FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 54
gennaio/aprile 2020

Fiabe & Follia

 

IN UN TEMPO DI ETERNO PRESENTE
Sulla poesia di Eleftherìa Sapountzì

di Viviana Sebastio



Eleftherìa in greco vuol dire Libertà ed Eleftherìa Sapountzì (1971-2000), nella sua breve vita, ha dato pieno senso al proprio nome. La sua libertà risiedeva nella capacità di esprimersi con intensità e naturalezza attraverso la poesia e il teatro, nell’appagare la sua grande sete di vita tramite l’arte e la conoscenza, nell’agire sempre con grande generosità d’animo.

Ho conosciuto la poesia di Eleftherìa Sapountzì grazie al documentarista Claudio Di Mambro – suo amico di vecchia data –, al quale sono riconoscente per questo, unilaterale purtroppo, incontro. Forse perché nata solo due mesi prima di lei, ho nutrito sin da subito una grande curiosità per quel volto impresso su quattro polaroid. Il suo sorriso tra i monti, che si distende libero come ali di libellula e rivela candide file di perle, il suo sguardo di seta lucente e di lama dorata, resi immortali dalla pellicola, esprimono già a prima vista una smisurata sete di vita e un’intelligenza fuori dall’ordinario. La mia curiosità si è tramutata poi in sincero interesse, quando ho iniziato a scorrere i suoi versi e a scorgervi una poesia intimista, ironica e surrealista, femminile e inquieta, impregnata di mito e di tragedia.

Eleftherìa ha soli 22 anni quando Kastaniotis, una delle maggiori case editrici elleniche, pubblica la sua prima silloge poetica. Pur presentando una propria autonomia espressiva, la poesia di Eleftherìa appartiene in pieno alla generazione artistica nella quale si è formata, quella degli anni Novanta. Caratterizzata da forme e da stili diversi, questa generazione volge lo sguardo tanto al postmodernismo che e alla tradizione poetica del Novecento, in particolare alla Generazione, cosiddetta, del Trenta, nota in Italia grazie a giganti come Seferis, Elytis e Ritsos.

La seconda raccolta di Eleftherìa, In un tempo di eterno presente (Ekdoseis Alexandreia) – da cui sono tratte le poesie qui pubblicate – esce postuma, a dieci anni dalla prima, e grazie alla volontà di alcuni amici e colleghi molto vicini all’autrice. Liberate dall’archivio in cui l’artista le aveva riposte, le poesie vengono scelte una per una, ipotizzando cosa la stessa poetessa avrebbe voluto pubblicare e cosa no. Scritte nell’arco di circa un decennio, tra soggiorni in Grecia e in Germania, non datate e prive di titolo, queste poesie svolgono per Eleftherìa una funzione catartica e di protezione della la sua “sensibilità di seta”:

      circolo libera
      solo fragile
      solo il «non toccare» devo nascondere.
Nei suoi componimenti affiora l’irrequietezza di giovane donna, piena di entusiasmi e desideri, quanto di paure e di inquietudini. In lei dimorano e si alternano esplosioni di gioia e momenti cupi, in cui ritrarsi nel silenzio, tuttavia ha imparato
      con pazienza a stare in equilibrio
      sulla linea di confine.
La sua sete di vita alimenta il continuo il timore di non fare in tempo a vivere appieno la propria esistenza:
      Ho fretta.
      Tutto ora, sia quel che sia.
Il timore sfocia, talvolta, in un senso di precarietà:
      Un ramoscello mi sorregge sopra il
      dirupo
      foglia
      un soffio e sono persa.
I versi sono percorsi anche dall’esperienza erotica, da amori vissuti o mai incontrati, felici o turbolenti, e la loro storia si trascrive da sola come una poesia, e brucia di passione come la carta; la stessa carta percorsa da parole, che nei versi di Ritsos si accende di rosso:

      …quando le parole si uniscono
      la pelle della carta
      s’accende di rosso
      come
      nell’ora dell’amore
      la pelle dell’uomo
      e della donna.{1}
Figlia della sua epoca e delle lotte femministe post-dittatura, Eleftherìa gioca con la libertà dell’autoerotismo:

      Io e il mio piccolo me.
      Dormiamo sempre insieme
      e in un letto singolo
      scopriamo giochi
      che al mattino ci fanno
      arrossire.
E in un mattino come tanti, cara Eleftherìa, con “il bruciore di risvegli acerbi negli occhi”, sei partita per una destinazione a noi ignota, per andare forse dall’altra parte dello specchio, da dove torni, ne sono certa, per aggirarti “tra sonni altrui”, “in un tempo di eterno presente”.



{1}Da Erotica, di Ghiannis Ritsos, traduzione di Nicola Crocetti, Crocetti Editore, 2008.




POESIE DI ELEFTHERÌA SAPOUNTZÌ
da In un tempo di eterno presente
(Σε χρόνο αιωνίως ενεστώτα, Ekdoseis Alexandreia, Atene 2003)



3.

Τα κρυφά ψάρια ψάχνω
στα μεγάλα βάθη
τα χωρίς ονόματα
βουβή αψίς του μυστηρίου
το ακατέργαστο.
Επιτυγχάνω.


3.

Cerco i pesci nascosti
nelle grandi profondità
i senza nome
muta rete di mistero
il grezzo.
Ci riesco.


7.

Έτσι ακουμπώντας επάνω σου
λευκή σελίδα.
Γράφεται μόνο του το ποίημα. Γέμισε το δωμάτιο
η μυρωδιά χαρτί που καίγεται.
Έτσι όπως ακούμπησα, γράφτηκε μεμιάς
ιστορία.
Όλων των εραστών που υπάρχουνε γιατί ποτέ
δεν συναντήθηκαν,
των τραγικών και αιφνιδίων θανάτων
των ονομάτων που όλα γίναν εύηχα.
Έτσι που ακούμπησα γόνατα στα γόνατά σου
μηρό σε μηρό στόμα σε στόμα
έγινα ηρωίς και τραγική.
Εισήλθα πια κι εγώ στων δύο τις ιστορίες.


7.

Così posando su di te
la pagina bianca.
La poesia si scrive da sola. L’odore di carta che brucia
riempie la stanza.
Così appena posata, si è scritta d’un fiato
la storia.
Di tutti gli amanti che esistono perché
non si sono mai incontrati,
di morti tragiche e improvvise
di nomi divenuti melodie.
Così quando ho posato le ginocchia sulle tue ginocchia
coscia su coscia bocca su bocca
sono divenuta eroina e tragica.
Mi inoltro anch’io ormai nelle storie a due.


14.

Επείγομαι.
Τώρα όλα, ότι είναι να γίνει.
Λίγοι που μείναμε μην έρθει η ώρα μου και δεν
προλάβω.

Ένα κλαδάκι με κρατάει απ’ το
γκρεμό
φύλλο κι άμα
φυσήξει χάθηκα.
Ευτυχώς φέτος δεν έχει άνοιξη
κι ένα ένα φεύγουν
αστράγαλοι, έπειτα γόνατα μηροί
και προς τα πάνω η μέση
στήθος η φωνή μου
μόνα και ασυνόδευτα στα βάθη σου.
Απ’ τα μαλλιά μου πιάνομαι
πνιγμένη.
Αυτό ήταν – έγινε.
Πάει και πέρασε κι έρχεται και
θα φύγει.


14.

Ho fretta.
Tutto ora, sia quel che sia.
In pochi rimasti
non voglio che la mia ora arrivi senza
fare in tempo.

Un ramoscello mi sorregge sopra il
dirupo
foglia
un soffio e sono persa.
Per fortuna quest’anno non c’è primavera
e uno a uno se ne vanno
caviglie, poi ginocchia cosce
e verso l’alto schiena
petto la mia voce
separate e sole nelle tue profondità.
Dai capelli mi afferro
annegata.
Così è stato – è accaduto.
Va, è passato, torna e
se ne andrà.


16.

Και με τα χρόνια με κούρασε
πια η ορθοστασία, έμαθα όμως
με υπομονή πώς στη γραμμή των συνόρων
να ισορροπώ. Κάθισα.
Μπρος γκρεμός και πίσω ρέμα.
Πού φτερά, μα ούτε και κολύμπι.
Ποτέ δεν είχα κλίση στα αθλήματα.
Δεν πειράζει. Εδώ. Περιμένω.
Σύντομα θα περάσει ο Εικοστός Αιώνας.


16.

E con gli anni mi ha stancata
ormai la posizione eretta, ma ho imparato
con pazienza a stare in equilibrio
sulla linea di confine. Mi sono seduta.
Davanti il precipizio e dietro il torrente.
Dove le ali? E neppure nuoto.
Non ho avuto mai talento per lo sport.
Che importa. Qui. Aspetto.
Presto il Ventesimo secolo passerà.


17.

Εχθές με είδανε
σε ξένους ύπνους να γυρνάω.
Ποιος ξέρει πού πάλι να πήγαινα
και κόβοντας από στενά
παραπλανήθηκα κι ώρες χαμένη
εδώ κι εκεί γυρνούσα.
Τίποτα δεν πήρα μαζί μου
μόνο περιδιάβαινα, το μαξιλάρι μου
άδειο το πρωί από τεκμήρια.


17.

Ieri mi hanno vista
girare tra sonni altrui.
Chissà dove andavo ancora
e passando per vicoli
mi sono confusa e persa per ore
ho girato qua e là.
Non avevo nulla con me
vagavo soltanto, il mio cuscino
al mattino era privo di prove.


20.

Ορφανό
κι σε λάθος καιρό
και σε λάθος πλευρά
του καθρέπτη καθηλώθηκα
κι όλα βρίσκω
τα που ποτέ δεν αναζήτησα
κι όλο μου κρύβονται
τα προφανή.


20.

Orfana
e in un tempo sbagliato
e nel lato sbagliato
dello specchio sono bloccata
e ritrovo tutto
quello che non ho mai cercato
e di continuo mi si nasconde
l’evidenza.


21.

Έχουνε πάψει να περνούν
από τις μέρες μου ποδήλατα.
Αυτά τα ωραία
των σχοινοβατών
των νέων αγοριών που μικρή
ερωτεύτηκα.
Χάθηκαν τα απογευματινά
ποδήλατα της προκυμαίας.
Ποιος θα με μάθει ισορροπία
με το γνωστό κόλπο – που
πάντα καταφέρνει ωστόσο
να σε ξεγελά
πως σε κρατά
είναι πίσω σου
δεν θα πέσεις.
Κι όταν πάρεις φορά και
νομίζεις ότι πετάς
μια κρύα ανάσα στη ραχοκοκκαλιά
μια γλυψιά ανασφάλειας
σε κρυώνει.
Γυρνάς. Δεν είναι πια
το ωραίο αγόρι να κρατά
το ποδήλατο.
Η αρχή του κόσμου.


21.

Hanno smesso di passare
nelle mie giornate le biciclette.
Quelle belle
degli acrobati
dei giovani ragazzi che da bambina
mi hanno fatta innamorare.
Sono sparite le biciclette
dei pomeriggi sul molo.
Chi mi insegnerà l’equilibrio
con quel vecchio trucco – che
riesce sempre e comunque
a farti credere
che lui ti tiene,
che è dietro di te
e che non cadrai.
E quando prendi la rincorsa e
pensi di volare
un alito freddo ti percorre la schiena
un rivolo d'incertezza
ti raggela.
Ti volti. Non c’è più
il bel ragazzo a reggerti
la bicicletta.
L’inizio del mondo.


24.

Εγώ και ο μικρός μου εαυτός.
Πάντα μαζί κοιμόμαστε
και σε μονό κρεββάτι
παιγνίδια ανακαλύπτουμε
που το πρωί μας κάνουνε
να κοκκινίζουμε.

Το μυστικό των απολαύσεων
δεν θα προδώσω.
Σφιχτά μπλεγμένη Εγώ
και ο μικρός μου εαυτός
θα πορευτούμε διαπράττοντας
τα ακατανόμαστα.


24.

Io e il mio piccolo me.
Dormiamo sempre insieme
e in un letto singolo
scopriamo giochi
che al mattino ci fanno
arrossire.

Il segreto del piacere
non tradirò.
Stretta, aggrovigliata Io
e il mio piccolo me
procederemo commettendo
l’inconfessabile.


25.

Τα δάκρυα που δεν κλαίγονται
γίνονται λίμνες σκοτεινές
που στοιχειώνουν κάτω από τα μάτια.
Έπειτα οι σκιές τρώνε σιγά σιγά
όλους τους άλλους δρόμους του προσώπου.

Φτάνουν στο στόμα
μόνη γενναία είσοδος του μέσα Άδη
και κάθονται θειάφι στους πνεύμονες
ώσπου βγαίνω στον κόσμο
κέλυφος εαυτού
χωρίς κανείς να διαπιστώνει
αλλαγές
τις πλέον ελάχιστες έστω αλλοιώσεις
κυκλοφορώ ελεύθερα
εύθραυστη μόνο
μόνο το «μη εγγίζετε» έχω να κρύψω.


25.

Le lacrime non piante
diventano laghi bui
che dimorano sotto gli occhi.
Poi le ombre mangiano un po’ alla volta
tutte le altre strade del volto.

Arrivano alla bocca
unico ardito ingresso all’Ade
e si depositano come zolfo nei polmoni
finché mi affaccio al mondo
guscio di sé
senza che nessuno si accorga
di cambiamenti
di seppur minime alterazioni
circolo libera
solo fragile
solo il «non toccare» devo nascondere.


37.

Δεν έχω πια προορισμό.
Δηλαδή προορισμό ποτέ δεν είχα. Έφτιαχνα όμως το
πρωί – κάθε πρωί
που έβαζα και με ξυπνούσε ξυπνητήρι –
τις βαλίτσες μου
(δύο: μια μικρή για τα βαριά,
μια λίγο μεγαλύτερη για ότι αγοράσω)
άλλαζα όλο προφύλαξη το συνδυασμό
στα μυστικά των ημερομηνιών, των σημαδιών
και των αιώνων,
τον αποστήθιζα έπειτα σε βιαστικό καφέ
στα όρθια πάντοτε, και πάντα στην κουζίνα.

Έζησα έτσι με το κάψιμο του άγουρου ξυπνήματος
στα μάτια
την ταραχή ενός ταξιδιού αναμονή
το ξανακοίταγμα – εισιτήριο, διαβατήριο, εντάξει.
Έζησα έτσι σα χορδή, πράγμα που τελευταίως
μόνο μικρή μπορεί να έχει σημασία.

Για να συνομιλώ με τους καιρούς
των φόβων μου πάντα καλή μαθήτρια
έγινα γνώστης.

(Αυτή η ιστορία δεν ξέρω πώς τελείωσε
ούτε αν έχει τέλος τέτοια ιστορία).


37.

Non ho più destinazione.
O meglio non ne ho mai avuta una.
Al mattino però – ogni mattino
al suono della sveglia che caricavo –
facevo le mie valige
(due: una piccola per le cose pesanti,
una più grande per gli acquisti),
prudente cambiavo ogni volta la combinazione
nei segreti delle date, dei segni
e dei secoli,
la memorizzavo poi in un caffè veloce
sempre in piedi, sempre in cucina.

Ho vissuto così con il bruciore di risvegli acerbi
negli occhi
nel subbuglio di un viaggio, in attese,
ancora un controllo – biglietto, passaporto, a posto.
Ho vissuto così come una corda tesa, anche se ormai
ha ben poca importanza.

Per conversare con il tempo
sempre brava allieva delle mie paure
sono diventata esperta.

(Non so come questa storia sia finita
né se una fine questa storia ce l’ha).


Traduzione dal greco di Viviana Sebastio




Eleftherìa Sapountzì
nasce il 26 aprile del 1971 ad Atene. Appassionata di recitazione e di teatro, compie i suoi studi nella capitale greca, presso l’Accademia di Arte Drammatica e la Facoltà di Psicologia. Grazie a una borsa di studio del Governo tedesco, si perfeziona poi in Arte Drammatica presso la Hochschule der Künste di Berlino. Accanto al teatro Eleftherìa nutre un grande amore per la poesia. Il suo versificare è ben presto apprezzato da Kastaniotis, uno dei principali editori greci, grazie al quale nel 1993 pubblica la sua prima silloge Κλινήρης Δευτέρα (Lunedì ammalato).
In veste di attrice, Eleftherìa si esibisce in molte rappresentazioni teatrali e dopo aver lavorato come aiuto regista, dirige lei stessa alcuni spettacoli, tra cui Faccia di Fuoco, di Marius von Mayenburg, e Dio è un DJ, di Falk Richter, opere da lei stessa tradotte. Lavorerà anche come attrice cinematografica in più pellicole.
Nel 2000, Giannis Chouvardàs, co-direttore del "Theatro tou Notou" di Atene, dopo averla vista recitare ed esserne rimasto colpito per le notevoli doti interpretative, le propone, nonostante la giovane età, la co-direzione del suo teatro, denominato anche “Amore”. Eleftherìa accetta il ruolo con entusiasmo, ma il 22 settembre dello stesso anno spirerà proprio sul palco del suo Amore, durante le prove di Dio è un DJ. Nell’incredulità e sgomento generale per l’inspiegabile e prematura perdita, i suoi amici e familiari istituiscono, in quello stesso anno, un premio in suo onore, destinato ancora oggi all’attrice teatrale più talentuosa.
Nel 2003, alcuni amici e colleghi di Eleftherìa curano l’edizione di una sua seconda raccolta poetica, Σε χρόνο αιωνίως ενεστώτα (In un tempo di eterno presente), per Ekdoseis Alexandreia, da cui le traduzioni qui pubblicate.
Nel settembre del 2019, la ERT, la televisione nazionale greca, realizza e trasmette un documentario dedicato alla memoria della giovane e rimpianta artista.


leggilagrecia@gmail.com