FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 48
gennaio/aprile 2018

Piccolo & Grande

 

L'ANGOLO DI ED

a cura di Giuseppe Ierolli



La goccia che combatte nel mare


J284-F255

The Drop, that wrestles in the Sea -
Forgets her own locality
As I, in Thee -

She knows herself an Offering small -
Yet small, she sighs, if all, is all,
How larger - be?

The Ocean, smiles at her conceit -
But she, forgetting Amphitrite -
Pleads "Me"?

    La Goccia, che combatte nel Mare -
Perde l'orientamento
Come Io, in Te -

Sa di essere una piccola Offerta -
Sebbene piccola, sospira, se il tutto, è tutto,
Come più grande - essere?

L'Oceano, sorride alla sua presunzione -
Ma lei, dimenticando Anfitrite -
Supplica "Io"?

Perdersi nell'altro (per amore, per ammirazione?) è come essere una goccia insignificante nell'immensità del mare, ma, pur consapevole di questo, l'anelito è quello di esprimere la propria individualità, di diventare "più grande" (v. 6) ed essere così più visibile all'altro. Nell'ultima strofa il richiamo ad Anfitrite lo leggo come uno scatto di orgoglio, come se ED dicesse: "implorare semplicemente il riconoscimento della propria individualità (ultimo verso) significa dimenticare che nel mare possono esserci i gioielli più preziosi, come quelli custoditi da Anfitrite."
Anfitrite era una delle Nereidi, sposa di Posidone. Nelle sue grotte sottomarine custodiva gioielli degni della regina del mare. È raffigurata, insieme a Posidone, nella famosa saliera di Francesco I di Benvenuto Cellini, ora di nuovo al Kunsthistorisches Museum di Vienna dopo essere stata rubata l'11 maggio 2003 e ritrovata il 21 gennaio 2006.

 

J307-F549

The One who could repeat the Summer day -
Were greater than itself - though He
Minutest of Mankind should be -

And He - could reproduce the Sun -
At period of going down -
The Lingering - and the Stain - I mean -

When Orient have been outgrown -
And Occident - become Unknown -
His Name - remain -

    Colui che fosse capace di replicare un giorno d'Estate -
Sarebbe più grande di esso - anche se
Fosse il più minuscolo del Genere Umano -

E se - fosse capace di riprodurre il Sole -
Nel momento del suo calare -
L'Indugiare - e lo Scolorare - intendo -

Quando l'Oriente è stato superato -
E l'Occidente - divenuto Ignoto -
Il Suo Nome - rimarrebbe -

L'impossibilità di replicare, di riprodurre con linguaggio o arte umana la grandezza e l'infinita bellezza della natura, qui rappresentata in due dei suoi momenti più presenti nei versi di ED: un giorno d'estate e il tramonto.

 

J451-F450

The Outer - from the Inner
Derives it's Magnitude -
'Tis Duke, or Dwarf, according
As is the central mood -

The fine - unvarying Axis
That regulates the Wheel -
Though Spokes - spin - more conspicuous
And fling a dust - the while.

The Inner - paints the Outer -
The Brush without the Hand -
It's Picture publishes - precise -
As is the inner Brand -

On fine - Arterial Canvas -
A Cheek - perchance a Brow -
The Star's whole secret - in the Lake -
Eyes were not meant to know.

    L'Esterno - dall'Interno
Deriva la sua Grandezza -
È Duca, o Nano, secondo
Com'è il carattere centrale -

Il sottile - invariabile Asse
Che regola la Ruota -
Sebbene i Raggi - ruotino - con più evidenza
E spargano polvere - nel contempo.

L'Interno - dipinge l'Esterno -
Il Pennello senza Mano -
Il suo Quadro espone - preciso -
Così com'è il Marchio interiore -

Sulla sottile - Tela delle Arterie -
Una Guancia - magari un Ciglio -
L'intero segreto della Stella - nel Lago -
Gli occhi non erano destinati a conoscere.

La grandezza di ciò che sembriamo deriva da quello che abbiamo dentro. Il nostro essere principi o nanerottoli deriva dai nostri sentimenti più intimi, quel perno invisibile che fa girare la ruota della nostra vita, anche se è ciò che si vede che sembra la sola cosa concreta. È ciò che abbiamo dentro che modella, come fosse un marchio, il nostro aspetto esteriore. Fuori può apparire il rossore di una guancia, il battito di un ciglio, ma siamo consapevoli che ciò che vediamo non potrà mai darci l'esatta percezione di ciò che si ha dentro.
La poesia è un fuoco d'artificio di immagini, fantasiose ma pregnanti come sempre. Il carattere "centrale" (nel senso di qualcosa che è il centro e il baricentro della nostra vita) che regola il nostro essere. I raggi che spargono polvere ma la cui concretezza scompare confrontandoli con l'asse che regola la ruota. Il quadro dipinto da un incorporeo pittore, ma che è un marchio indelebile. La tela delle arterie (il nostro corpo) che rivela i suoi sentimenti con piccoli, quasi inavvertibili segni esteriori. E infine i bellissimi due versi finali. Puoi vedere la stella, riflessa nel lago, ma gli occhi possono solo guardare quella pallida immagine, non capire nel profondo la vera natura della stella.

 

J540-F660

I took my Power in my Hand -
And went against the World -
'Twas not so much as David - had -
But I - was twice as bold -

I aimed by Pebble - but Myself
Was all the one that fell -
Was it Goliath - was too large -
Or was myself - too small?

    Presi in Mano la mia Forza -
E andai contro il Mondo -
Non era certo la stessa che Davide - aveva -
Ma io - ero due volte più ardita -

Presi la mira col Sasso - Ma proprio Io
Fui fra tutti l'unica che cadde -
Era Golia - troppo grande -
O ero io - troppo piccola?

Per quanto grande sia la propria forza, il proprio coraggio, è difficile vincere contro il mondo. Quello di Davide e Golia è stato solo un episodio, in genere è Davide che soccombe. Ed è difficile dire se è il mondo a essere troppo grande o noi a essere troppo piccoli.

 

J738-F736

You said that I "was Great" - one Day -
Then "Great" it be - if that please Thee -
Or Small - or any size at all -
Nay - I'm the size suit Thee -

Tall - like the Stag - would that?
Or lower - like the Wren -
Or other hights of other ones
I've seen?

Tell which - it's dull to guess -
And I must be Rhinoceros
Or Mouse
At once - for Thee -

So say - if Queen it be -
Or Page - please Thee -
I'm that - or nought -
Or other thing - if other thing there be -
With just this Stipulus -
I suit Thee -

    Dicesti che "ero Grande" - un Giorno -
Allora "Grande" sia - se così Ti piace -
O Piccola - o di una misura qualunque -
Anzi - sono della misura adatta a Te -

Alta - come un Bue - magari?
O più bassa - come uno Scricciolo -
O altre stature di altri esseri
Che ho visto?

Dimmi quale - è arduo da indovinare -
Ed io devo essere Rinoceronte
O Topo
Allo stesso tempo - per Te -

Perciò dillo - se Regina è -
O Paggio - che piace a Te -
Io lo sarò - o nulla -
O altra cosa - se altra cosa c'è -
Con solo questa Clausola -
Adattarmi a Te -

Consegnarsi all'amato senza condizioni, o meglio con una sola clausola: quella di piacergli, di adattarsi a lui. Quando si ama si è pronti ad essere alti, bassi, rinoceronte, topo, regina, paggio, tutto o nulla, purché si sia ciò che piace all'amato.
ED usa due volte il verbo "to please" ma, soprattutto, due volte il verbo "to suit", che ho tradotto con "adattarsi" per dare l'idea di questa totale identificazione con i desideri della persona che si ama, quasi si volesse aderire come un abito ("to suit" significa anche "vestirsi, rivestire") all'altro fino a diventare una cosa sola.
"Stag" (v. 5) è il maschio del cervo (anche "deer") ma nel Webster c'è anche questa definizione: "In New England, the male of the common ox castrated"; visto che in altre due poesie ED usa "deer" per "cervo" ho tradotto con "bue".

 

J796-F848

Who Giants know, with lesser Men
Are incomplete, and shy -
For Greatness, that is ill at ease
In minor Company -

A Smaller, could not be perturbed -
The Summer Gnat displays -
Unconscious that his single Sail
Do not comprise the skies -

    Chi di Giganti sa, con Uomini da meno
Si sente incompleto, e timido -
Perché la Grandezza, è a disagio
In più bassa Compagnia -

Il più Piccolo, non può essere turbato -
Il Moscerino Estivo si mostra -
Ignaro che la sua unica Vela -
Non riempie i cieli -

Sembra quasi una parafrasi del socratico "so di non sapere". Chi è ignaro della sua ignoranza, come il moscerino che non sa di essere, appunto, un moscerino, non ha dubbi, incertezze, timidezze, ma va dritto per la propria strada, senza chiedersi troppo. Chi è un gigante, ovvero chi ha la consapevolezza della propria grandezza e, insieme, della propria insignificanza, tende sempre a sentirsi a disagio, quasi timoroso delle cieche certezze degli altri.
Al verso 7 ho scelto la variante "Sail" al posto di "Fleet" ("Flotta").

 

J1112-F1189

That this should feel the need of Death
The same as those that lived
Is such a Feat of Irony
As never was achieved -

Not satisfied to ape the Great in his simplicity
The small must die, the same as he -
Oh the audacity -

    Che questo senta il bisogno della Morte
Allo stesso modo di quelli che vissero
È un tale Gesto d'Ironia
Che mai è stato raggiunto -

Non soddisfatto di imitare il Grande nella sua semplicità
Il piccolo deve morire, proprio come lui -
Oh l'audacia -

La morte qui diventa un segno di distinzione, o meglio dovrebbe essere un segno di distinzione, nella sua misteriosa grandezza. Invece, anche il "piccolo" (il "this" del primo verso, che potrebbe essere chi non ha veramente vissuto, ma anche rappresentare una vita diversa da quella umana: animale o vegetale) vuole, e deve nel penultimo verso, morire, accomunando così il suo destino al "grande" (anche qui, chi si è elevato rispetto agli altri nel corso della vita, ma anche chi nell'ordine naturale ha una posizione predominante). Questa unione finale tra il grande e il piccolo è una suprema ironia che compete soltanto al momento estremo, quando la morte immerge nella sua indistinta oscurità tutto ciò che è esistito.

 

J1162-F1178

The Life we have is very great.
The Life that we shall see
Surpasses it, we know, because
It is Infinity.
But when all space has been beheld
And all Dominion shown
The smallest Human Heart's extent
Reduces it to none.
    La Vita che abbiamo è certo grande.
La Vita che vedremo
La sorpassa, si sa, perché
È Infinità.
Ma quando ogni spazio è stato osservato
E ogni Dominio mostrato
L'estensione del più piccolo Cuore Umano
La riduce a nulla.

Il mondo concreto che conosciamo è certamente grande e contiene più cose di quante siamo in grado di conoscerne. Ma questa grandezza è certamente superata dal mondo infinito che ci attende nell'aldilà. Eppure quando conosceremo questa infinità ci accorgeremo che diventa un nulla di fronte al profondo mistero del cuore umano.

 


Le poesie di Emily Dickinson non hanno un titolo, a parte rarissime eccezioni. I numeri che le precedono si riferiscono alla numerazione attribuita nelle due edizioni critiche, curate rispettivamente da Thomas H. Johnson nel 1955 ("J") e da R. W. Franklin nel 1998 ("F").


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