FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 70
luglio 2025

Fame

 

DOVE LA MAGIA: SAGGIO E INCONTRO
CON LA POESIA DI FERNANDO CARRERA

di Jorge Terrones



La poesia è conoscenza, salvezza, potere, abbandono. [... ]
Esperienza, sentimento, emozione, intuizione...

OCTAVIO PAZ, EL ARCO Y LA LIRA


I

Ho tentato il suicidio all’alba del 13 febbraio 2023. Ho visto l’oscurità e l’oscurità mi ha guardato negli occhi. Non era il momento per abbracciarci, ma forse sì per sapere qual è il suo volto, quello che ha ognuno di noi. Cesare Pavese scrive: “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”. Verso bellissimo e maledetto, che non si adatta a quello che ho vissuto io: è venuta la morte e ha avuto i miei occhi.


II

      : chiedo
      a te che mi abbandoni

      conoscevi la mia follia?
“Distruggerò questo tempio”, Fernando Carrera.


III

Ricordo vagamente il rumore: sapeva di rosso. Il rumore a volte è nero, bianco, forse giallo, ma in quell’occasione era rosso. Avevo capito che l’ambulanza nel frattempo era arrivata. Ancora più rosso. Mi risvegliai all’ospedale. Sapevo di essere ancora vivo, ma mi mancava il desiderio di esistere. Ho rivisto la mia famiglia e la mia ragazza. Sono stati loro a farmi tornare in vita. Dal fuoco che brucia sono passato al fuoco che protegge.
La vita ha le sue ironie, le sue malvagità: il giorno seguente era quello dedicato all’amore e all’amicizia e avrei dovuto iniziare un laboratorio su “Il saggio letterario”; il 16 febbraio dovevo presentare un libro di poesia; per il 17 di febbraio mi ero messo d’accordo con Fernando Carrera per una conversazione sui nostri reciproci ultimi libri: il suo Fuego a voluntad e il mio Recuerdo. Inoltre, il 18 febbraio, sarebbe stato il compleanno di Carrera.
Fu una settimana luttuosa, ma anche di poesia, che è un alto modo di definire la vita.


IV

Originario di Guadalajara, Jalisco, Fernando Carrera è nato nel 1983. Ha trascorso gran parte della sua infanzia a Città del Messico, restandovi fino al 1997. Tuttavia si è ben adatto alla terra e al fuoco che lo hanno visto nascere. In regione del Messico sono nati illustri poeti, come Enrique González Martínez, Hugo Gutiérrez Vega, Luis Vicente de Aguinaga, per citarne solo tre. Meglio quattro, voglio menzionarne uno in più: Fernando Carrera.
Ci siamo conosciuti a Monterrey, Nuevo León, nel 2011, entrambi ospiti del III Incontro Nazionale dei Giovani Scrittori messicani, il cui tema centrale era “Letteratura: la costruzione di un futuro possibile”. Fino a quel momento Fernando Carrera aveva pubblicato Expresión de fuego (2007), a soli ventiquattro anni, e aveva da poco vinto il Premio di Letteratura Giovanile “Salvador Gallardo Dávalos” (2010), per la sua raccolta inedita di poesie dal bel titolo Donde el tacto, che poi sarebbe stata pubblicato nel 2011.
Ci siamo incontrati a colazione e mi ha chiesto da dove venissi. Da Aguascalientes, gli ho risposto e ne fu contento perché il Premio “Gallardo Dávalos” è un riconoscimento organizzato proprio ad Aguascalientes per incoraggiare la creazione letteraria di scrittori sotto i trent’anni.
A partire da quel momento, abbiamo parlato e scambiato punti di vista sulla letteratura del nostro paese. Mi disse che sarebbe andato ad Aguascalientes e che lì, quindi, ci saremmo rivisti. Ascoltai la presentazione del suo libro Donde el tacto, commentato, durante il dibattito, da Javier Acosta, che è uno dei grandi poeti, non solo del Messico, ma di lingua spagnola. Ce ne andammo a cena e parlammo di poesia: e di che altro? Prima di salutarci, mi scrisse una dedica sulla sua raccolta poetica: “Forse in questo libro c’è un suggerimento sul dove”. Si riferiva al titolo: Dove il tocco. Ma non incontrai la domanda dove, ma come, non per via del tatto ma per la magia del libro.
Vedere un colibrì può essere un atto magico, ma esiste un altro tipo di magia, creata da persone capaci di mostrare ciò che, a prima vista, non si vede e farlo passare come se fosse sempre stato lì: maghi e poeti, che poi forse sono la stessa identica cosa.


V

Il cognome Carrera lo si percepisce come un alleato della velocità, gara o corsa. Nulla di più lontano dalla “carriera” letteraria del nostro autore. Lui, che ha fatto così tanto per raccontare il fuoco nella sua poesia, sa che lo splendore lo si può lavorare solo un po’ alla volta, senza fretta, con calma. Per questo ha pubblicato soltanto Expresión de fuego (2007), Donde el tacto (2011, seconda edizione 2015), Fuego a voluntad (2018, poi 2020) e ora sta per terminare il suo quarto libro: EVS, titolo che posso nominare per adesso solo in questo modo, d’accordo con l’autore, perché ancora in lavorazione e in questo mio scritto seguiterò a citarlo così.
I poeti che preferiscono il fuoco lento alla fretta della pubblicazione li ammiro molto perché mi identifico con il loro processo creativo. La magia, se vissuta molte volte, in continuazione, perde la sua capacità di meravigliare, abbandona la sua vera essenza.
La poesia di Carrera ha avuto un notevole sviluppo, comunque e forse il tentativo di tutta la sua opera è stato in qualche modo anticipato dal primo testo del suo primo libro di poesie:

      Nel paradiso dell’innominato
      prima che la volontà della carne
      fissasse vocaboli
      nella materia sorpresa
      E la luce fu
      l’intatto pensiero di ogni essenza
Ecco alcune delle parole che accompagneranno il suo lavoro, ma il modo in cui le userà sarà diverso perché l’arte è forma. Possiamo affermare che i suoi primi due libri sono fratelli; anche gli ultimi due, ma per motivi diversi. Sia Expresión de fuego che Donde el tacto mi suggeriscono la stessa cosa: vedo un poeta ancora alla scoperta del proprio talento: fa trucchi, crea illusioni, gioca con le sue influenze letterarie. Ecco a cosa mi riferisco: in una delle poesie che apre il libro Donde el tacto, si appropria di un verso di José Emilio Pacheco e della tonalità di una poesia di Salvatore Quasimodo. Scrive infatti Carrera:
      Per toccarti guardo       la luce
      : pelle del mondo

      [...] Lascia scorgere

      il suo vero nome, la sostanza
      nel cuore del silenzio
      che circonda tutto
      quello che germina
Pacheco, nella poesia di un solo verso “Definición” scrive: “La luce: la pelle del mondo” e Carrera inserisce proprio questo verso come epigrafe. Chi è più o meno nascosto è Quasimodo, in particolare con una delle sue poesie più brevi e profonde:
      Ognuno sta solo sul cuor della terra,
      trafitto da un raggio di sole:
      ed è subito sera.
Questo testo di Fernando Carrera non ruota attorno a ciò che può essere la vita (nascere, stare in solitudine, morire), ma accomuna l’atto di guardare la luce con toccare un corpo. Quello che per Quasimodo è una relazione, solitaria, della vita con la morte, per Carrera è un incontro della vita con la vita. In ogni caso in questa poesia si ascoltano tre voci: due centrali, una di fondo. Da una parte Pacheco e Quasimodo, dall’altra Carrera. Non lo sto rimproverando. Nei primi testi di quasi tutti gli esordi o secondi libri il canto poetico è sintonizzato con le voci che provengono da altri luoghi, e non unicamente dalle corde vocali dell’autore.
D’altra parte Carrera ripropone i suoi trucchi ben consapevole di come sta lavorando. Questo lo si vede anche nelle metafore che il poeta usa. Per esempio, in una poesia di Expresión de fuego, leggiamo:
      Il mare è una lingua allungata
      Quale bocca riva lo specchio
      I linguaggi nascosti dal blu
      A volte una parola fa schiuma
In Donde el tacto il poeta riprende certe immagini, usate precedentemente e le incorpora al canto di un altro testo:
      [... ]
      la parola nomina ciò che il mare deposita nei mari
      la parola butta schiuma al tempo che le metafore si riciclano
Il poeta ammette che ricicla metafore, come accettando che non gli importa di farle tornare con la loro luce ma non sa dove dirigere quella irradiazione, cosa che riesce a fare meglio nella sua opera più matura. Non dico che Expresión de fuego e Donde el tacto siano raccolte acerbe. Penso solo che la loro magia abbia un raggio più limitato paragonandola ai successivi lavori.
Il vero canto è nella sua opera seguente: la seconda coppia di libri è composta da Fuego a voluntad – molti testi di questo libro sono stati tradotti da Alessio Brandolini per la rivista Fili d’aquilone –, e EVS, volume ancora inedito ma con alcuni testi già tradotti in italiano e pubblicati sempre da Brandolini su un numero successivo di Fili d’aquilone. Ecco, in questi due libri, il canto del poeta si dispiega e sa cosa fare con la sua magia.


VI

Diverse sono le interpretazioni ammissibili su come si rivela lo splendore della poesia di Carrera. Qualcuno potrebbe dire che la cosa più immediata è affermare che è un poeta dell’erotico. Se per erotico intendiamo non solo un incontro fisico ma anche spirituale allora sì questo è vero, anche se non lo definisce totalmente. Sotto quella chiave direi che abbiamo un poeta che è come uno scultore rinascimentale. Non lo dico come una comparazione arbitraria o gratuita. Se potessimo materializzare la poesia di Carrera il risultato sarebbe L’estasi di Santa Teresa del Bernini, una delle sculture più famose della sua epoca e di tutti i tempi. Il volto di Santa Teresa può rispondere a due ambiti, anche se solo uno è quello che si trova nella scultura: dolore ed eccitazione. Entrambe sono volti della stessa moneta: l’esperienza del corpo o l’esperienza mistica.
Lo stesso potrebbe essere notato per la sua enfasi sulla volontà, come termine filosofico, ma anche come contegno. “Volontà” è una parola alla quale l’autore torna spesso, successivamente, sia nelle sue conversazioni che nella sua poesia: “La volontà si manifesta in atti del corpo”, frase di Schopenhauer, è una delle citazioni preferite di Carrera. In “Controllo”, uno dei testi di Fuoco a volontà, scrive:

      Se il metallo è manipolato con la mano
      perché non la volontà
      con le parole?
Nelle conversazioni che ho con Carrera è frequente sentirlo parlare di volontà, fuoco, libertà, poesia, amore. A volte non sono d’accordo con lui, ma non sono in dissonanza con la sua poesia.
L’influenza della Bibbia, l’erotismo, la volontà sono i fili conduttori della sua poesia, ma non lo definirei come un poeta dell’erotismo, o un poeta mistico e nemmeno un poeta filosofico. È un poeta senza aggettivi e alcuni temi lo seducono più di altri. Ho detto “temi”, e non è male, però mi correggo: al poeta sono piaciute diverse immagini e si è impegnato a rappresentarle nei suoi versi. In alcuni testi i disegni sono delle pennellate; in altre, dei veri e propri grandi murales. Ora, pennellate o murales, sta di fatto che la poesia di Carrera è costituita da una serie di immagini scaturite dall’intuizione, che è alla base di ogni magia.


VII

Per il nostro autore l’esperienza del mondo è relazionata non a quello che si sa del mondo, ma a ciò che di esso si intuisce. In fin dei conti non siamo riusciti a risolvere, come umanità, le questioni veramente importanti, quelle che danno vocazione e senso alle nostre vite: cos’è il tempo; quando inizia la vita; perché il colore rosso è così vivo come una tragedia; cosa c’è dopo la nostra vita; cos’è la morte. Eppure la nostra immaginazione ci permette di accarezzare l’ineffabile, l’insondabile, l’inimmaginabile. Amleto ha detto che la morte è un paese ignoto, dal quale nessun viaggiatore torna. Intuiamo la vita, la morte, il tempo, anche se non abbiamo prove. È questo il punto. Dobbiamo immaginare.
La poesia di Carrera è intuitiva: indovina, rimugina, suppone. Non parlo solo della intuizione che è necessaria per vivere, ma anche di quella che utilizziamo quando non sappiamo cosa stiamo affrontando, quando un’esperienza è a noi del tutto sconosciuta o una novità assoluta. Ricordo Contacto (1997), di Robert Zemeckis. Non approfondirò il suo contenuto ma solo un frammento. Verso la fine del film Eleanor Arroway, personaggio interpretato da Jodie Foster, viaggia attraverso un tunnel spaziale e arriva in un luogo sconosciuto. Resta senza parole per la bellezza, lo stupore. Riferisci alla Terra quanto segue: non so perché hanno scelto proprio me, avrebbero dovuto far venire un poeta. A questo mi riferisco.
I poeti, i veri poeti, sono davvero abili nell’osservare il mondo come se fosse appena stato fondato o, al contrario, distrutto. Lì il poeta ha la possibilità di parlare con ciò che è nuovo, con le cose che non hanno ancora un nome, e il poeta si sottomette ai tentativi di nominare il suo sentire; qui il poeta si allea con la morte per condividere con noi ciò che può conoscere sulla fine, quando tutto sta per chiudersi eppure c’è qualcuno che ha la forza di riferirlo, di cantarlo. Forse i poeti della prima categoria hanno vite longeve; gli altri, quelli veri no: per ogni verso scritto riducono di un giorno la loro vita.


VIII

Un tempo, magia e realtà avevano una sola natura

“Rapito in sé”, Fernando Carrera.


IX

Di tutte le immagini che Carrera ha tratteggiato e illuminato l’intuizione, come dicevo, è quella fondamentale. In tal senso il libro di poesia che appare più compiuto è Fuoco a volontà e vorrei chiarire il concetto con alcune immagini tratte proprio di questo libro, con il quale ha vinto, come inedito, il “Premio Horacio Zúñiga” (2017), per poi pubblicarlo nel 2018. La parola stessa intuizione e derivati appaiono continuamente. Vediamo tre esempi:

    1. Da “Per albero sono”:

      sono riuscito ad attraversare
      l’umido
      : sogno di un dio
      che intuisce
      ci bagna
    2. Da “Uomini intorno al fuoco”:

      Nei tentacoli della fiamma
      si intuisce qualcosa: lì ci riuniamo
    3. Da un poema in prosa, senza titolo:

      L’incendio è un ordito nero che intuiamo da lontano
Il poeta intuisce, sempre avverte il contatto con l’inafferrabile, con ciò che è difficile da nominare, ma non da sentire. Di questo parlano dei versi di un’altra poesia:
    A volte lo si sente, davvero, così vicino: aria che uno cerca di afferrare e si disperde, la sua natura sfuggente. Vicino: gira intorno al pensiero una premonizione venuta da non si sa dove, da quasi nulla. Da cosa?
Notiamo che la combinazione di parole “gira intorno al pensiero una premonizione...” unisce la parte razionale con quella intuitiva. D’altro canto le preoccupazioni della vita si espandono in questo libro. In Fuego a volontà si è passati dal poeta abile nel suo lavoro a un poeta che celebra coloro che intuiscono e dubitano del mondo. In “Uomini intorno al fuoco”, scrive:
      chiedere
      se come il frutto che cade veniamo
      da un albero che adoriamo senza comprendere
      o siamo il cadavere che imputridisce
      cibo e nulla
      più
Il poeta, a prescindere da ciò che dice nelle pagine successive (in un testo senza titolo) che “... (la nostra) lingua è mediocre e insufficiente”, sa che la parola è lo strumento con il quale si può toccare ciò che non si riesce a nominare, come scrive in “Abbandono”:
      Con occhi nuovi mi lavo ciò di ciò che ho vissuto
      ed eccomi di nuovo qui
      con intatto stupore di cui nulla
      ha: nessun argomento, nudo
      al contatto con la terra, primitivo
      al calore del fuoco                              bambino
      quando assaggi il pane             per la prima volta
      […]

      Mi appartiene

      la possibilità di vedere, sentire
      la luce intatta e senza età
      muovere il piede destro o sinistro

      scrivere
      il mio nome
      nella sabbia umida

      dove mi avvio
Mi sembra significativo che in questa poesia si alludi all’infanzia (“davanti al calore del fuoco bambino”), alle esperienze primarie (quando assaggi il pane per la prima volta”) e al potere che ha il poeta di affrontare la realtà con la sua sensibilità (“la possibilità di vedere, sentire”) e la sua scrittura (“scrivere il mio nome nella sabbia umida”). Al di là della similitudine cristiana, come si narra nel racconto di Giovanni l’Evangelista, dove Gesù scrive qualcosa sulla sabbia, questa poesia è un esempio di ciò che dicevo: trasforma un’esperienza quotidiana in un’esperienza originale (intendendo questo dal suo senso etimologico: di origine), come accade in un altro dei suoi testi:
      Si tratta di quello che non si nomina, togliere, un filo alla volta, l’ombra consumata di quella pietra che palpita nel tuo petto, fino ad arrivare al puro filamento
Il linguaggio è un’invenzione: i nomi che diamo alle cose che vediamo e a quelle che non vediamo, all’afferrabile e all’imprendibile, al fuoco e al ghiaccio, nascono, all’inizio, da intuizioni. Come nominare ciò che non ha ancora un nome? Ecco, con la poesia.


X

La sua poetica si mantiene nella sua nuova opera: il rapporto con la spiritualità, l’erotismo, il dialogo con la stessa poesia, oltre alla sua predilezione per una serie di due punti che aprono un verso o una strofa, come per esempio: “: sola idea, sole sonoro, brucia”. Non l’avevo detto ma questo è una forma stilistica che rimanda, tra gli altri, al poeta e. e. cummings. I temi non vengono modificati, poiché si sta sempre parlando della stessa cosa, ma la forma è cambiata.
EVS è il libro più personale di Fernando Carrera. Autobiografico, direi. Per essere così intimo, è universale. Questa raccolta di poesie è un dialogo con il passato, non solo esperienziale, ma anche letterario, nel senso che torna alle frasi che più lo entusiasmano, come “dove il tatto”:

      Qui
      nella mia carne dove il tocco: le rovine
      dell’amato omonimo / mio padre
Dico che è autobiografico perché ci sono diversi riferimenti personale che lo fanno supporre. Il padre di Carrera è un musicista e anche i personaggi del libro fanno pensare a questa professione:
      Figlio dell’abbandono / della rabbia
      per dire cose accurate di un altro nome
      che non sia quello di tuo padre che canta
      le canzoni della disillusione
      tra il monte sbiadito e il mare
Il senso musicale della vita lo ha accompagnato fin dalla sua infanzia. Questo è esplicito in altre raccolte poetiche dove si ascolta o si canta soprattutto il flamenco, la musica classica, o i continui riferimenti a Bob Dylan che Carrera fa nelle sue conversazioni, così come nella sua opera.
Ritorno al suo libro più recente: il nostro autore canta la storia di un padre con suo figlio o, più precisamente, di un figlio con suo padre, alternando voci, ben gestite, come rivela la stessa divisione del libro, poiché le sezioni sono divise in “Le poesie del padre” e “Le poesie del figlio”, con un prologo e un epilogo. Anche in questa raccolta l’intuizione è fondamentale ma ora è al servizio dell’umanità: la parte filiale. Il libro si apre con i seguenti versi:
      Sono il padre
      di un figlio non ancora nato / Darío
      è il suo nome. Parola senza rovescio
      o diminutivo
Pagine dopo, ma sempre nel testo iniziale, il poeta avverte il lettore su come sarà la tonalità del resto del libro:
      Darío

      è la parola di chi ancora non è nato
      figlio del padre che tale non sa essere
      che senza saperlo sa che sarà
      anche se ogni giorno lo abbandoni
      anche se lo ami e fa male nel profondo
Questi versi, al di fuori dell’influenza, ancora una volta, biblica (Darío), mi ricordano il grande poeta messicano Ramón López Velarde, soprattutto nella poesia “Obra maestra” dove scrive: “Con un figlio io perderei la pace per sempre” o “Ma il mio figlio negativo ha bisogno di tempo per esistere” o “il figlio che non ho avuto è il mio vero capolavoro”. In entrambi i casi, sia Carrera che in López Velarde, ci sono giudizi più o meno scoraggianti sulla paternità. Citerò un paio di esempi in più. Sul rapporto con il padre del sé poetico, dice:
      Per questo il tuo nome non sarà il mio
      affinché tu sia te stesso fin dal principio
      sarai parricida alla nascita
      Non voglio essere per te il brutto neo
      il cattivo umore della vita altrui
      né l’inferno di ogni replica
Su altre forme di parricidio, come l’uso del linguaggio materno e non di quello paterno, Carrera ha scritto:
      Perché tu sia
      te stesso fin dall’inizio
      Non avrai il mio nome, ti chiamerai
      Darío, la tua lingua sarà materna
D’altra parte anche il figlio ha il suo modo di comportarsi e di esprimere la propria spensieratezza nei confronti del padre:
      la tranquilla rabbia di amare e di indirizzarci verso la morte
Amare è infuriarsi, così sembrerebbe intendere Carrera, almeno in questo contesto. Tuttavia la fine della raccolta poetica non dà voce a nessuno dei personaggi centrali del libro, che sono il padre e il figlio, ma a una donna, Maria, così viene chiamata nell’epilogo “Il silenzio di Maria”. Dopo aver presentato l’amorevole o arrabbiata storia di un padre e di un figlio, il poeta concede le ultime parole a una donna “benevola”:
      Padre
      che abbandoni il figlio
      – mi abbandoni –
      il figlio lascia alla madre
      il respiro al corpo

      […]

      tutta la pietà di un lago
      nello sguardo

      l’abbraccio che può con il peso
      con tutta l’estensione di ciò che è perduto
Poco fa ho detto “benevola” riferendomi alla donna, non tanto per la sua tempra, ma per via della simbologia cattolica, quella della “pietà”, dove Maria sostiene il figlio morto, figura che Carrera usa anche per chiudere il libro. Se “in principio era il Verbo” l’autore rettifica: sì, ma il verbo non è solo parola, ma anche corpo. So di aver semplificato la spiegazione di questo libro ma ho voluto soltanto suggerire alcuni percorsi di lettura, dei molti che ci sono, in questa poetica così raffinata e matura del poeta, del nostro mago, che mi ha aiutato a vivere.


XI

Furono dei giorni senza quiete, di avversità e duri. Mi era venuta a mancare l’oscurità e la magia.
Avevo diversi impegni, come dicevo all’inizio di questo scritto. Avrei dovuto cancellare ogni cosa, ma non lo feci. L’istinto di sopravvivenza mi spinse ad aggrapparmi alla letteratura. Il laboratorio che dovevo tenere era sul saggio letterario, ovvero sulle idee, la bellezza, il ragionamento, sulla visione del mondo, la conversazione. La presentazione di libro sarebbe stata un’altra possibilità per parlare di poesia. Così l’incontro con Carrera e il suo compleanno una celebrazione dell’amicizia, che a suo tempo era stata originata da un incontro letterario.
Chi dice che la letteratura, l’arte, la poesia – anche nel suo significato più ambizioso – non ci salvano non è a conoscenza di come questo possa davvero accadere.
Durante quei duri giorni però la mia vita si è rimessa in moto proprio grazie alla poesia. Non parlo solo della letteratura ma della vita: ho “testato” la vita e sentito il polso che può avere quando la poesia non la accompagna.
Poi mi sono risvegliato e la poesia non se n’era andata.
Arrivò il giorno del laboratorio e sono riuscito a essere presente, ho parlato di Montaigne, Hazlitt e Paz, ma la mia energia era parecchio limitata. Sono andato all’incontro con Carrera: sebbene mi sentissi debole. L’ho fatto perché dovevo tenermi occupato, parlare con gli altri, leggere.
Durante quei giorni ho letto più volte Fuego a voluntad. Sebbene infermo ho letto e fantasticato. Carrera, senza saperlo, ha partecipato in due modi al mio recupero. Conversare con Carrera mi ha aiutato a vivere e leggere la sua poesia a “rivivere”.
Colui che attenta alla propria vita e sopravvive smettere di essere per poi tornare a essere.


XII

solo chi smette di essere, potrà essere di nuovo

da una poesia senza titolo di Fernando Carrera.


Traduzione dallo spagnolo di Alessio Brandolini




Fernando Carrera
Poeta e traduttore, è nato nel 1983 a Guadalajara, in Messico, dove vive. Ha pubblicato i libri di poesia Expresión de fuego (Messico, 2007), Donde el tacto (Messico, 2011, poi uscito anche in francese nel 2015) e Fuego a voluntad (Messico, 2018, poi, nel 2020, anche in inglese) e El fuego se conoce por la quemadura, breve muestra 2007-2018 (2022).
Ha ricevuto diversi premi, tra i quali: il Premio “Horacio Zúñiga” 2017, il Premio “Salvador Gallardo Dávalos” 2010, il Premio di Poesia “Efraín Huerta 2006” e il Premio Internazionale di Poesia “Nicolás Guillén 2009”.
Suoi testi poetici sono stati inseriti in diverse antologie messicane e straniere e tradotti in diverse lingue. Due sillogi poetiche sono state pubblicate su Fili d’aquilone, quella sul numero 68, intitolata “Uomini intorno al fuoco”, con i testi provenienti da Fuego a voluntad.


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