FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 32
ottobre/dicembre 2013

Geometrie

 

UN CANTO D'AMORE
La poesia di Jeanine Baude

di Viviane Ciampi



Nulla di puramente decorativo nella scrittura di Jeanine Baude: tutto si regge sul filo di una intima interdipendenza, tutto si specchia, si snoda con la massima consequenzialità. I libri della poetessa francese, sono veri e propri progetti letterari che si traducono in atti d’amore nei confronti della vita, come ne Le chant de Manhattan, Ed. Seguers, 2006 (pagine posteriori all’undici settembre e di cui riportiamo alcuni stralci). L’intero canto vuol essere non solo un invito al viaggio in una città come New York e più particolarmente Manhattan – vissuta nella sua viscerale quotidianità – come vero e proprio microcosmo dell’umanità gioiosa e dolente.
Umanità che diventa unico corpo-spirito durante l’infinita flânerie dell’autrice. Ecco allora il dipanarsi della Storia dei popoli (le migrazioni, il razzismo, il dolore e la speranza), la vertigine d’una città votata al métissage coi giorni e le notti che si rincorrono, il reticolo di strade e il cumulo di suoni e odori, gli arrivi e le partenze, il jazz, la tragedia col suo bagaglio di brutti sogni: «Il dolore, non è soltanto una parola ma il colore delle pietre». In sottofondo echeggia la storia di una fede nella capacità poetica intesa come metafora dell’esistenza stessa.

D’altronde, la fede nella parola poetica si esprime anche in un libro in un certo senso atipico rispetto ad altri suoi libri: Juste une pierre noire, Ed. Bruno Doucey, 2010 (di cui il lettore troverà qui alcuni stralci). Jeanine Baude lo dedicò a Andrée Chedid citata in esergo: «Non è di morire ciò di cui noi moriamo» che apre uno scottante poemetto composto da pagine scritte dopo un’ esperienza estrema, ossia un coma durato otto giorni: «con questo corpo tornato all’infanzia del suo corpo» seguito da un insperato ritorno alla luce. Certo, libro rischioso e di tale rischio è consapevole l’autrice: Quale poesia, quale giusta distanza per stendere sulla pagina una simile massiccia e improvvisa notte?
Tuttavia J.B. riesce perfettamente il passaggio dal personale all’universale. Ciò avviene per la forza di una straordinaria empatia, per l’uso d’un linguaggio poetico intimo eppure non dolente, ripulito da ogni abbellimento, con un fraseggio misurato pur se pieno di slanci inattesi: «scrivendo al quotidiano il sudore il sangue la sciarpa di fuoco / che frusta le anche il ventre come neve e vento che dondolano». Un libro scritto «a parole scoperte» dove ella tesse e ritesse la tela del suo discorso in stato di grazia e in cui spicca l’immagine della pietra urtata nel sentiero, poi allude alla pietra che teniamo in tasca e che vorremmo continuare a toccare come fosse un talismano che rassicura e protegge, o ancora, come arma di difesa. «Dimmi il raddoppiamento delle radici / la donna che avanza senza ormeggi / e senza timore in piedi nella distanza / colei che scrive a rovescio delle correnti».

Come non avvertire un qualcosa di sacrale e nel contempo di profondamente umano nei versi (in questo caso ‘narrativi’) di un’autrice che cita i vangeli con vere e proprie ‘stazioni’ come nella Via Crucis, scritti in un corsivo che si potrebbe immaginare anche come testo a fronte dei suoi versi. Pur essendo agnostica Jeanine Baude è aperta alla comprensione d’ogni confessione (la pietra nera in oggetto è anche quella dell’Islam) con una insaziabile curiosità per ciò che per comodità chiameremo l’invisibile (e che talvolta la poesia ha il potere di rendere visibile), alla ricerca «del fervente e del nuovo sulla notte che avanza» e senza disdegnare la poesia d’impegno tanto bistrattata, ma priva di rigidezze e indottrinamenti che spesso la mortificavano. La sua è una voce ferma dinnanzi alle cose inaccettabili: «scrivere al quotidiano rilucente del terribile consumarsi / i ricordi i bambini gli operai il loro sequestro».
Da quell’esperienza trae forza e fondamento e chi legge ne avverte la deflagrazione prima ancora di aver tentato la cattura del senso.





The night is beautiful
So the faces of my people.

The stars are beautiful
So the eyes of my people.

Beautiful, also, is the sun.
Beautiful, also, are the souls of my people.

      Langston Hughes “My People”

You speak and sing
And that you dread
The abstraction?
- The song in the head?
Why should I dread
What outlasts

      Louis Zukofsky “A-12”


La neige anime la fenêtre. Le pont de Brooklyn s’alourdit. Les oiseaux ramassés, en grappes, ourlent les fontaines. Il y eut un moment de silence avant - my heart is broken - puis la neige est venue coudre l’horizon.

Le chemin se faisait, dans le temps, avec malles et paniers depuis la descente du bateau jusqu’à ce point d’horizon cousu à la frontière du parc et de la ville.

Là, où je suis - now, broken - ils déposaient leur peu de victuailles et de trésors, leurs corps fatigués.


La neve ravviva la finestra. Il ponte di Brooklyn s’appesantisce. Gli uccelli raggruppati, in grappoli, si stagliano contro le fontane. Vi fu prima, quell’attimo di silenzio - my heart is broken - poi la neve venne a cucire l’orizzonte.

La strada si faceva, col tempo, con bagagli e cesti poi la discesa della nave fino a questo punto d’orizzonte cucito al confine tra parco e città.

Qui, dove sono - now, broken - consegnavano quei pochi viveri e preziosi, i loro stanchi corpi.


Milliers d’aigrettes à la fenêtre dansent. Cantate pour piano et violoncelle sur les robes, les bonnets enfoncés jusqu’aux oreilles, ces femmes vont. Où vont-elles depuis ? L’île encore se débat. Sur les murs l’odeur se devine. Une femme puis l’autre. On dévisage. Ce n’est que l’Histoire qui passe sous les jupes.


Alla finestra, la danza di migliaia di aironi. Cantate per piano e violoncello sui vestiti, le cuffie calcate fino alle orecchie, queste donne vanno. Dove vanno da allora? L’isola annaspa ancora. Sui muri s’indovina l’odore. Una donna poi l’altra. Ci si squadra. A passare sotto le gonne non è che la Storia.


Ça peut faire mal. Gravats lourds à porter. Regardez la ville qui se construit et se construit encore. Les mains gercées ont tellement écrit que les pierres suintent. L’encre se lit aux encoignures, sur les piliers. La ferraille partout rongée. Le sang.


Eccome può dolere. Pesanti calcinacci da trasportare. Guardate la città mentre si costruisce e si costruisce ancora. Le mani screpolate hanno scritto così tanto che trasudano le pietre. L’inchiostro si legge negli angoli, sui pilastri. La ferraglia corrosa dappertutto. Il sangue.


Peut-être ce couple, sur le pont, écoute. Visages radieux des premiers arrivants et des amants qui traînent alors que je me presse. Le bus s’en va. J’aurai le suivant. Eux aussi attendaient cette occasion qui ne vient pas. La lune assure que les filins tiennent bon. La vie conduit quelque part. Chaque amant, chaque solitude se ramasse comme les oiseaux - non pas autour des fontaines - mais plus haut, sans savoir où.


Forse questa coppia, sul ponte, ascolta. Volti fulgidi dei nuovi arrivati e degli amanti che indugiano mentre io mi affretto. Si allontana il bus. Prenderò il prossimo. Anche loro aspettavano questa occasione che non arriva. La luna assicura che i cavi reggono. La vita da qualche parte deve pur condurre. Ogni amante, ogni solitudine si coglie come gli uccelli - non attorno alle fontane - ma più in alto, senza sapere dove.


Ça s’étire : les longues jambes jusqu’à l’océan, les bras vers le ciel. Un corps, une ville, une étrange composition totalement imaginée par l’homme blanc. Le Peau-Rouge lui vendit pour vingt-quatre dollars cette boue, ces collines, ce fleuve. Etrange transaction si l’on sait que pour un Indien la terre ne nous appartient pas. Seulement prêtée le temps d’une vie et ainsi de génération en génération. L’homme noir, ce fut une autre histoire. Le vent se glisse entre les tours, avec fracas. Il raconte : New York is black, New York is red, New York is yellow.


Ciò si distende: le lunghe gambe fino all’oceano, le braccia verso il cielo. Un corpo, una città, una strana composizione totalmente immaginata dall’uomo bianco. Il Pellerossa gli vendette per ventiquattro dollari questo fango, colline e fiume. Curiosa transazione sapendo che nel credo di un Indiano la terra non ci appartiene. Ci è solo imprestata il tempo di una vita e così di generazione in generazione. L’uomo nero, ben altra storia. Il vento s’insinua tra le torri, con fragore. Esso racconta: New York is black, New York is red, New York is yellow.


C’est à peu près cela quand on marche dans la ville à en perdre son âme. Le corps écoute tous les corps. Cela s’entend. J’ai les oreilles brûlées par le bruit que fait le temps, l’Histoire. –Nightmare- Ils sont fiers de cette ville qui ne dort jamais. - Cauchemar-


È questo più o meno quando si cammina nella città fino a perdere la propria anima. Il corpo ascolta tutti i corpi. Ciò si sente. Ho le orecchie bruciate per via del rumore cagionato dal tempo, dalla Storia. –Nightmare- Essi sono fieri di questa città che non dorme mai. - Incubo -


Ou l’écrire. Là, dans un silence qu’on ne suppose pas. Qui existe. Perles de fureur et de fracas. Dans ce silence-là. Inhabité pour beaucoup mais si présent. A en crever les tympans. Dans le labyrinthe se diriger vers cette obscurité qui répond. Répandre les cailloux, le souffle. Tous les déshérités ont un caillou dans leur poche.


Oppure scriverlo. Qui, in un silenzio che non si suppone. Eppure esiste. Perle di rabbia e di baccano. In questo silenzio. Inabitato per i più ma così presente. Da perforare i timpani. Nel labirinto avviarsi verso quell’oscurità che risponde. Spargere i sassi, il respiro. Tutti i diseredati hanno un sasso in tasca.


L’insomnie rythme le parcours. La pluie, le givre appellent ce verre de rhum vite bu. Sur les marches, tu cognes une forme lourde. La chair peut-être se réveille. Parier ?


L’insonnia scandisce il percorso. La pioggia, la brina richiamano questo bicchiere di rhum bevuto in fretta. Sui gradini, inciampi s’una pesante forma. La carne, forse, che si sveglia. Scommettere?


Marcher contre la rumeur, le vent. Gifler ce qu’il reste d’oubli, de mémoire. Le macadam brûlé, la silhouette des passants que la vapeur, les fumées déforment, enlacent. Se désintégrer.


Camminare contro il rumore, il vento. Schiaffeggiare ciò che resta di dimenticanza, di memoria. Il marciapiede bruciato, la sagoma dei passanti che il vapore, i fumi deformano, abbracciano. Sciogliersi.


Ce dégagement dans le texte, on ne sait pas très bien pourquoi. Ce lys, cette orchidée. Le corps tu le prends à témoin. Le voyage amoureux, la fin des temps.


Questo disobbligo nel testo, chissà perché. Il giglio, questa orchidea. Prendi il corpo come testimone. Il viaggio amoroso, la fine dei tempi.


La chrysalide, la feuille du mûrier sur le givre du puzzle. L’angle de l’emboîtement. Le récit, œil crevé, mais regarder où ? Trace.


La crisalide, la foglia del gelso sulla brina del puzzle. L’angolo dell’incastro. Il racconto, occhio accecato, ma dove guardare? Traccia.


Une voie nouvelle. Leurs mains sur les feuilles détachent un sens. Ponctuent le phrasé. La vibration des murs intègre la pulsation des corps. Le cercle se resserre. Où se trouve le centre de gravité ?


Una nuova strada. Le loro mani sulle foglie fanno spiccare un senso. Sottolineano il fraseggio. La vibrazione dei muri integra il palpito dei corpi. Il cerchio si restringe. Dove si trova il centro di gravità?


L’éloignement. Seulement une parcelle d’oubli. I am an European woman. Je ne suis pas venue par Ellis Island. Peut-être aurait-il fallu pour comprendre ce déchirement de la trame interne. Cette suffocation. S’accrocher au fond de l’abîme. Sans remords. Sans envie. Et remonter.


L’allontanamento. Solo una parcella di dimenticanza. I am an European woman. Non sono passata da Ellis Island. Forse, per capire questa lacerazione occorreva una trama interiore. Questo soffocare. Aggrapparsi sul fondo dell’abisso. Né rimorsi. Né desiderio. Infine risalire.


Membre à membre, se démembrer sur une ligne d’horizon invisible. Si chanter Manhattan revient à dépecer les chats, les hommes, le moindre passant, le vagabond, la rue, le ciel, l’océan se desquame à mesure que les vagues frôlent les buildings d’acier, les tankers, les poutrelles, la fumée noire des oiseaux, au-dessus.


Membro a membro, smembrarsi s’una riga celata d’orizzonte. Se cantare Manhattan corrispondesse a squartare i gatti, gli uomini, il minimo passante, il vagabondo, la strada, il cielo, l’oceano si desquama a mano a mano che le onde sfiorano i grattacieli d’acciaio, le motocisterne, le travi, il fumo nero degli uccelli, al di sopra.


Ça sent le feu plus que la fumée. L’océan galope et gronde, rameute le bétail, les hommes seraient perdus sans ce roulis. Aux marées d’équinoxe la tête leur tourne. Ils reprennent sens, lame contre lame, larme contre larme, fureur contre fureur. Le temps d’épeler le suc, les robes, les oiseaux vient lentement.


Più che il fumo si sente il fuoco. L’oceano galoppa e tuona, raduna il bestiame, gli uomini sarebbero smarriti senza quel rollio. Alle maree d’equinozio gli gira la testa. Riprendono i sensi, lama contro lama, lacrima contro lacrima, furore contro furore. Il tempo di compitare il succo, i vestiti, gli uccelli arriva con lentezza.


Vœux criminels, lentes adorations toutes tes fibres ont tenu la distance. Bellini, Tintoret :
I remember the gulls and the waves
I remember the islands going dark on the sea
I remember the girls laughing

les commencements et le suc, Muriel Rukeyser, Viera, un Comte polonais, les mailles du filet. Une sculpture installe sa légende sur les eaux, tu ajoutes tes vers au poème d’accueil, l’immigrant te salue. C’était pour lui, cet agencement proche du miracle, cette ruche et le lit que tu ouvres sur les rues qui voyagent d’Est en Ouest, les avenues s’étirant du Nord au Sud, la mappemonde se réduisant à ce cube d’acier, ces pyramides soleil levant, ce miel.

New York, mars 2003-juin 2004         


Auguri criminali, lente adorazioni tutte le fibre hanno retto alla distanza. Bellini, Tintoretto:
I remember the gulls and the waves
I remember the islands going dark on the sea
I remember the girls laughing

gli inizi e il succo, Muriel Rukeyser, Viera, un conte polacco, le maglie della rete. Una scultura colloca la sua leggenda sulle acque, tu aggiungi i tuoi versi al poema dell’accoglienza, l’immigrante ti saluta, Era per lui, questa concatenazione vicina al miracolo, quell’alveare e il letto che apri sulle strade che viaggiano d’Est in Ovest, i viali che s’allungano da Nord a Sud, il mappamondo ridotto a questo cubo d’acciaio, le piramidi a levante, quel miele.

New York, marzo 2003-giugno 2004         





*

J’épelle syllabe après syllabe ce dit de la mort.
Mon chant de vie, en quelque sorte. Là, où Dieu n’existe pas.
Pourtant, partout, présent. Dans l’angoisse. Le coma.
La résurrection.

C’est pourquoi je cite les Évangiles.

Ma lampe s’éteint.

Une lueur, ce soir, éclairera le monde.

Vendredi saint. La Samaritaine.

La mer est si calme que j’en ai le souffle coupé.

Les vers luisants font un bracelet au ruisseau.

Irai-je là, où il est impossible d’aller ?

Ma mère et mon père vêtus de linges pauvres.

Les fagots dressés pour le bûcher.

Le fleuve premier attentif au déroulement de l’acte.

Aux premières loges pour le poème et pour la mort.


*

Compito sillaba dopo sillaba questo detto della morte.
Il mio canto di vita, in un certo senso. Laddove Dio non esiste.
Tuttavia, ovunque, presente. Nell’angoscia. Il coma.
La resurrezione.

E perciò cito i Vangeli.

La mia lampada si spegne.

Un bagliore, stasera, rischiarerà il mondo.

Venerdì santo. La Samaritana.

Il mare è così calmo che ne ho il fiato mozzo.

Le lucciole stanno inanellando il ruscello.

Mia madre e mio padre vestiti di panni dimessi.

Le fascine accatastate per il rogo.

Il fiume per primo attento allo svolgersi dell’atto.

Nelle prime file per la poesia e per la morte.


*

Je ne sortirai pas de ce dénuement, de cette perte.

J’irai jusqu’au bout de la nuit.

Je m’engloutirai sous l’écorce d’un arbre
qui ressemblerait à un homme debout.

Je me coucherai contre les murs de toutes les caves,
dans tous les immeubles des plus lointaines banlieues.
Ceux qui ont des graffiti, du sperme et du sang.
Ceux qui dégoulinent de crasse, d’humeurs, de tumeurs et de chancres.
Ceux que personne ne veut voir.

Ceux qu’on oublie.

Ceux qui désertent la lumière. Ceux qui puent l’angoisse.
Ceux qui n’ont jamais connu d’horizon.
Ceux fermés à tout jamais. Les murs d’orbe.

Tandis que la mer continue à bercer le rivage.


*

Giammai uscirò da questa indigenza, da questa perdita.

Andrò fino in fondo alla notte.

Mi seppellirò sotto la scorza di un albero
che abbia le sembianze di un uomo in piedi.

Mi sdraierò contro i muri di tutte le cantine,
in tutti i caseggiati delle più sperdute periferie.
Quelli che hanno graffiti, sperma e sangue.
Quelli che sgocciolano di lerciume, di umori, di tumori e gangrene.
Quelli che nessuno vuol vedere.

Quelli che dimentichiamo.

Quelli che abbandonano la luce. Quelli dal fetore d’angoscia.
Quelli che non hanno mai conosciuto orizzonte.
Quelli chiusi per sempre. I muri ciechi.

Mentre il mare insiste a cullare la riva.


*

Je ferme mes yeux. Je ne parle plus.

Les coquillages chantent encore à mes oreilles.
Je me révulse. Je prends ma tête dans mes mains.
Plus aucun son jamais.

Pas revoir. Ne pas dire. Muet à ce qui se tait.

Encore un signe. Non.

Encore une plainte. Non.

Nul paysage. Une rue absente. Un effacement.

Gommer.

D’un coup de gomme tout rayer. Le texte mangé, englouti, perdu.

Le corps, ses désirs, sa soif. La lumière. Tout.

Même la fillette qui joue au cerceau sous la lune.
Son reflet. Le cri. Sa traduction. La conquête. Les secrets.
La pierre sourde. Et des siècles durant, la beauté d’un visage.


*

Chiudo gli occhi. Non parlo più.

Le conchiglie cantano ancora ai miei orecchi.
In preda allo sconvolgimento. Mi prendo la testa tra le mani.
Più nessun suono mai.

Non rivedere. Non dire. Muto a ciò che si tace.

Ancora un segno. No.

Ancora un lamento. No.

Nessun paesaggio. Una strada assente. Un’eliminazione.

Cancellare.

Con un colpo di gomma far piazza pulita di tutto. Il testo mangiato, ingoiato, perduto.

Il corpo, i suoi desideri, la sua sete. La luce. Tutto.

Anche la ragazzina che gioca al cerchio sotto la luna.
Il suo riflesso. Il grido. La sua traduzione. La conquista. I segreti.
La pietra sorda. E per secoli, la bellezza di un volto.


*

De la parabole au silence, en venir aux mains.
À cette lutte entre soi et soi.

Entre dedans et dehors, fermer toute possibilité d’errance.

Elle, entre ses draps qui ne verront plus le jour.

Une autre, peut-être moi, face à ce dit de la mort.

Donner l’ordre à tous les navires qui ont pris la mer de jeter l’ancre.

À tous les déserts d’avancer sur les terres fertiles, de limoger la vie.

Si l’eau coule encore entre les guerres, le pont oublie le fleuve.

Le babil des enfants ne peut assouvir leur faim. Il se tait.

L’homme et le loup meurent inutilement.

Sans lanterne, la nuit éponge l’ombre qui éponge la nuit.

Les fougères et les chênaies austères forment une paroi
que les flammes agressent dans la torpeur de l’été.

L’humanité a perdu la vue.

Le goût, le toucher ne sont que cendres.

Certains se masturbent derrière un arbre pour ne plus
rien entendre de ce qui se dit.


*

Dalla parabola al silenzio, fino ad andare alle mani.
A questa lotta tra sé e sé.

Tra dentro e fuori, chiudere ogni possibilità d’erranza.

Lei, tra le sue lenzuola che non vedranno più il giorno.

Un’altra forse io di fronte a questo detto della morte.

Dare l’ordine a tutte le navi che hanno salpato il mare di gettare l’ancora.

A tutti i deserti di avanzare sulle terre fertili, di silurare la vita.

Se l’acqua scorre ancora tra le guerre, il ponte dimentica il fiume.

Il chiacchiericcio dei bambini non può placare la loro fame. Esso tace.

L’uomo e il lupo muoiono inutilmente.

Senza lanterna, la notte prosciuga l’ombra che prosciuga la notte.

Le felci e gli austeri querceti formano una parete
che le fiamme aggrediscono nel torpore dell’estate.

L’umanità si è accecata.

Il gusto, il tatto, solo cenere ormai.

Alcuni si masturbano dietro un albero per non più
sentire ciò che si dice.


*

écrire au quotidien les parois de verre les assauts le givre

croire au plus loin de soi l’océan sa mesure revenus sur l’immense et voguant

sur l’arche des mots

la Terre à ton chevet l’univers ta poussière mêlés

scories sans lumière ou lumières sans scorie dans l’errance la ligne de fuite

le parcours acéré de l’écrit

probable l’étreinte probable l’éreintement

tu survis au soleil sous le vent qui contourne les îles essaimées sur l’azur

le noir et blanc d’une durée prononcée

et qui se cherche dans le rythme de tes pas l’herbe que tu fouettes la rivière qui longe les versets de tes psaumes

tu prends au centre le chemin choisi

la fureur te malmène tu avances dans la révolte le sensuel le désirant la cognée

tu avances au large des pluies tu sillonnes ce vaste les blés sur le crépuscule l’ornière te dévoie

tu reprends ta route

tu accostes sur la parcelle le muret de tes jours si l’éternité n’est guère plus longue que la vie ton sillage creuse ce qui vient

une maison une saison

une glycine sous l’auvent de tes gestes d’enfant

partout comme ici même le chant

couleur café couleur cordages couleur serpent poudres et pigments même dans le fervent

l’appel de la note le bond du jaguar

les oiseaux incendiaires l’insensé désert son reflet sur la couche de l’aimé

sans que rien non rien ne puisse t’arrêter


*

scrivere giorno per giorno le pareti di vetro gli assalti la brina

scrivere nel più lontano di sé l’oceano la sua misura ritornati
sull’immenso e navigando

sull’arca delle parole

la Terra al tuo capezzale l’universo la tua polvere mischiati

scorie senza luce o luci senza scoria nell’erranza la linea di fuga

l’aguzza strada dello scritto

probabile abbraccio probabile sfinimento

sopravvivi al sole sotto il vento che circonda le isole che sciamano sull’azzurro

il nero e bianco di spiccata pronunzia

si cerca nel ritmo dei tuoi passi l’erba che frusti mentre il fiume costeggia i versetti dei tuoi salmi

prendi al centro il sentiero scelto

il furore ti sfianca avanzi nella rivolta il sensuale il desiderante la scure

avanzi sospinta al largo delle piogge solcando questa vastità i campi di grano sul crepuscolo traviata dal solco

riprendi la tua strada

ti avvicini alla parcella col muretto dei tuoi giorni se l’eternità non è molto più lunga della tua vita la tua orma scava ciò che capita

una casa una stagione

un glicine sotto la tettoia dei tuoi gesti infantili

ovunque come qui anche il canto

color caffè color cordame color serpente ciprie e pigmenti anche nell’intensità

il richiamo della nota il balzo del giaguaro

gli uccelli incendiari l’insensato deserto il suo riflesso sul giaciglio dell’amato

senza che niente no niente possa fermarti


*

ne pas se poser de questions après le désastre l’aube vient surprendre les enfants leurs mains en corolles sur le lit ils m’accompagnent sont là avec leur sourire leur désir d’être plus que jamais des oiseaux dans ma nuit effacer la nuit la provocation de la mort le coma huit longs jours qui hanteront mon esprit jusqu’à ce que je disparaisse mais regarder devant toujours à l’avant de la proue

le navire de la haute mer a largué les amarres

je ne vois qu’eux dans le silence blanc de la chambre
je demande qu’ils apportent leurs jouets et qu’ils jouent
leurs baisers sur mes paupières colorent les traces
éteintes plus jamais ça je ne recommencerai pas

le soleil sa brûlure sur les rives le fleuve dernier sera


*

non porsi domande dopo il disastro l’alba arriva per sorprendere i bambini con le loro mani a corolla sul letto mi accompagnano sono qui col sorriso col desiderio di essere più che mai uccelli nella mia notte cancellare la notte la provocazione della morte il coma otto lunghi giorni che invaderanno la mia mente fino a che io scompaia ma guardare davanti sempre sul davanti della prua

la nave dell’alto mare ha mollato gli ormeggi

non vedo che loro nel bianco silenzio della camera
chiedo che portino i giocattoli e che giochino
i loro baci sulle mie palpebre dipingano le tracce
spente mai più questo non ricomincerò

il sole la sua scottatura sulle rive il fiume ultimo sarà


*

dans l’intensité la dureté du passage les infirmiers
les médecins leurs discours je suis déjà ailleurs
en avant sur la route stellaire ils s’étonnent de cette
transformation de ce courant électrique qui me traverse
non pas ravageur mais porteur de paix j’embrasse
ma fille et mon fils pour la première fois je les reconnais
à leurs yeux fervents fossettes et mèches de cheveux
plus claires sur le front c’est à eux que je dédie ce fleuve dernier

l’enthousiasme venu de derrière la mort du plus loin
rien à comprendre sinon la vie son fleuve même si
les cadavres longent les plaines les villes les déserts
autour de moi dans les chambres de cet hôpital
certains meurent de n’avoir pas su pas pu penser
le retour l’avancée

je suis déjà en avant ailleurs sur la route stellaire


*

nell’intensità la durezza del passaggio gli infermieri
i medici i loro discorsi io sono già altrove
sbalzata avanti sulla strada stellare si meravigliano di questa
mia mutazione di questa corrente elettrica che m’attraversa
non rovinosa ma portatrice di pace bacio
mia figlia e mio figlio per la prima volta li riconosco
ai loro ferventi occhi fossette e ciuffi di capelli
più chiari sulla fronte a loro dedico questo fiume ultimo

l’entusiasmo venuto da dietro la morte dal più lontano
nulla da capire tranne la vita il suo fiume anche se
i cadaveri rasentano le pianure le città i deserti
attorno a me nelle camere di questo ospedale
alcuni muoiono per non aver saputo potuto pensare
il ritorno l’avanzata

sono già avanti altrove sulla strada stellare


*

il faudra me reposer longtemps deux mois au moins et je me prépare à cette trêve des mots de l’écriture encore et encore qui viennent irriguer le cerveau cela vit s’aère les premiers pas sur la terre ferme cette occasion de revenir à sa naissance unique et belle comme une aube la rosée du matin sur les fleurs

le poème le texte les enfants la lumière derrière les vitres l’hôpital ne sera qu’un passage la pluie vient rafraîchir les feuilles le jardin s’éclaire je me nourris je bois à la vie

ils me posent des questions je raconte cette expérience de la mort cette faille dans le système la suffocation jusqu’à l’épuisement il fallait tirer un trait je l’ai fait

aller à la ligne paraissait impossible je sombrais avant que s’ouvre un nouveau paragraphe


*

dovrò riposarmi a lungo per due mesi almeno e mi preparo a questa tregua di parole della scrittura ancora e ancora che vengono a irrigare il cervello e ciò vive prende aria i primi passi sulla terra ferma questa occasione di tornare alla sua nascita unica e bella come un’alba la rugiada del mattino sui fiori

la poesia il testo i bambini la luce dietro i vetri l’ospedale non sarà che un passaggio la pioggia viene a rinfrescare le foglie il giardino si rischiara mi nutro bevo alla vita

mi pongono domande racconto questa esperienza della morte questa faglia nel sistema il soffocare fino allo sfinimento bisognava azzerare l’ho fatto

andare a capo sembrava impossibile m’inabissavo prima di aprire un nuovo paragrafo




Jeanine Baude
Scrittrice, poetessa, saggista e critico, nata il 18 ottobre 1946 a Eyguières nelle Bouches du Rhône. Laureata in Lettere Moderne (Aix-en-Provence U1). Dirigente in una impresa privata per più di venti anni. Attualmente vive e lavora a Parigi. Originaria delle Alpilles, ha seguito la strada delle rocce d’est in ovest e torna da Saint-Rémy de Provence e Cassis, dalle Hautes Tatras alla Pointe de Pern, da Ouessant fino a New York sul luogo d’intimi marosi: la poesia. Dice di sé « J’écris avec mon corps, je marche avec mon esprit » (con il corpo scrivo, con la mente cammino) o ancora « Je commets le délit d’écriture » (commetto il delitto di scrittura) per così esplorare l’indefinibile terreno.

Ha pubblicato una trentina de libri, saggi, racconti, poesie tra cui:

Poesia

  • Juste une pierre noire, Édition Bruno Doucey 2010
  • Ile corps océan/Isla Cuerpo Océano, tradotto da Porfirio M.Macedo, L’Arbre à Paroles 2007
  • Le Chant de Manhattan, Seghers, 2006
  • L’Adresse à la voix, Rougerie, 2003
  • Ile Corps Océan, co-édition L’Arbre à Paroles-Écrits des Forges-Phi, (Belgique, Canada, Luxembourg) collection l’Orange Bleue, 2001
  • Incarnat Désir, Rougerie, 1998
  • Océan, Rougerie, 1995
  • C’était un paysage, Rougerie, 1992 (Prix Antonin Artaud 1993)
  • Ouessanes, Sud, 1989

Prosa

  • Emma Goldman « non à la soumission », Actes Sud Junior
  • Le Goût de Buenos Aires, Le Mercure de France, 2009
  • New York is New York, Tertium Éditions (ex Éditions du Laquet), 2006
  • Colette à Saint-Tropez, Langage et volupté, Images en Manœuvre Éditions, 2004
  • Venise Venezia Venessia, Éditions du Laquet, 2001 (Riedizione nel 2002)
  • Venise Idylle, Rapport d’étape, Venise, 2002

Saggi

  • Rêver Québec con Danielle Fournier, Revue l’Arbre à Paroles n° 140, juin 2008
  • Andrea Zanzotto, Revue H.i.e.m.s n° 9, 2002
  • L’insoutenable légèreté du poème, (4 poètes slovaques, Turan, Bielik, Zbrúz, Litvak) Revue L’Arbre à paroles n° 109, Belgique, 2000
  • Venises sous les bois de la forêt de Cadore, Revue L’Arbre à paroles n° 103, Belgique, 1999
  • Minéral Minimal, Revue Sud n° 110-111, 1995
  • Correspondance René Char-Jean Ballard 1935-1970, préfacée et annotée, Rougerie 1993

Libri d’artista

  • La parabole du visage, con Françoise Rohmer, Livre pauvre et Gallimard
  • Aspect 1, con Maria Desmée, Desmée Édition, 2008
  • Le Fleuve trop longtemps, con Maya Boisgallays, Éditions Transignum, 2005
  • Le Bol du matin, con Serge Plagnol, Éditions Tipaza, 2003
  • Omphalos, con Dominique Romeyer, Éditions Nan’Nigi, 2002
  • Un Bleu d’équinoxe e Labiales, con Michel Carlin e Jean-Paul Chague, Éditions A.B. 2001
  • Hiéroglyphes, con Jacques Clauzel, Éditions À Travers, 2000

Ha collaborato a numerose riviste europee e straniere.
Membro del comitato di edizione della rivista Sud dal 1992 al 1997.
Membro del comitato di redazione della rivista L’Arbre à paroles.

Numerosi brani delle sue opere sono stati tradotti in inglese, spagnolo, italiano, bielorusso e slovacco.

2008     Grand Prix International de Poésie Lucian Blaga décerné par l’Université de Cluj-Napoca per l’insieme della sua opera.
2006     Elle en île, dossier letterario attorno all’opera di J.B., Revue Décharge n°128.
2003     Printemps-été, revue Littéréalité, Toronto, Canada, pubblicazione di un’intervista di John Stout (Université de Mac Master, Hamilton, Canada)
1997     P.N. Review (Manchester, Angleterre) Oceanic Feelings da Roger Little (University Trinity College, Dublin, Irlande).
1995     Dalhousie University, Halifax, N.S. Canada da Michaël Bishop, Contemporary French Poets, volume II,“from Hyvrard and Baude to Etienne and Albiach” Atlanta, Éditions Rodopi.

Segretaria generale del P.E.N Club francese.
Presidente del Prix du Poème en Prose Louis Guillaume.


viviane.c@alice.it