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Come è ben saputo, Brandolini è nato a Frascati, vicino a Roma, ma ha trascorso i primi vent’anni della sua vita a Monte Còmpatri, fino al suo trasferimento definitivo a Roma, dove ha studiato, si è laureato in Lettere Moderne, si è sposato, ha fatto due figli e ha portato avanti tutta la sua appassionata carriera letteraria, scrivendo poesia e critica, leggendo autori classici e contemporanei, creando nel 2006 la raffinata rivista letteraria “Fili d’aquilone” e cinque anni dopo l’omonima casa editrice, e infine traducendo e divulgando soprattutto poeti spagnoli e ispanoamericani. Tuttavia, quello che è importante tener presente è il suo legame originario con l’ambito più agreste che urbano di Monte Còmpatri e con suo padre che si dedicò sempre a lavorare la terra, alle coltivazioni, inclusa la viticoltura e la produzione del vino. Questo legame diventa, in effetti, la fonte precisa e profonda di uno dei suoi primi libri, Poesie della terra (2004), di cui sta per uscire una nuova edizione. Eppure, anche se Brandolini nella vasta opera poetica pubblicata ha dimostrato un rinnovato interesse per tematiche diverse e la capacità di ricreare il suo stile, il legame con suo padre e con la terra rimane il nodo fondamentale della sua visione del mondo, dell’esistenza e della creazione.
Nella sua ultima raccolta, Il fuoco della luna, uscita nel mese di maggio dell’anno scorso, e dedicata a suo zio Lallo, è preponderante la presenza della famiglia, non soltanto nelle dediche, ma anche nelle tematiche e nell’analisi insieme psicologica e poetica dei sentimenti che lo legano al padre, alla moglie, ai figli e poi anche agli animali, alla natura, alle radici ancestrali e spirituali dalle quali si sente sviluppare il seme della poesia stessa.
Il libro è diviso in quattro parti, tre in versi liberi e una in prosa; ma c’è la volontà da parte dell’autore di dare ai componimenti un'unità armoniosa, in modo che il lettore senta che al di là dei diversi temi, soggetti o destinatari poetici, ci sia un filo conduttore che guida verso un messaggio centrale, unico. La prima parte, intitolata Sulla soglia del sonno, è costituita da undici poesie in versi liberi, le quali hanno tutte due strofe, ognuna di nove versi. L’epigrafe iniziale, citazione di due versi del poeta nordamericano Mark Strand, avvia subito il lettore verso uno dei concetti alla base delle poesie che seguono: «Quando camminiamo al sole / le nostre ombre sono zattere di silenzio». Così come l’ombra viene accanto a noi sotto la luce, il silenzio non solo ci accompagna, perché era prima della parola e torna sempre, ma ci apre la strada della serenità e della rivelazione. La “soglia del sonno”, in effetti, è la porta del cammino verso l’interiorità, ed è lì che la voce poetica si fa sentire, emerge e avvia verso la creatività.
L’immersione nell’interiorità, come non poteva essere diversamente, fa rifiorire ricordi del passato e le immagini vissute o sognate delle persone più amate. La prima poesia parte dall’evocazione di un geranio, il cui “odore impastato / alla terra porta lontano”, e così, in armonia con la natura, seguendo la saggezza degli alberi, imparando dalla loro “imperturbabile serenità”, lezione senz’altro ricevuta in primo luogo da suo padre, il poeta inizia il suo viaggio interiore. La seconda poesia, Il bambino senz’ali, offre la memoria della propria infanzia, dei paesaggi romani che lo affascinavano, che lui accarezzava con gli occhi e che avrebbe voluto percorrere in volo; ma privo di ali – “bambino senza ali” –, lo fa passando dai rami di un albero a un altro, perfino di notte, sfidando il buio, perché “la vita iniziava all’alba” e lui sa di già che l’ombra e il silenzio sono “la soglia del sonno”, quindi anche del sogno e della rivelazione.
La terza poesia è un dialogo con sua figlia, non più nel passato ma nel presente, come lo evidenziano i tempi verbali e il tema del dolore per l’inevitabile allontanamento dei figli che crescono: “A questo dolore mai ci si abitua, apro la porta / della stanza e non ci sei”. E qui emerge il messaggio centrale: l’accettazione dello scorrere della vita, dove insieme ai dolori che esso comporta si devono saper trovare nuovi doni. E più chiaramente ancora questo messaggio compare nella poesia settima, A volte si apre una voragine, anche questa dedicata a sua figlia, che si chiude con questa rassicurante affermazione:
Le cose che arrivano sono sempre
belle anche se a volte ci strapazzano, ci spaventano.
L’ultima poesia di questa prima parte è dedicata allo zio Lallo, le cui parole, i suoi consigli, i suoi abbracci, anche se lui non c’è più, donano sempre conforto e perfino “un’umile allegria”.
Nelle altre poesie abbondano animali e natura e questa preponderanza si può interpretare come un ulteriore omaggio a suo padre o come la conferma del suo legato. Ma in mezzo al tumulto caotico della vita, come viene decisamente espresso nella poesia ottava, Parole nella carne, sapendo riconoscere la “soglia del sonno” si potrà incidere il buio e percepire la luce, penetrare nel silenzio e incontrare le parole vere e quindi la poesia, o detto diversamente, l’inaspettato calore della luna:
[…] Incido parole
nella carne scrutando il fuoco gelido della luna.
La seconda parte, intitolata Le radici delle nuvole, è composta di quattordici poesie in prosa, tutte divise in due brevi paragrafi. Qui predominano gli animali, non necessariamente domestici, che offrono chiari segnali di saggezza naturale e di vitalità. Così le formiche sono un esempio di tenacia: “trasportano briciole, le infilano in tunnel segreti”; l’orso, attraverso il suo sguardo, suggerisce una luce – misteriosa ma sicura – di fronte ai segreti della vita; la tortora lancia un richiamo che si arricchisce dei beni del giardino; la coccinella porta sempre fortuna; il pesce, anche senza parlare, riesce ad aprirsi al dialogo; i gabbiani insegnano a non arrendersi duellando con il vento… Questo rifugio nella natura corrisponde senz’altro all’audacia per affrontare il male; così la forza di resistenza, come diceva María Baranda citata nell’epigrafe iniziale di questa seconda parte, si custodisce su “piccole barche di piombo”, perché non deve scomparire mai. Inoltre, in questa scuola di saggezza in cui si muove il poeta, si conferma come il cielo e la terra siano strettamente legati, perché la vita scorre grazie a radici indistruttibili che vengono dalle nuvole. Allora non può mancare il ricordo del primo maestro avuto in questa scuola di vita presente e concreta, dove non ci sarà “il terrore di perdersi in idee astratte”, cioè il padre, che ha insegnato a vivere nel concreto di ogni giorno. Egli è poi al centro dell’undicesima poesia, La baracca:
[…] Un figlio non dimentica nulla, ecco il sentiero che conduce alla vigna, alla baracca dove d’estate il padre dormiva per poi all’alba riprendere il lavoro.
La sezione si chiude con l’ingresso di un inaspettato personaggio, L’angelo dalla faccia triste, che compare in un momento difficile per il poeta (“ci siamo persi ma potremmo di nuovo incontrarci”), precisamente per stimolare ad andare avanti, per ricordare che sempre si può ricominciare e che non mancherà mai la solidarietà che viene dall’alto, misericordia e grazia angelica, che deriva naturalmente da quella divina:
Un battito d’ali, mi giro e scorgo un angelo dalla faccia triste ma gli sorrido lo stesso perché porta con sé un soffio di gioia, di allegria.
La terza parte, intitolata Tutto sembrava così facile, è composta di venti poesie in versi liberi, tutte divise in due strofe di sei versi ciascuna. La sezione si apre con un’epigrafe di Eliot, che esalta il valore dell’umiltà: “La sola saggezza che possiamo sperare di ottenere è la saggezza dell’umiltà: l’umiltà è senza confini”. Così Brandolini comunica un altro dei concetti fondamentali della sua formazione: i valori cristiani, in particolare questo dell’umiltà. Perché tutto il percorso che si propone al lettore, soprattutto in questa terza parte, l’abbattimento del buio verso la luce e del silenzio verso la parola, non deve sviluppare l’orgoglio né la vanità, ma l’umiltà, come insegnano i Vangeli.
La prima poesia è dedicata ai figli, Simone e Flavia. Come l’aveva già espresso, la vita è un ciclo che non si ferma e anche se certi cambiamenti possono comportare dolore, è giusto accettarli, vivere l’hic et nunc, il presente, qui e ora; anche se sia pure giusto non dimenticare il passato. I figli crescono, cambiano, intraprendono la propria strada, costruiscono la propria dimora, il proprio ambito, le proprie “città in miniatura”, probabilmente diverse da quelle dei genitori; ma non dimenticare il passato e l’amore a esso legato è pure giusto. Di conseguenza il poeta-padre dichiara la sua accettazione del cambiamento, conferma il suo costante amore, ma fa anche una richiesta:
[…] contento di vedervi prendere
la vostra via, fare delle scelte ma ogni tanto voltatevi
indietro! Non portate dolore a chi vi ama e continuate
a costruire, perfette, benché invisibili, città in miniatura.
Nel ciclo vitale nulla si perde, ogni piccola creatura vive, muore e in seguito partecipa a una nuova rinascita: “Le foglie sgualcite cadute dal castagno vestono / la terra umida di fine novembre”. L’individuo è parte del cosmo che a sua volta lo configura: “Un gatto ti fissa con gli occhi gialli: ed è lì che vedi / arrivare l’universo coi suoi astri, la dolce via lattea, / le inesauribili stelle”.
In questa terza parte compaiono molti animali, la lumaca, gli uccelli, ma anche animali domestici come il gatto e, naturalmente, il cane, amico e compagno: “nello sguardo buono del cane / trovi la forza di sorridere e riprendere il viaggio”. L’aiuto dell’amico è necessario perché nella vita che scorre accadono anche disgrazie, tante volte inaspettate, ed è meglio esserne pronti, magari su “zattere di silenzio”, che paradossalmente possono aprirci il cammino della luce, un percorso nuovo, e così sollevarci dalla rovina del passato quando – ancora paradossalmente – “Di notte ti scalderà il fuoco della luna”.
Alla base del pensiero di Brandolini ci sono dei paradossi come infrangere il buio per trovare la luce e dissodare il silenzio (titolo della sesta poesia) per incontrare le parole. Questi paradossi costituiscono il fondamento e il filo conduttore della raccolta poetica. E non è da escludere che la loro origine sia legata al pensiero cristiano e agli insegnamenti dei Vangeli, in particolare al Discorso della Montagna.
Agire attraverso la creazione poetica è molto più di un passatempo: “Scrivere / è un respiro lento che dona linfa al cuore, a mani / e piedi”. Scrivere, trovare le parole, significa accendere le luci, aprire una finestra diversa, un’altra prospettiva rispetto al passato che comporta dolore, e quindi riuscire ad affrontarlo con un sorriso, ossia con serenità e saggezza. Trovare le parole, scrivere infine, può definirsi, come lo dice l’autore nella poesia L’ultimo tentativo, “l’istante di accendersi dentro e sorridere / agli angoli più cupi del passato, farli saltare in aria”.
Dal silenzio arrivano le parole recita il titolo della decima poesia, e dobbiamo imparare a trovare quelle parole. Il “non detto” è una pietra ed essa “rotola nel giardino dei giorni”; il “non dicibile” ci blocca. Bisogna lottare contro di loro, affrontare e attraversare il silenzio. Allora arriveranno le parole, piene di vita e di profumi della natura, “dell’erba tagliata, del rosmarino, delle rose”, parole superbe, che vanno al di là del tempo e sopravvivono alla stessa natura, parole che “regalano un particolare benessere e morbide carezze”. Se dobbiamo affidarci alla speranza è perché essa ci condurrà all’origine delle parole, dal buio alla luce, dal non detto al dicibile:
[…] I raggi lunari
aprono sentieri tra le foglie adagiate
sull’erba e la notte scava un fossato circolare
dove fluttuano barche di carta cariche di parole.
Tuttavia, convinti di fare la scelta più giusta e guidati dalla speranza vivere l’hic et nunc, non si può cancellare il passato, dimenticare gli esseri amati che non ci sono più. Come era già stato chiesto ai figli, ogni tanto bisogna voltarsi indietro, ricordare le persone amate che non ci sono più e concedere loro lo sguardo, le parole, l’amore. Così ricompare nuovamente il padre, riportando ricordi sempre gioiosi, e anche altri morti, perché non è possibile vivere senza di loro, anche se la strada sarà sempre attiva e luminosa e non si smetterà di andare avanti. Proprio per questo la speranza è fondamentale: fede e speranza, umiltà e amore, questi sono i principi che sostengono il viaggio positivo per la vita. E il poeta lo conferma:
[…] Il buio non spaventa se permane la speranza
di vedere il sole e scaldare il corpo al suo tepore.
Mi sveglio e una raffica di colori rallegra il giorno
che con calma si innalza al di sopra delle montagne.
La quarta parte, intitolata Nella terra di nessuno, è composta di ventitré poesie in versi liberi, tutte con una sola strofa di undici versi. Quest’ultima parte intensifica in quantità e in riferimenti personali i concetti esistenziali delle parti precedenti. Già il titolo riporta al concetto dell’unità individuo-cosmo: nella terra – nel cosmo – che ci ha creati, ci siamo tutti, per cui la terra non è di nessuno ma di tutti. In essa però, nel percorso della vita, così come ci arrivano tante cose positive, dobbiamo anche affrontare perdite e dolori: “Ti guardi intorno: / cerchi fratelli amici figli. Solo fantasmi / che vagano”. Ma non ci si deve abbandonare al dolore e guardare solo indietro, perché “Nulla resta se abbandoni la speranza”. E come era già stato affermato, la speranza non si deve perdere perché con il suo stimolo possiamo andare avanti. Dobbiamo tenere presente che la misericordia divina non ha fine e la nostra fede farà fiorire la terra che sembrava incolta:
Tutto ruota intorno all’antico disagio
lo annaffio e sbocciano rose, un tappeto
di morbida erba che purifica l’aria
rende più agevole il vacillante percorso.
Questo slancio spirituale di Brandolini, questa visione religiosa, si conferma con il ritorno dell’angelo che era già comparso nell’ultimo componimento della seconda parte. Qui, quando l’io poetante identifica un uomo “scontento di sé”, che “avanza oscillando”, sottolinea precisamente come egli non è solo; anzi sapendo guardare scorgerà l’angelo che “gli sorride perché loro portano comunque allegria”. Questo, che è L’angelo del volto emaciato, illumina e scompare, compie la sua missione e se ne va: “Una luce accecante fascia l’angelo / che alza un braccio prima di prendere il volo e sparire”.
Con il ritorno dell’angelo e la confermazione della fede e della speranza, ritornano più intensamente e più numerosamente i parenti ai quali il poeta è legato da profondo affetto. Ne La purezza che nutre ritorna il padre, che lui non finirà mai di aspettare malgrado la sua irrimediabile assenza; poi compare la madre rimasta “sola nella vecchia casa”; ritorna lo zio, le cui parole, le cui frasi non si scordano mai; si presenta la zia Augusta, alla quale è dedicata la poesia Frasi di conforto, perché anche lei, come lo zio Lallo, sa dire le parole giuste al momento giusto, “le parole necessarie e urgenti”; compare la nonna, protettiva e rassicurante (“mi ruppi la testa e corsi da nonna”); ritorna ancora la figlia Flavia, alla quale è dedicata la poesia In fretta ci si lascia tutto alle spalle, dove si conferma – malgrado la serenità acquisita – la nostalgia dei tempi in cui i figli piccoli erano più legati ai genitori. Una poesia speciale, inoltre, è dedicata alla moglie, Laura, con una riflessione particolare sull’amore, che segna il titolo e il primo verso della poesia: “Nulla è più insolito dell’amore, sentimento / friabile con gli anni, però resiste”. Speciale e costante negli anni si definisce quindi questo sentimento, tanto da costringere il poeta a chiamarlo, non con il nome del rapporto familiare, ma con il nome proprio della moglie:
[…] senza di te sarei soltanto
un corpo fatto a pezzi. Per restare in vita si è
costretti a lasciare focolai, sentieri. Incido dei nomi
sulle pareti del cuore, della mente: figli, nonni
amici, fratelli, zii, padre e madre. E quello di Laura.
Come non poteva essere diversamente ritornano anche gli animali amati, cani e gatti. La poesia La gatta dallo sguardo scaltro è dedicata alla gatta Munin, che risulta essere non soltanto una dolce compagnia ma anche l’unico essere rimasto quando le disavventure della vita ti impongono perdite e solitudine. Può succedere a tutti, e così lo dice l’io poetante al tu poetico:
Parti anche quando il vento ti soffia contro, anche
quando bussi a una porta, nessuno risponde, entri
e ti accoglie una bellissima gatta dallo sguardo scaltro.
Il cane, come si era già visto, è l’amico che può aiutare, ma se non può, condivide il disastro e il dolore.
Alla fine di questa intensa serie di testi poetici segnati dall’indagine esistenziale attraverso il complesso percorso della vita nei rapporti con gli esseri e gli ambiti amati, il poeta non ha voluto chiudere senza fare riferimento agli orrori di violenza e di guerre che da sempre l’uomo ha provocato e che in questi ultimi decenni sono terribilmente esplosi. La poesia, penultima del libro, si intitola Fare chiarezza e rimanda a quello che si vorrebbe fare, anche se sembra impossibile; e in effetti, l’ultimo verso è una domanda. Di fronte a questa consapevolezza dell’orrore e del dolore rimane solo l’incertezza, ma anche la solidarietà del nostro amico animale:
[…] L’odore della morte dilaga
nel bosco, gli animali si occultano perché
c’è la guerra e le bombe annientano
case e famiglie. Il cane osserva, percepisce
la paura: come arrestare il dolore, la ferocia?
Arriviamo così all’ultima poesia dell’insieme, Paesaggio nivale, e questo aggettivo, con raffinato stile letterario, propone l’immagine di un ambito bianco e puro – di neve – dove il male e il dolore si possono annientare. Abbiamo imparato – noi lettori, grazie al percorso poetico fatto – che la speranza non si deve perdere. Se non ci perdiamo, se stiamo attenti, ci sarà sempre una luce illuminante, un fuoco inaspettato, il fuoco della luna, e magari anche un angelo arrivato per noi. A tutti può succedere, come all’uomo che il poeta riporta come esempio, di trovarci smarriti, con i sogni bruciati; ma prima di abbatterci sentendo perfino la morte vicina, la misericordia infinita fornirà una visione speciale, che conforterà e che farà gioire:
[…]
I sensi percepiscono la sfaldatura del mondo:
un sogno bruciato (pensa l’uomo dinanzi allo specchio
immerso nel silenzio notturno), smarrito nella terra
di nessuno. Tutto si mostra nell’insonnia e poi l’alba
lo abbatte: non così pensava di trascorrere questi ultimi
anni, sussurra nella veglia che lo avvicina alla morte.
Intravede un paesaggio nivale e gioisce per la visione
che cerca di venir fuori, di conquistarsi un po’ di spazio.
Il fuoco della luna richiede una lettura che non è semplice, sia per il linguaggio sperimentale e di alto livello, sia per la profondità dell’analisi spirituale che compie; ma credo che arrivando alla fine il lettore sarà grato all’autore per la possibilità che gli ha concesso di avere un’esperienza singolare che arricchisce e conforta.
Alessio Brandolini, Il fuoco della luna, Edizioni Fili d’Aquilone, collana I NODI Poeti italiani contemporanei, Roma, 2024.
canfieldmartha@gmail.com
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