FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 63
marzo 2023

Cadute

 

AIXA RAVA, SU QUESTA STESSA NEVE

di Marisa Martínez Pérsico



Che identità possiede ciò che si corrompe? Che identità conserva l’effimero? Su questa stessa neve racchiude, già a partire dal titolo, una contraddizione apparente che funziona come combustibile per la fabulazione lirica: le proprietà fisiche della neve sono simboliche. Qualunque cosa si provi ad appoggiare sulla neve fisica risulterebbe poco durevole, ma per la poetessa è proprio la neve quella lente che permette di vedere la realtà a lungo termine, quel mezzo privilegiato della memoria, quel risveglio immediato dell’evocazione, quel senso del presente e del futuro: “Una palla di neve è come una sfera di cristallo: / posso vedere attraverso le strade bianche […] le orme fluttuanti, fangose […] Posso vedere anche le serate / di gioco in casa: […] mamma che tesse e beve il mate e nel mentre ci guarda”.

Aixa Rava, poetessa argentina nata nel 1982 nella Terra del Fuoco, costruisce un mondo onirico dove la delicatezza convive con la primitività nella tensione quotidiana di un io che vive in un paesaggio immenso, inarrivabile, a tratti indomabile. La sua poesia è un contrappunto di ghiacciai, nevischio, vallate, pioppi protettori, frutti di bosco, faggi elevati – le querce della Terra del Fuoco conosciute come faggio australe o quercia bianca –, piante del rosario, olivelli spinosi (carrube), e i “piccoli movimenti affettivi” che si sviluppano negli interni domestici: la cerimonia del fare il pane, la preparazione del mate, le torte fritte della zia Mercedes che durano quanto la pioggia, le discussioni con il padre, gli incontri amorosi e le loro delusioni.

Questo sguardo plurale sul paesaggio umano e naturale, che riunisce in modo efficace gli spazi dell’immensità patagonica (Terra del Fuoco, Neuquén) con i microclimi intimi, dà luogo ad una voce personale e a tratti inquietante che indaga tra l’alienazione e la familiarità.
La tensione di questi incroci è stata esplorata dalla letteratura argentina durante il ventesimo e il ventunesimo secolo: dalla narrativa di Julio Cortázar e Silvina Ocampo fino a quella di Marianna Enríquez, e nella poesia recente, come nel caso di Andrea López Kosak in Animales de costumbre (2021). Aixa Rava si inserisce, quindi, in una prolifica tradizione nazionale e introduce un andamento proprio nel trattamento di questi argomenti. Ciò che è “familiare minaccioso” si mette in luce, per esempio, all’inizio di “Tutti i giorni hanno sangue”:

      non importa dove guardi:
      il jumper il cuscino la sedia i diari
      le lenzuola di Mafalda i cani nel cortile
      una tartaruga che morde un’altra sotto il ciliegio.
      Tutti i giorni contare il numero
      dei caduti, le ore […]
È presente in questa antologia – che riunisce poesie dei quattro libri pubblicati più alcuni testi inediti – un altro filo conduttore, che è la rappresentazione animale. La fauna irrompe nella sua dimensione reale e immaginaria, come in un bestiario, e i ragni non sono insetti bensì capelli: “i capelli come matasse / sulle piastrelle della doccia. / Quando sono senza occhiali/ sono ragni immobili che intrecciano / l’acqua che cade dal mio seno fino al mio pube”. Lontre, ragni, scarafaggi, cani, orche, tartarughe vivono in una casa che è una specie di meta-corpo, una proiezione delle sensazioni fisiche e spirituali di colei che ci abita, e che eredita le sue condizioni spirituali.

In queste pagine è costante il dialogo tra gli opposti, insurrezioni-sottomissioni, casa-campo minato, freddo-calore, limite-vuoto. In relazione al calore, la cucina è lo spazio prediletto di molte poesie, e il rito di cucinare genera tanto l’evocazione del passato familiare quanto le fantasie di cannibalismo amoroso dove il piacere si confonde con l’orrore:

      Penso mentre taglio le patate
      mentre cucino per me come tempo fa
      cucinavo per noi
      che vorrei cucinarti,
      cucinarti in questo tegame
      tagliuzzarti con un pezzetto di fungo
      magico
      condirti a piacimento, soffriggerti appena
      con cipolla e peperoncino rossi
      […]
      ti mangerei a morsi disperati
      per averti dentro come mai prima d’ora.
Le soluzioni aforistiche di questo libro sono numerose: “Non c’è creazione, non provare a cercarla / questo è un mondo di repliche”; “A volte l’armatura / assomiglia ad un guscio / e si spezza”; “il corpo non mente […] però scappa in qualche modo”; “Mi sono innamorata profondamente/ ma non mi sono innamorata bene / senza dare spazio alla paura / allo sconforto”; “A poco a poco accerchiati / i luoghi del mio corpo. / No, non l’ho fatto da sola / da sola non potevo arrivare a tanto / territorio vivo”. Notevole la sperimentazione verbale, i neologismi e le parole composte che apportano la loro dose di straniamento linguistico ad un’atmosfera sorprendente: libellula, campo-minato, pre-tormenta.

Ampie riflessioni territoriali si sommano alle scene domestiche e all’idea di erranza: la migrazione interna, individuale, all’interno della stessa Patagonia argentina, e la migrazione intercontinentale, ancestrale e familiare, con una nave metaforica partendo da un popolo dell’entroterra, situato nella regione italiana delle Marche. Il poema “Un antes” evoca gli antenati italiani: “Ha fatto un tè alla curcuma e zenzero / e ci siamo seduti ad immaginare un prima: / la nave salpando da Treia, il bambino senza sorella né madre, / la terra nuova e quella promessa”. Sono costanti i riferimenti agli spazi della nascita e delle radici: la Terra del Fuoco con la sua insularità conflittuale (l’ isola può essere un carcere dove sentirsi al contempo libera e imprigionata) e la sensazione di “sentirsi vuota” dopo il trasferimento in un’altra terra patagonica distante, la “nuova casa” di colline colorate, Neuquén, terra delle mele.

Aixa Rava crea una poesia con una proiezione verso l’interno e verso l’esterno. Ci rivela uno sguardo personale, lirico e intimista su un territorio affascinante, la Patagonia, con il suo toponimo coniato da Antonio Pigafetta durante la spedizione in cui accompagnò Ferdinando Magellano nella circumnavigazione del globo, tra il 1519 ed il 1522.




[Le poesie qui sotto tradotte nascono dal compito di traduzione che ho assegnato durante le lezioni di Letteratura Ispano-americana (modulo A) presso il corso di Laurea Magistrale in Lingue e Letteratura Europee e Americane dell’Università di Roma “Tor Vergata” durante il primo semestre dell’a.a. 2022-2023. Le traduzioni appartengono alle studentesse Elisabetta Longo, Alessandra Castellani, Marta Colelli, Giulia Ardito e Silvia Alessandro.]


POESIE DI AIXA RAVA
da Su questa stessa neve
2022, Spagna


EL RASTRO

Me quedé
en esa llamada —etapa de la niña
il ritornello
mirando el árbol
subiéndolo
reptándolo
uniéndolo al tiempo.
En el instante último encontré
el bucle infinito de los recuerdos
como un gusano que una y otra vez
pisa el rastro de sí mismo.

Así, toda la tarde
después de que te fuiste.


LA TRACCIA

Rimasi
nella così chiamata – fase dell’infanzia
il ritornello
guardando l’albero
salendoci sopra
strisciandoci
unendolo al tempo.
In quel singolo istante ritrovai
la spirale infinita dei ricordi
come un baco che di nuovo
cammina sulle tracce di sé stesso.

Così, tutto il pomeriggio
dopo che te ne sei andato.

Traduzione di Elisabetta Longo


COCINAR

Pienso mientras corto las papas
mientras cocino para mí como hace tiempo
cocinaba para nosotros
que yo querría cocinarte a vos
cocinarte en esta cacerola
reducirte con un bocado de hongo
mágico
salpimentarte a gusto, rehogarte apenas
con cebolla morada y pimiento rojo
ponerte las papas debajo y encima
no te preocupes
hace calor pero el aroma es extraordinario.
Quedarías tierno, casi tanto como sos
dorado
así como se vuelve tu pelo en el verano,
te comería a mordiscos desesperados
tenerte dentro como nunca antes.

Está claro
que todavía no puedo
cocinar para otro.


CUCINARE

Penso mentre taglio le patate
mentre cucino per me come tempo fa
cucinavo per noi
che vorrei cucinarti,
cucinarti in questo tegame
tagliuzzarti con un pezzetto di fungo
magico
condirti a piacimento, soffriggerti appena
con cipolla e peperoncino rossi
metterti le patate sopra e sotto
non preoccuparti
fa caldo ma l’aroma è straordinario.
Saresti tenero, quasi quanto sei
dorato
così come diventano i tuoi capelli d’estate,
ti mangerei a morsi disperati
per averti dentro come mai prima d’ora.

È ovvio
che ancora non posso
cucinare per un altro.

Traduzione di Alessandra Castellani


EN CONSTANTE RETORNO

Vuelvo a los sueños eternos de los veranos,
al cálido roce de las colchas rojas
sobre el piso helado.
Vuelvo a tomar la leche de las botellas,
a comer masitas de latas negras.
Entre la lluvia nadan unas memorias
y en una gota cabe todo el universo,
en una gota que me trago,
cuando cierro los ojos y adormezco el pecho.

Las baldosas bajo mis pies diminutos
son rojas —mis zapatos, negros.
A veces no sé si es cierto lo que veo,
las imágenes se funden con los hechos.
Sólo sé que vuelvo como un pájaro,
me extravío en los silencios.
Vuelvo al centro de la ausencia
y me construyo con ecos.


IN COSTANTE RITORNO

Torno ai sogni eterni dell’estate,
al caldo tocco della coperta rossa
sul pavimento ghiacciato.
Torno a bere il latte dalla bottiglia,
a mangiare biscotti da scatole di latta nere.
Nella pioggia nuotano dei ricordi
e in una goccia risiede l’intero universo,
in una goccia che ingoio,
quando chiudo gli occhi e rassereno il mio petto.

Le piastrelle sotto i miei piedi minuscoli
sono rosse – le mie scarpe, scure.
A volte non sono sicura di ciò che vedo,
le immagini si sciolgono con i fatti.
So solamente che torno come un uccellino,
mi smarrisco nei silenzi.
Torno al cuore dell’assenza
e mi plasmo con gli echi.

Traduzione di Marta Colelli


LOS SITIOS DE MI CUERPO

Sitiar tiene impronta latina
y su forma replica la de una muralla.
Sitiar es acción colectiva, individual, acción humana.
Sitiaste una parte minúscula, suelo de mi pelvis.
Sitié entera la corteza donde se alojó el recuerdo.
Sitiamos los ratos libres, las noches de celo
cada vocablo dulce, cada veneno.
Poco a poco cercados
los sitios de mi cuerpo.
No, no lo hice sola
no puedo sola con tanto
territorio vivo.


I LUOGHI DEL MIO CORPO

Circondare è un tratto latino
e la sua forma imita quella di una muraglia.
Conquistare è azione collettiva, individuale, azione umana.
Sei entrato sottopelle, nel mio grembo.
Ho invaso la mia memoria con i tuoi ricordi.
Abbiamo conquistato il tempo libero, le notti di zelo
ogni vocabolo dolce, ogni veleno.
A poco a poco conquistati
i luoghi del mio corpo.
No, non l’ho fatto da sola
non posso farlo da sola con un
territorio così vivo.

Traduzione di Giulia Ardito


NOMBRE

Si tengo una hija, voy a llamarla Lidia
como vos, como esa sombría Winona Ryder
que no se te parece en nada.
Le voy a enseñar a preparar
ese pan con manteca y azúcar de tus meriendas.
Le voy a contar que hacías la chocolatada
con más leche que cacao
y nos quejábamos todos los nietos
de que la batieras tanto
y nos negaras los grumos.
La voy a ayudar a mantenerse firme
a honrarse a cada paso
y seguro me saldrá esa rectitud
que nos diste de balde.
Fue muy poco el tiempo que estuvimos juntas
pero toda imagen que hilvano a tu nombre
tiene el pulso reloj de tus palabras roncas
de tu lento andar dentro de casa
de tu estar sereno en la puerta de entrada
y si tengo una hija, quiero que sepas
como vos, voy a llamarla Lidia.


NOME

Se avrò una figlia, la chiamerò Lidia
come te, come quella cupa Winona Ryder
che non ti assomiglia affatto.
Le insegnerò a preparare
quel pane con burro e zucchero delle tue merende.
Le racconterò che facevi il latte al cioccolato
con più latte che cacao
e tutti noi nipoti ci lamentavamo
del fatto che lo sbattessi tanto
e ce ne negassi i grumi.
La aiuterò a rimanere forte
ad onorarsi ad ogni passo
e sicuramente mi uscirà fuori quella rettitudine
che ci insegnasti invano.
Fu molto poco il tempo che passammo assieme
eppure ogni immagine che riconduce al tuo nome
è scandita dalle tue parole roche
dal tuo camminare lento dentro casa
dalla tua attitudine serena alla porta d’ingresso
e se avrò una figlia, voglio che tu sappia
che come te, la chiamerò Lidia.

Traduzione di Silvia Alessandro




Aixa Rava (Argentina, Tierra del Fuego, 1982)
Professoressa di Lettere presso l’Università Nazionale del Comahue, scrittrice e direttrice del marchio di libri illustrati Tanta Ceniza Editora. Vincitrice della borsa Can Serrat per il seminario di scrittura del periodo estate-autunno 2022 e della borsa Faberllull Olot, per novembre 2022.
Ha pubblicato i libri di poesia Barda (Buenos Aires Poetry, 2014), La luz no se corta como el papel (Ediciones con doble zeta, 2016), Los sitios de mi cuerpo (Añosluz Editora, 2019), En el patio crece una planta rosario (Qeja Ediciones, 2021) e l’antologia completa Sobre esta misma nieve (Esdrújula Ediciones, 2022).
Fa parte delle antologie Rumiar. Volumen I (Rumiar Editorial, 2018), Poesía Añosluz (Añosluz Editora, 2020), Poesía Neuquén (Honorable Legislatura del Neuquén, 2020), Camellia. Mujeres que toman té (Tanta Ceniza Editora, 2021), Flor del Espinillo XXI (Municipalidad de Curuzú Cuatiá, 2021), Paisajes del interior. Antología de mujeres poetas de la Patagonia (Isla Negra Editores, 2021), Mujer y escritura en la Argentina actual (PEN Argentina, 2022) e Antología de Poetas Argentinas 1981-2000 (Ediciones del Dock, 2022).

(foto di Martí Albesa)

marisamarp@gmail.com