FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 54
gennaio/aprile 2020

Fiabe & Follia

 

PERSINO LA MORTE RITARDA
Jordi Virallonga: poeta del disincanto spietato

di Martha Canfield



Jordi Virallonga (Barcellona, 1955), saggista, traduttore e poeta sia in castigliano che in catalano, insegna letteratura spagnola presso l’Università di Barcellona e presiede l’Aula di Poesia di Barcellona sin dalla sua fondazione nel 1989. La sua instancabile attività si può apprezzare anche nella creazione poetica, intensa, originale, vasta – ha pubblicato una ventina di raccolte, di cui due in catalano –, la quale ha già meritato diversi premi ed è stata tradotta in italiano, in arabo, in portoghese e in turco. Alcune di queste raccolte hanno introduzioni o postfazioni firmate da prestigiosi scrittori spagnoli come José Hierro, José Agustín Goytisolo, Antonio Gamoneda, e ispanoamericani come Juan Gelman, Marco Antonio Campos e José Ángel Leyva. La sua ultima raccolta s’intitola Incluso la muerte tarda [Persino la morte ritarda] ed è stata pubblicata in Spagna nel 2015, in Colombia nel 2019 e da questo intenso lavoro provengono i testi qui sotto tradotti.

Quello che colpisce e alla fine seduce nella poesia di Jordi Virallonga, paradossalmente, non è che lui ci apra mondi confortanti o visioni gioiose dell’esistenza; tutt’altro. La sua poesia illumina senza mezzi termini, spesso con le parole più feroci e perfino volgari, la condizione limitata e frustrante dell’esistenza. Possiamo avere ideali, ma la realtà sa come distruggerli; possiamo avere progetti, ma il tempo arriva prima a farli abortire; possiamo sognare, ma il risveglio del quotidiano ci impone miseria e frustrazione. La poesia di Jordi Virallonga colpisce, senza pietà; e ci parla con dura chiarezza sia dal punto di vista maschile che femminile: il suo io poetante a volte s’identifica con l’uomo, e altre volte con la donna, con una rara capacità di captare e trasmettere la sensibilità femminile, così come le condizioni di sgomento che giorno dopo giorno siamo costretti a subire. La certezza della morte come inevitabile porto finale toglie senso alla vita, non vogliamo ingannarci, sembra dirci il poeta; e tutta la filosofia, e tutto l’affetto che possiamo abbracciare non può fare niente di fronte alla rovina che il tempo impone giorno dopo giorno sul nostro corpo:

      Tutto è inversamente proporzionale alla nostra età,
      i saggi ci diedero teoremi, i genitori esistenza,
      però il corpo devastato è solo nostro.
      (Essere Ulisse)
La sua poesia è segnata dall’ironia e dal tono provocatorio con cui affronta la realtà scoraggiante e deludente, nella quale uomini e donne devono per forza arrendersi. Il tempo passa e i sogni di ieri non trovano posto oggi; eppure, a volte, la ripetizione del quotidiano può far emergere un piccolo miracolo, la consapevolezza di essere qui oggi e di avere, certo non il principe sognato ma sì l’uomo dal piccolo bacio, o più uomini, e sempre l’amore dei genitori… Sono le riflessioni che riempiono l’anima della donna convocata ed espressa da Jordi Virallonga, nella splendida poesia L’indecenza senza importanza, con la solita crudezza eppure attraversata da una sicura tenerezza. E la tenerezza si apre strada in mezzo all’ironia e alla visione spoglia e disincantata della realtà. La troviamo, per esempio, insieme confortante e dolorosa, nel ricostruire la figura della madre, l’amore condiviso, il dolore per la sua assenza irrimediabile dato che è morta e dato che “so [che Dio non esiste]”; ma allora l’immaginazione arriva e la realtà le cede il posto e l’anima si ricompone:
      Questo l’ho scritto perché a volte,
      quando mi sento male
      perché non mi domandano di te e glielo dico,
      e so o non so, mamma, tu mi conosci,
      ho bisogno d’inventarmi […] che a casa mia
      ci sia stato l’amore, ci sia stata una regina,
      ci sia stata gente straordinaria.
      (La misura impossibile del mare)
Tutti noi, grandi o piccoli, eroi o miserabili, siamo costretti a vedere i limiti di una realtà che non ci è permesso di modificare e prima o poi dovremo accettare che in essa i sogni hanno un posto molto esiguo. Eppure, in quel tempo che ci è concesso, in quell’angolo di spazio da cui non possiamo evadere, prima o poi potremo trovare, come quel piccolo “uomo relativo” e “invertebrato”, una conciliazione, un momento fuori dalla minaccia della morte, rilassato e godibile:
      Ma persino la morte ritarda,
      nel frattempo concilia [l’uomo relativo], ebbene sì, un pensiero,
      si disarticola nel sofà con un bicchiere di vino nero, nero,
      e i molteplici ragni del National Geographic.
      (Persino la morte ritarda)
Tuttavia, la sofferenza inevitabile, lo strazio della separazione da chi abbiamo amato, strazio che tutti prima o poi avremo provato, trova un rimedio meraviglioso nella parola ricreata e scritta, nell’armonia della parola che sa incantare il disincanto, cioè nella forza magica della poesia:
      […] a volte
      la vita di un viaggiatore
      sta in una scatola con foto e chiavi senza porta,
      sta nel rifiutarsi di morire,
      per la ragionevolezza ottenuta
      leggendo e scrivendo poesia.
      (Quando due si separano)
Alla fine lo spietato senso della realtà in cui siamo condannati a vivere per morire, la pungente ironia che solleva e annienta sogni e speranze, il linguaggio radicato nel gergo popolare e qualche volta volgare usato con maestria da Jordi Virallonga, che trascina con la forza incontenibile del mare, alla fine, confermiamo, trova una rada, o una spiaggia improvvisa ma sicura in cui, nessuna forza soprannaturale – “Dio non esiste” – ma una forza tutta naturale, seppure non priva della meraviglia, emerge per redimerci. È la forza de la Parola, che crea e che guarisce: è la forza della Poesia. Jordi Virallonga fa una lunga strada, faticosa e tormentata; ma alla fine, come se fosse arrivato al centro di un incommensurabile labirinto, incontra la vera immagine di sé stesso: il poeta e il senso del suo mestiere rivelatore e consolatore.




POESIE DI JORDI VIRALLONGA
da Incluso la muerte tarda
(Spagna, Visor, 2015)


SER ULISES

Quien tira de un cuerpo hacia otros cuerpos,
a ser posible jóvenes, no es un poema,
es un enjambre con la miel justa
para cubrir la terminal de los deseos.

Cuando uno sabe que los padres mintieron,
cuando pasó demasiado tiempo para que el hijo
pueda avergonzarse de los suyos y siga amando
por obediencia transmitida a quien llegó del frío,
de una reunión que calla para siempre;
cuando es muy tarde ya para girar la deriva,
mete su síndrome de Estocolmo en el bolsillo,
como las llaves de su casa
que sólo un par de amigos frecuentan.

A casi todos nos ocurre algo parecido,
queremos ser nosotros pero ansiamos
ser quien viene de visita.
Ajenos a la edad escondemos las maletas
para no cambiar de barrio, dispersamos ciudades
encima de una mesa, con mujeres y días,
pero planeamos la vuelta a nuestro reino.

Al final sólo el regreso justifica
haber sido jóvenes cuando era poco necesario.
Todo es inversamente proporcional a nuestra edad,
los sabios nos dieron teoremas, existencia los padres,
pero el cuerpo destrozado es sólo nuestro.

Ante la muerte la vida no sirve para nada.
Mientras tanto los ojos que resisten la ceguera
habilitan al hombre y a la bestia,
justifican la rabia o el pudor de no haber sido
el príncipe al que temen los mercaderes de Ítaca.


ESSERE ULISSE

Chi spara da un corpo verso altri corpi,
possibilmente giovani, non è una poesia,
è un alveare con il miele giusto
per soddisfare la stazione dei desideri.

Quando uno sa che i genitori hanno mentito,
quando è passato troppo tempo perché il figlio
possa vergognarsi dei suoi e continui ad amare
per obbedienza trasmessa a colui che è venuto dal freddo,
di una riunione che tace per sempre;
quando è troppo tardi ormai per evitare la deriva,
mette la sua sindrome di Stoccolma in tasca,
come le chiavi di casa sua
che solo un paio di amici frequentano.

A quasi tutti succede qualcosa di simile,
vogliamo essere noi ma smaniamo
di essere chi viene a trovarci.
Estranei all’età nascondiamo le valigie
per non cambiare quartiere, sparpagliamo città
sopra un tavolo, con donne e giorni,
ma pianifichiamo il ritorno al nostro regno.

Alla fine solo il ritorno giustifica
l’essere stati giovani quando era poco necessario.
Tutto è inversamente proporzionale alla nostra età,
i saggi ci diedero teoremi, i genitori esistenza,
però il corpo devastato è solo nostro.

Davanti alla morte la vita non serve a niente.
Nel frattempo gli occhi che sopportano la cecità
abilitano l’uomo e la bestia,
giustificano la rabbia o il pudore di non essere stati
il principe che temono i mercanti di Itaca.


MONÓLOGO DEL QUE NO SE EXILIÓ

Era un hombre viejo,
no quiero decir viejo,
quiero decir que hablaba de Marx,
pero que también se equivocó en cosas
por las que hubiera dado la vida.

Nada de esto le molesta, ya pasó,
hoy anda con la vista revuelta
y la piedad cansada, no sabe por qué,
puede que le aburra seguir
con lo poco que ya nunca va a llevar a cabo.

Desde niño supo que sería un hombre muy viejo,
que su lealtad por los amigos, que la lucha armada,
pero él pasó dos guerras,
fue ya un hombre que ha sido,
ojea esquelas, huérfano, sin mujer, sin república,
que baja a la calle y regresa a contemplar ventanas,
a la guía turística de México.

Hoy, cuando sale de casa a por el pan y las recetas,
de esa enfermedad que le tiene tan despacio,
rastrea algún dato objetivo de futuro
tras los ojos de quien dio por tres veces su piel
a tres hijos en una sola vida, y a la trampa,
con el despecho del rebelde que ya no verá
más desolación ni el inicio del combate.


MONOLOGO DI COLUI CHE NON SI ESILIÒ

Era un uomo vecchio,
non voglio dire vecchio,
voglio dire che parlava di Marx,
ma pure che si sbagliò su cose
per le quali avrebbe dato la vita.

Nulla di questo lo disturba, è già passato,
oggi ha la vista sconvolta
e la pietà stanca, non sa il perché,
può darsi che si annoi nel continuare
con il poco che ormai non porterà a termine.

Da bambino sapeva già che sarebbe stato un uomo molto vecchio,
della sua lealtà per gli amici, della lotta armata,
ma lui superò due guerre,
fu già un uomo che è stato,
guarda necrologi, orfano, senza donna, senza repubblica,
che scende in strada e torna a contemplare finestre,
e la guida turistica del Messico.

Oggi, quando esce di casa per il pane e le ricette,
di questa malattia che lo rende così lento,
rintraccia qualche dato obbiettivo di futuro
dietro gli occhi di chi dette per tre volte la sua pelle
a tre figli in una sola vita, e alla trappola,
con il dispetto del ribelle che ormai non vedrà
più desolazione né l’inizio della lotta.


LO INMORAL SIN IMPORTANCIA

El carnicero sabe si comes sola en navidad,
la mañana huele a mantequilla,
la atraviesas como el cristal por esas calles
que se alargan entre tú y la gente.

Más o menos previsible,
como gota que resguarda una mampara,
la ciudad te ofrece pocas sorpresas,
comercios antiguos iguales a tus días,
una hora digital para comer sin elegancia.

En el parque los amantes buscan pisos,
pesos y medidas, un refresco,
el de siempre, para que pase el rato,
tú en cambio deseas
una noche de aguacero por las calles de París,
respirar fertilidad, comprar latitas, recetas
de fascículos dominicales, preparar
un festín con alguna vanidad
que roce lo inmoral sin importancia.

En esta catalepsia, cuando la ciudad corresponde
exactamente al letargo de los pastos,
las basuras se llenan de restos de acelgas,
lo mismo que los periódicos de malas noticias
que evitas, eliges música en la radio,
revuelves lo perverso con las sales,
te bañas con la luz de las rendijas,
con el ángel de la espada fulminante,
y asola un terremoto la bañera.

Ya tienes entonces tu milagro,
luego enfilas el pasillo lo mismo que esas calles
por las que pasas laborable y maquillada,
abres la nevera, se pudren los tomates,
fríes las cebollas, calmas la sangre que adentella
los fiambres llenos de ojos,
sirves al amor como a tus padres,
a la historia de los hombres y más hombres
que te acostumbraron al besito y la ensalada,
cuando tú desde niña querías
casarte con un príncipe, virgen y sensata,
y ya es tarde para ser una perdida.


L’INDECENZA SENZA IMPORTANZA

Il macellaio sa se mangi da sola a natale,
la mattina odora di burro,
l’attraversi come il cristallo in queste strade
che si allungano tra te e la gente.

Più o meno prevedibile,
come goccia che protegge un divisorio,
la città ti offre poche sorprese,
negozi antichi uguali ai tuoi giorni,
un’ora digitale per mangiare senza eleganza.

Nel parco gli amanti cercano spiazzi,
pesi e misure, una bibita,
quella di sempre, affinché passi il tempo,
tu invece desideri
una notte di nubifragio per le strade di Parigi,
respirare fertilità, comprare scatolette, ricette
da fascicoli dominicali, preparare
un banchetto con qualche vanità
che sfiori l’indecenza senza importanza.

In questa catalessi, quando la città appartiene
esattamente al letargo dei pasti,
le spazzature si riempiono di resti di bietole,
così come i giornali di brutte notizie
che eviti, scegli musica nella radio,
rimescoli il perverso con i sali,
ti lavi con la luce delle fessure,
con l’angelo dalla spada fulminante,
e devasta un terremoto la vasca da bagno.

Allora possiedi già il tuo miracolo,
poi imbocchi il corridoio come queste strade
per le quali passi lavoratrice e truccata,
apri il frigo, marciscono i pomodori,
friggi le cipolle, calmi il sangue che addenta
i salumi pieni di occhi,
fai il servizio all’amore come ai tuoi genitori,
alla storia degli uomini e più uomini
che ti abituarono al bacetto e all’insalata,
quando tu sin da piccola volevi
sposarti con un principe, vergine e sensata,
e ormai è tardi per essere una libertina.


INCLUSO LA MUERTE TARDA

Era un hombre invertebrado,
pero él lo sabía.
Raramente tuvo la inconsciencia del héroe,
observaba los indicios como un sapo:
unos matan, otros caen, otros miran,
premisas ordinarias de muecas
con frases refritas, vulgares
bajezas solidarias.

Había aprendido a pensar,
luego a sentir sin pensar, más tarde,
un amor incierto por la estética,
por los viajes a países con cataratas,
una clara propensión de ectoplasma
a la virtualidad y a los ingenios
que se inventan para poder vivir solo.

Aún así, era un hombre,
un hombre relativo, puede ser
que bebiera mucho por tal y cual,
porque esperara una visita,
pues el invertebrado
con sólo una pequeña parte de alguien
hubiera quedado satisfecho.

Pero incluso la muerte tarda,
mientras tanto concilia, porque sí, un pensamiento,
se desarticula en el sofá con una copa de vino negro, negro,
y las múltiples arañas del National Geographic.


PERSINO LA MORTE RITARDA

Era un uomo invertebrato,
ma lui lo sapeva.
Raramente ebbe l’incoscienza dell’eroe,
osservava gli indizi come un rospo:
alcuni uccidono, altri cadono, altri guardano,
premesse ordinarie di smorfie
con frasi rifritte, volgari
bassezze solidarie.

Aveva imparato a pensare,
poi a sentire senza pensare, più avanti,
un amore incerto per l’estetica,
per i viaggi in paesi con cascate,
una chiara propensione da ectoplasma
alla virtualità e alle arguzie
che si inventano per poter vivere soli.

Anche così, era un uomo,
un uomo relativo, può essere
che bevesse molto per questo o quello,
perché aspettasse una visita,
dato che l’invertebrato
anche con una piccola parte di qualcuno
sarebbe rimasto soddisfatto.

Ma persino la morte ritarda,
nel frattempo concilia, ebbene sì, un pensiero,
si disarticola nel sofà con un bicchiere di vino nero, nero,
e i molteplici ragni del National Geographic.


LA MEDIDA IMPOSIBLE DEL MAR

Hola, mamá, no te enfurezcas,
sé que estás muerta y que Dios no existe,
que debo ser feliz, y que hago mal preocupándome por cosas
que te harían desgraciada,
pero hoy estaba con Vera en el balcón,
el mar tenía la medida imposible
que te ha reemplazado,
y te echo de menos por el azúcar y los cubiertos,
por las ganas de que existas,
que ya ves, ya sé que no me ves,
y que no voy a preguntarte por mis hijos.

No quiero hablar de ti porque te llevo
en esta niña que soy yo cuando fui tuyo,
que te haría ser más joven, menos muerta,
no esta ruina permanente sin columnas
que no acaba de asolar la tempestad,
esa última sed, la vencida inmensidad del abandono.

Esto lo escribí porque a veces,
cuando me siento mal
porque no preguntan por ti y les digo,
y sé o no sé, mamá, tú me conoces,
necesito inventarme al abuelo que no tuve y al que tuve,
al puto padre que te parió, y que en mi casa
hubo amor, hubo reina,
hubo gente extraordinaria.


LA MISURA IMPOSSIBILE DEL MARE

Ciao, mamma, non ti arrabbiare,
so che sei morta e che Dio non esiste,
che devo essere felice, e che faccio male a preoccuparmi di cose
che ti renderebbero infelice,
ma oggi stavo con Vera sul terrazzo,
il mare aveva la misura impossibile
che ti ha rimpiazzato,
e mi manchi per via dello zucchero e delle posate,
per il desiderio che tu ci sia,
che come vedi, lo so che non mi vedi,
e che non ti chiederò dei miei figli.

Non voglio parlare di te perché ti porto
in questa bimba che sono io quando ero tuo,
che ti farebbe essere più giovane, meno morta,
non questa rovina permanente senza colonne
che la tempesta non finisce di devastare,
quell’ultima sete, l’immensità sconfitta dell’abbandono.

Questo l’ho scritto perché a volte,
quando mi sento male
perché non mi domandano di te e glielo dico,
e so o non so, mamma, tu mi conosci,
ho bisogno d’inventarmi il nonno che non ho avuto e quello che ho avuto,
il figlio di puttana di tuo padre, e che a casa mia
ci sia stato l’amore, ci sia stata una regina,
ci sia stata gente straordinaria.


CUANDO DOS SE SEPARAN
-POÉTICA-

Cuando dos se separan
alguien se queda sin las fotos,
suele ser quien se queda sin casa,
sin ver cada día a sus hijos,
sin casi todos los libros
sin su mesa de trabajo sin su barrio,
sin el cuchillo del pan.

Al cabo de un tiempo vuelves a querer un armario,
vecinos, algo residual,
porque no te acostumbras a dormir
en camas prestadas, a pasar las noches
bebiendo ginebra, echando en falta
a los primeros amigos, las excursiones,
el corte limpio del agua en la garganta,
aquellos desayunos que las madres ya muertas
envolvían con apuro a las hijas felices,
capitanas de una juventud seminal
que no habían de ser como ellas.

Quien se aleja prefiere un recuerdo desbandado,
el blues que le amartilla
según diez horas de unas vacaciones
en un momento de la vida que pasó.

Cuando te entrenas solo en un campo sin luz,
cuando observas las gradas vacías,
lo que ya no serás aporta un orden a quien fuiste,
y desgarras la nostalgia con los dientes.

Siempre hay alguien que quiere salvarte
y te salva muy mal, siempre hay alguien
que no te ha dejado de amar y te arruina la vida,
que jura y rejura que no fuiste tú
quien marcaste el gol del honor
cuando era imposible ser un poco más hombre.

Pues quien se queda en casa mirando las fotos,
no quiere que existan los barcos piratas,
las tardes con niños y risas
ni va a permitirse el perdón
ni puede abarcar más tierra baldía.

Quien se queda te humilla,
pues arruinaste la inercia de la fertilidad
con la retracción del amor
y de los tejidos vitales de la historia.

Por eso vivimos desmembrados
con falsos recuerdos y futuros,
no importa que sean ciertos porque a veces
la vida de un pasajero
está en una caja con fotos y llaves sin puerta,
está en resistirse a morir,
por la sensatez que le dio
leer y escribir poesía.


QUANDO DUE SI SEPARANO
- POETICA -

Quando due si separano
qualcuno rimane senza le foto,
di solito è quello che rimane senza casa,
senza vedere ogni giorno i suoi figli,
privo di quasi tutti i suoi libri
privo della sua scrivania, del suo quartiere,
del coltello del pane.

Dopo un po’ di tempo vuoi di nuovo un armadio,
coinquilini, qualcosa di residuale,
perché non ti abitui a dormire
in letti prestati, a passare le notti
bevendo gin, sentendo la mancanza
dei primi amici, delle gite,
il colpo netto dell’acqua nella gola,
quelle colazioni che le madri ormai morte
impacchettavano di fretta per le figlie felici,
capitane di una gioventù seminale
e che non dovevano essere come loro.

Chi si allontana preferisce un ricordo disperso,
il blues che martella
come dieci ore di una vacanza
in un momento della vita che è passata.

Quando ti alleni solo in un campo senza luce,
quando osservi le gradinate vuote,
quello che non sarai più porta un ordine a chi sei stato,
e strappi la nostalgia con i denti.

C’è sempre qualcuno che vuole salvarti
e ti salva molto male, c’è sempre qualcuno
che non ha smesso di amarti e ti rovina la vita,
che giura e rigiura che non sei stato tu
quello che segnò il gol della bandiera
quando era impossibile essere un po’ più uomo.

Poiché chi rimane in casa a guardare le foto,
non vuole che esistano le navi pirata,
le sere con bambini e risate
né può permettersi il perdono
né coprire più terra desolata.

Chi rimane ti umilia,
poiché hai rovinato l’inerzia della fertilità
con la retrazione dell’amore
e dei tessuti vitali della storia.

Per questo viviamo smembrati
con falsi ricordi e futuri,
non importa che siano veri perché a volte
la vita di un viaggiatore
sta in una scatola con foto e chiavi senza porta,
sta nel rifiutarsi di morire,
per la ragionevolezza ottenuta nel
leggere e scrivere poesia.


PROFESIONALES DE LA POBREZA

Me pregunto,
los pobres de hoy, no aquellos
con los que lucharon algunos
de nuestros padres y recibieron a cambio
desdén o muerte, los pobres de hoy,
los que ya no son los sujetos de la historia,
los que nunca supieron
qué era esto del sujeto de la historia,
los que saben muy poco
y no les gusta que otro sepa
o que hable dos lenguas,
los profesionales de la pobreza, digo,
no los obreros que perdieron su trabajo,
los locos o los minusválidos,
los pobres que ya no son una clase
sino una estirpe que sigue viviendo a sueldo
de la inmovilidad y de la paz burguesa,
los que no pagan escuela, hospital
ni impuestos, los pobres
a quienes lo que más les interesa
es su dinero, lo mismo que a los ricos,
los que nunca creyeron necesario emprender
ni trabajar demasiado, que todo era inmutable,
los que cada vez menos mansos y humildes
están hoy inquietos, miran a los lados con rabia,
acusan a quienes dejaron de saciarles,
se cagan tanto en Dios, esos pobres, me pregunto
¿son los bienaventurados que hace lustros y lustros
admiran al millonario, al hijo pródigo
y mejor o peor siguen heredando la tierra?


PROFESSIONISTI DELLA POVERTÀ

Mi domando,
i poveri d’oggi, non quelli
con cui hanno lottato alcuni
dei nostri padri e hanno ricevuto in cambio
disprezzo o morte, i poveri d’oggi,
quelli che non sono più i soggetti della storia,
quelli che mai hanno saputo
cos’era questo fatto del soggetto della storia,
quelli che sanno molto poco
e non amano che un altro sappia
o che parli due lingue,
i professionisti della povertà, dico,
non gli operai che hanno perso il lavoro,
i pazzi o gli invalidi,
i poveri che ormai non sono più un ceto
ma una stirpe che continua a vivere sulle spalle
dell’immobilità e della pace borghese,
quelli che non pagano la scuola, l’ospedale
né le tasse, i poveri
a cui la cosa che più interessa
è il denaro, come ai ricchi,
quelli che non hanno mai ritenuto necessario intraprendere
né lavorare troppo, che tutto era immutabile,
quelli che sempre meno mansueti e umili
sono oggi irrequieti, si guardano intorno con rabbia,
accusano coloro che smisero di soddisfarli,
se ne fottono, questi poveri, mi domando,
sono loro i beati che da lustri e lustri
ammirano il miliardario, il figliol prodigo
e bene o male continuano a ereditare la terra?


SINESTESIA

Pongamos que tu hombre se acuesta
con persona, animal o cosa,
y a ti no te gusta –sobre todo con persona–
que pase todo esto.
Triunfas en el trabajo, te vengas un poco con el amigo
que te rozó las medias en noche vieja,
y no por zorra, por mujer, digamos
que viene un terremoto con cien mil muertos
que comentas cuando el café y las magdalenas,
pero él no sabe lamerte nada más
ni se da cuenta de que quieres correrte al mismo tiempo.

Pongamos que contigo nació la vida,
que en sociología te hablaron de este asunto,
del poder, de la perversión de las condesas.
Pongamos que te dejas llevar,
que si el mundo es al revés igual
somos quienes somos, aunque sea sin placer,
sin honor ninguno.

Pongamos que luego quisieras regresar
a tu casa con los zapatos en la mano
y que él estuviera de viaje, pongamos,
y vas a por palabras y no sabes ni una palabra
de palabras pero encuentras una sinestesia
intentando calmar tanta conmoción y dormir, dormir,
para poder perder la tierra y los ojos.


SINESTESIA

Mettiamo che il tuo uomo vada a letto
con persone, animali o cose,
e che a te non piaccia – soprattutto con persone –
che questo avvenga.
Trionfi nel lavoro, ti vendichi un po’ con l’amico
che ti sfiorò le calze l’ultimo dell’anno,
e non per essere troia, per essere donna, diciamo
che arriva un terremoto con centomila morti
che commenti durante il caffè e le maddalene,
ma lui non sa leccarti e basta
né si rende conto che vuoi un orgasmo allo stesso tempo.

Mettiamo che con te è nata la vita,
che a sociologia ti hanno parlato di questo argomento,
del potere, della perversione delle contesse.
Mettiamo che ti lasci trasportare,
che se il mondo è alla rovescia è uguale
siamo chi siamo, anche senza piacere,
senza nessun onore.

Mettiamo che dopo vorresti tornare
a casa tua con le scarpe in mano
e che lui fosse in viaggio, mettiamo,
e vai a cercare le parole e non sai neanche una parola
di parole ma trovi una sinestesia
cercando di calmare tanta commozione e dormire, dormire,
per poter perdere la terra e gli occhi.


ANALOGÍA ENTRE HOMBRES Y PERROS

Mi perro es un furibundo admirador
de los pastores alemanes.
Cuando se cruza con ellos
se echa al suelo,
lame sus patas mientras le huelen el culo.
Mi perro se parece a bastantes personas
que no quieren que yo sea amigo suyo,
porque yo no sé si soy o no un perro,
soy un tipo vulgar que trabaja por un sueldo,
pero ellos sí saben quiénes son,
y que a los hijos de los perros,
si son hombres,
se les llama hijos de puta.


ANALOGIA TRA UOMINI E CANI

Il mio cane è un furibondo ammiratore
dei pastori tedeschi.
Quando li incontra
si getta a terra,
lecca le loro zampe mentre loro gli annusano il culo.
Il mio cane assomiglia a molte persone
che non vogliono che io sia loro amico,
perché io non so se sono o meno un cane,
sono un tipo comune che lavora per uno stipendio,
ma loro sì sanno chi sono loro,
e che i figli dei cani,
se sono uomini,
vengono chiamati figli di puttana.


EL IDIOTA Y LAS RATAS

Un cisne no sabe qué es un vals,
el agrimensor no mide su bañera
ni el idiota nota su idiotez,
aunque sí la del resto del mundo,
inmediatamente.

Nada que merezca la pena es fácil,
de noche los cables y los asesinos
se enredan en el mismo frío y son motivo
del idiota, que discute
sobre la luz de la escalera o de la historia,
mientras las ratas se esconden contumaces
esperando que llegue el día de su gloria.

El idiota es internacional y protege su vida,
por ella está dispuesto a matar
a quien deja sin agua a la tortuga,
a quien aparca en doble fila,
a quien habla en ruso, no en catalán,
eso le hace mucha gracia.

Todos somos unos disminuidos
a ojos del idiota, su idiotez
se disuelve en otros cuerpos, vive sobradamente
aquello que no hizo y no sabe que le hicieron,
tiene suerte, es el burro que toca la flauta,
su brutalidad es natural, es como el hierro,
nada oculta, es dureza y volumen,
sólo envidia con furia inhumana
el crujir del árbol mientras crece la madera.

El idiota es idiota,
de esto no tengo duda alguna,
pero como la procesionaria
tira de otros criados mal criados,
le dan placer, qué remedio, sus mujeres,
cuando muere, el cura, desde el púlpito,
le bendice, va al cielo y no se nota
que ya queda un idiota menos.

Por eso la vida no es tan complicada,
ya lo dije, es triste, pues la decisión
entre nadar o cruzar el puente
no depende de la cordura ni de la poesía,
sino en que las ratas ahoguen al flautista,
y así miles de veces,
y no haya vuelta atrás.


L’IDIOTA E I RATTI

Un cigno non sa cos’è un valzer,
il geometra non misura la sua vasca da bagno
né l’idiota nota la propria idiozia,
bensì quella del resto del mondo,
immediatamente.

Niente che valga la pena è facile,
di notte i cavi e gli assassini
s’intrecciano nello stesso freddo e sono tema
dell’idiota, che discute
sulla luce delle scale o della storia,
mentre i ratti si nascondono ostinati
aspettando che arrivi il giorno della loro gloria.

L’idiota è internazionale e protegge la sua vita,
per la quale è disposto a uccidere
chi lascia senza acqua la tartaruga,
chi parcheggia in doppia fila,
chi parla in russo, non in catalano,
questo lo fa molto ridere.

Tutti siamo dei disabili
agli occhi dell’idiota, la sua idiozia
si scioglie in altri corpi, vive abbondantemente
quello che non ha fatto e non sa cosa gli hanno fatto,
ha fortuna, è l’asino che suona il flauto,
la sua brutalità è naturale, è come il ferro,
non nasconde nulla, è durezza e volume,
invidia soltanto con furia disumana
lo scricchiolare dell’albero mentre cresce il legno.

L’idiota è idiota,
su questo non ho nessun dubbio,
ma così come la processionaria
trascina altri cresciuti mal cresciuti,
a lui danno piacere, che altro fare, le sue donne,
quando muore, il prete, dal pulpito,
lo benedice, va in cielo e non si nota
che ormai c’è un idiota di meno.

Per questo la vita non è tanto complicata,
l’ho già detto, è triste, poiché la decisione
tra nuotare o attraversare il ponte
non dipende dal buonsenso né dalla poesia,
ma dal fatto che i ratti affoghino il flautista,
e così migliaia di volte,
e non ci siano ripensamenti.


Traduzione dallo spagnolo di Marco Benacci e Martha Canfield




Jordi Virallonga
è nato a Barcellona (Spagna), dove vive, nel 1955. Poeta, traduttore, saggista, professore all’Università di Barcellona e Presidente della “Aula di Poesía de Barcelona” dalla sua fondazione (1989). È stato lettore di spagnolo all’Università di Torino e professore invitato in diverse università americane, europee e africane dove ha impartito conferenze, seminari, laboratori e incontri di poesia.
Ha pubblicato una ventina di libri di poesie e diversi volumi di saggi, libri sull’infanzia e ha collaborato a periodici e giornali con articoli letterari, di politica e di sociologia. È specialista della letteratura europea contemporanea e in particolar modo della poesia comparata spagnola e catalana. Traduce dal catalano, dal francese, dal portoghese e dall’italiano e in questo campo si distaccano le due antologie sulla poesia catalana tradotte in spagnolo e pubblicate in edizione bilingue: Sol de Sal – la nueva poesía catalana (1976-2001), Barcellona 2001 e “20 del XX”, poetas catalanes”, Messico 2013. Ha anche tradotto la Obra completa de Joan Salvat Papasseit, Barcellona, 2009.
Ha vinto numerosi premi letterari e i suoi libri di poesia sono stati tradotti in diverse lingue.
In Italia sono stati pubblicati i libri: Il profilo dei pacifici e Le poesie di Torino (Edizioni dell’Orso, 1992), Cronache di usura (Campanotto, 1999), Tutto sembra indicare (Edizioni del Leone, 2009) e Fa triste (Uni-Versi, Sentieri Meridiani Edizioni, 2012, a cura di Emilio Coco).

(Foto di Sergio Rosales)


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