FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 21
gennaio/marzo 2011

Futuro

 

CHE COSA VUOI FARE DA GRANDE?

di Annarita Verzola



Che gli rivolgessero quella domanda, a Giorgio non era mai piaciuto. Non capiva perché chiunque si sentisse autorizzato a ficcare il naso nelle sue faccende, senza contare che lo stancava terribilmente dover giustificare ogni volta la propria risposta.

Sì, perché tutto era cominciato nell'infanzia, quando Giorgio aveva deciso che da grande avrebbe fatto il contadino.

Si rammentava benissimo che cosa era successo, la prima volta in cui ne aveva parlato.

Era rientrato a casa, dopo una giornata trascorsa con i genitori e con i nonni in una fattoria, e si era chiuso nella cameretta a pensare a ciò che aveva visto. La sorellina non aveva fatto altro che rincorrere per l'aia i pulcini e le galline, spaventandoli terribilmente; il loro cagnolino aveva dato la caccia a qualsiasi cosa fosse in movimento, devastando l'orto e infastidendo le mucche al pascolo; la mamma si era lamentata per tutto il tempo delle zanzare e del caldo, mentre il nonno aveva esaminato con grande attenzione i macchinari nuovi, borbottando che ai suoi tempi la terra si coltivava con il sudore della fronte e non con le diavolerie moderne. Giorgio invece aveva seguito dappertutto il fattore, ascoltando con attenzione i suoi racconti, la descrizione dei lavori necessari per mandare avanti la fattoria con i terreni e il bestiame. Il fattore era un uomo semplice, di poche parole, ma una cosa importante a Giorgio l'aveva detta: gli aveva ripetuto più volte che doveva continuare a studiare, se voleva fare bene il contadino, perché la terra andava capita, amata, rispettata, aiutata, e una persona istruita ci sarebbe riuscita meglio. Giorgio non aveva avuto il coraggio di chiedergli che bisogno ci fosse di studiare l'italiano o la matematica per seminare il grano o raccogliere le olive. Mentre camminava sul terreno morbido, coperto di erba dal color verde scintillante, Giorgio aveva annusato, assaporato, toccato e preso la decisione.

E pensare che non vedeva l'ora di tornare a casa per dirlo a tutti, la sera mentre sarebbero stati riuniti intorno al tavolo, a mangiare il pollo ruspante della fattoria accompagnato dalla fresca insalatina dell'orto.

"Da grande voglio fare il contadino." aveva detto Giorgio con grande serietà mentre addentava di gusto la coscia del pollo.

Sua sorella nemmeno si era voltata, tutta presa a guardare la tivù, il babbo gli aveva scompigliato i capelli e la mamma gli aveva dato un buffetto sulla guancia.

"Come fan presto i bambini a immedesimarsi!" aveva replicato la nonna. "Se fossimo andati al porto a visitare una nave, ora ci direbbe che da grande vuole fare il marinaio!"

"Sì, e se lo porterò in officina, quando andrò a ritirare la macchina aggiustata, dirà che vuole fare il meccanico!" aggiunse il nonno.

Dovevano essere frasi divertenti, pensò Giorgio, perché tutti ridevano. A lui dispiacque, si era aspettato che gli chiedessero perché voleva fare il contadino, e avrebbe cercato di spiegare la gioia e l'emozione che aveva provato ascoltando le spiegazioni del fattore. Piantare un seme e vederlo trasformarsi in una pianta gli sembrava un miracolo straordinario, qualcosa che richiedesse grandi cure e pazienza.

Da quel giorno cominciò a osservare con attenzione la frutta e le verdure, quando andava a fare la spesa con la mamma, ma non si era più parlato del suo progetto. O meglio, lui non ne aveva più parlato e in casa tutti lo avevano dimenticato.

Una mattina a scuola la maestra diede da svolgere un tema che s'intitolava: Che cosa vorrei fare da grande. Disse che avrebbe letto ad alta voce i più belli e parve che la notizia piacesse molto ai suoi compagni. Giorgio invece non fu affatto contento, ma non per questo s'impegnò di meno nello scrivere il tema; non aveva dimenticato le raccomandazioni del fattore, anche se ancora non aveva capito perché. Quando tutti ebbero finito, la maestra propose di scrivere sulla lavagna le professioni o i mestieri che ognuno avrebbe voluto fare e di dividere l'elenco in due parti: "testa" per i lavori che avrebbero richiesto studio e applicazione intellettuale e "mani" per tutti gli altri. Ben presto fu chiaro che l'elenco contraddistinto dalla testa si stesse allungando in maniera impressionante; dall'altro lato c'erano solo tre parole: contadino, ballerina e calciatore. Dopo un'animata discussione anche le parole ballerina e calciatore furono portate nell'altra colonna perché tutti sostenevano che ci volessero intelligenza, memoria e abilità.

"Ho capito!" concluse la maestra, sorridendo. "Con tutti questi avvocati, dottori, giornalisti, astronauti e artisti, dall'altra parte è rimasto solo il nostro Giorgio."

Giorgio non era per niente d'accordo. Non che gl'importasse di essere rimasto solo, ma perchè pensava che in ogni lavoro le mani e la testa dovessero essere usati insieme.

Alla scuola media il problema di che cosa volessero fare da grandi si presentò di nuovo e con maggiore urgenza, visto che si trattava di scegliere una scuola superiore che poi li portasse all'università o alla scelta di un lavoro. Giorgio non ebbe dubbi e chiese ai genitori di iscriverlo all'istituto tecnico agrario.

La mamma e il papà non si rammentavano più di quello che Giorgio aveva detto da piccolo, ma quando si iscrisse alla facoltà di Agraria, cominciarono a interrogarsi sul suo futuro.

"Ma che cosa farai dopo la laurea?" gli chiese il babbo, perplesso.

"Te l'ho già detto, il contadino."

"E allora che bisogno hai di iscriverti all'università? Tanto valeva che tu fossi andato a zappare la terra già da qualche anno!" sbottò, già sul punto di perdere la pazienza.

"Non se ne parla proprio! - intervenne la mamma - Come potrei guardare in faccia quella smorfiosa della signora Righi, se Giorgio non frequentasse l'università? Ogni volta in cui c'incontriamo per le scale, mi sfinisce con le sue chiacchiere sul figlio, e com'è bravo, e che bei voti prende agli esami, e quante aziende gli hanno già offerto un lavoro..."

Michela, sua sorella, storceva il naso. "Chi vuoi che sposi un contadino? Tutto il giorno a sudare in mezzo ai campi o nella stalla a mungere le mucche!"

La nonna aveva tentato di blandirlo. "È solo una fantasia legata a un bel ricordo della tua infanzia, e poi, pensa che dispiacere per il nonno, se fosse ancora qui. Lui sognava per te una bella carriera tranquilla e sicura, magari in una banca o in una grande azienda."

Seduto davanti al camino acceso, a distanza di tanti anni, Giorgio rammentava ancora bene tutte queste cose. Le liti con il padre, le lamentele della madre, i sospiri della nonna, ma nulla era servito. Aveva finito l'università, si era laureato con il massimo dei voti e aveva acquistato il primo appezzamento di terra con i soldi messi da parte grazie alle borse di studio, ai diversi lavori che aveva fatto mentre studiava e a un gruzzoletto ereditato dal nonno. Finalmente aveva capito che cosa volesse dire il fattore. Studiare gli era servito per conoscere a fondo la terra, capire i suoi problemi e trovare il modo migliore per affrontarli e cercare di risolverli. Negli anni i prodotti e gli animali della fattoria di Giorgio era diventati rinomati per la genuinità e la cura con cui venivano selezionati. I contadini delle fattorie vicine si rivolgevano a lui chiamandolo scherzosamente il "dottore della terra", ma sapevano che avrebbe risolto ogni loro problema. Il sogno di Giorgio si era avverato e sua moglie e i suoi bambini lo dividevano con lui. Laura, laureata in agraria, partecipava attivamente alla vita della fattoria, che oramai contava una decina di lavoranti, e i bambini erano orgogliosi del fatto che i loro genitori avessero un vero laboratorio di ricerca, proprio come due scienziati.

Un giorno videro un grande trambusto nella fattoria vicina, che confinava con la zona delle stalle; giornalisti delle televisioni pubblica e privata avevano invaso la zona, portandosi dietro cineprese e microfoni.

"Scommetto che è scoppiata un'epidemia mortale tra i maiali!" disse Andrea al fratello minore, mentre sbirciavano quel gran via vai.

"E se invece avessero trovato il petrolio?" supponeva Alessio.

Il mistero fu svelato un paio di giorni dopo, al telegiornale.

Un lungo servizio era stato dedicato a un manager che aveva abbandonato la carriera per dedicarsi alla terra; il giornalista che lo intervistava metteva in luce il suo spirito ecologista e innovativo, il coraggio della scelta di una persona che mette in gioco il proprio futuro per il bene di tutti. Giorgio e Laura ascoltarono l'ex manager parlare delle innovazioni che avrebbe apportato, forte dello spirito d'iniziativa che aveva sempre contraddistinto la sua carriera di leader in una grande azienda. L'intervista si era conclusa con il giornalista che ringraziava il manager per la sua scelta coraggiosa e auspicava un futuro in cui finalmente in molti prendessero coscienza dei problemi della terra e finalmente cercassero di risolverli.

Quando il servizio fu terminato, Giorgio e Laura si guardarono in faccia e venne loro un po' da ridere. Solo un poco, perché i problemi della terra esistevano davvero, erano tanti e gravi e non si potevano risolvere improvvisandosi contadini da un giorno all'altro.

"In fondo è una bella cosa, domani andrò a presentarmi e gli offrirò il nostro aiuto. Credo proprio che ne avrà bisogno", concluse Giorgio, mentre aiutava la moglie a mettere a letto i bambini.

"Però sei solo tu il dottore della terra", borbottò Alessio, già mezzo addormentato.

Giorgio sorrise e gli scompigliò la frangetta, pensando all'uomo semplice che un giorno lontano gli aveva fatto capire che cosa volesse dire amare e proteggere la terra.


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