/08/2006


SI MENOR

o pó o pouco o precário
o que respinga
na torneira do gesto
o que se perde
na elipse da sílaba
o que não se refaz
nas alforrias do sábado
o si menor do silêncio
as vassouras febris
destelhando cabelos
a erva daninha que
rói o rosto do aço
os dentes de serra
dos ratos subtraindo
manhãs que não serão

25/10/2006


CAÇADOR

o amor carrega no bolso
sete grãos de chumbo

pisa torto enxerga pouco
e olha de través

nos dias ímpares
vai à caça

nos pares se recolhe
para chorar

quando sai não diz aonde
vai nem deixa pista

quando chega destrói
a casa e

espalha violetas
pelo chão

o amor carrega no dorso
sete grãos de chumbo


ANGELO MURITIBANO

si, una volta
vidi un angelo

non di quegli angeli
cattolici
gabrieli
armati e vendicativi

non di quegli angeli
di Rilke
tedeschi e terribili

il mio angelo
senza ala
e senza parola
non lo vidi in un castello
a Duino
ma in una casa
umile e povera
a Muritiba

era un angelo
piccolino
morto morto
placidamente morto

stava
in una
scatola di scarpe


HERACLITIANO

alla seconda frustata
sei già un altro

- non importa il verso della frusta


SABATO

cavalli muli
asini
nella strada:
è giorno di mercato

sul selciato
la zampa del quadrupede
accende una scintilla


ANIMA DI OROLOGIO (2)

È nel cambiamento che le cose
trovano riposo.

Heráclito

non dormi:
il tuo unico
riposo
è scoprirti
ad ogni momento
sempre
disuguale a
te stesso


MATURI1

Per Isabel Maria Sampaio Oliveira

Persino il piacere duole.

Duole come frutto
che sboccia
sulla punta del ramo,
acagiù impreciso.

Questo frutto -
ciò che sta per divenire
- ha bisogno di sole
minerali
e della roulette di
piogge e brezze.

Ha bisogno
di quello che non c'è
nella lingua
dei profeti per
diventare il dolce
acagiù senza l'agro,
l'essenza del frutto.

L'amore duole.

Duole e richiede
energia, confluenza
di sole, esche
legate al cordone
della malinconia.
Esche che necessitano
di catturare l'essenza
dell'altro.

Ed essere - solo essere - duole.

Duole perché tutto
è incerto e impreciso.
Nessuna certezza
ha viso
di pietra.
Dopo il sabato
chi garantisce
un'infallibile domenica?




PRO-VERBIO 3

l'uccello volando
è un dio confuso
fra il se e il quando


FABBRO

battere il ferro freddo
finché dal bruto
metallo spunti
il filo del coltello

battere finché l'acciaio
rovente di fatica
si arrenda al soffio
di un fremito

e che dalla materia
distante e aliena
salti sfavillante
una scintilla


AVENIDA REBOUÇAS2

Sulla porta del negozio,
il pagliaccio
danza
per richiamare i clienti.

Dall'alto di enormi
gambe di legno,
egli sa che, per soprav-
vivere, un uomo
deve essere alto
cinque metri

05/08/2006


SI MINORE

la polvere il poco il precario
quello che gocciola
nel rubinetto del gesto
quello che si perde
nell'eclissi della sillaba
quello che non si rifà
nelle liberazioni del sabato
il si minore del silenzio
le scope febbrili
che scoperchiano capelli
la mala erba che
rode il volto dell'acciaio
i denti di sega
dei toppi che sottraggono
mattini che non saranno

25/10/2006


CACCIATORE

l'amore porta nelle tasche
sette chicchi di piombo

cammina storto vede poco
e guarda di traverso

nei giorni dispari
va a caccia

nei pari si raccoglie
per piangere

quando esce non dice dove
va né lascia orme

quando torna distrugge
la casa e

sparpaglia violette
per terra

l'amore porta sul dorso
sette chicchi di piombo



1Maturi, parola di origine tupi che indica il frutto dell'acagiù ancora verde, in cui la polpa del frutto, che non si è ancora sviluppato, non si distingue dall'anacardio, il seme esterno. Significa anche quel che sta per essere, per divenire

2Una delle più importanti strade della città di San Paolo.

Traduzione di Vera Lúcia de Oliveira

 

velucia@tin.it