FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia

Numero 16
ottobre/dicembre 2009

Isole

 

GLI OCCHIALI MAGICI

di Annarita Verzola



Otto aveva un solo desiderio. Vivere su un’isola deserta. Il motivo era molto semplice, detestava tutte le persone. Non avendo i mezzi per realizzare il proprio sogno, Otto si rassegnava a continuare la sua vita monotona di impiegato che abitava in una villetta in periferia. Però un modo per isolarsi Otto lo aveva trovato: aveva riempito il giardino di fiori che formavano una profumata barriera tra lui e il mondo esterno. Le sue aiuole erano ammirate da tutti i vicini, ma lui non poteva saperlo, visto che evitava accuratamente di avere a che fare con loro.

Eppure il suo giardino era così bello che persino i bambini, quando giocavano a pallone per la strada, stavano attenti a non colpire le aiuole; ma qualche volta accadeva che il pallone, lanciato con troppa forza, finisse proprio in mezzo a quei bei fiori, allora Otto usciva di casa urlando e i bambini correvano a nascondersi.

Eh sì, perché Otto aveva un pessimo carattere e non andava d’accordo con nessuno.

Non credeva alle parole di scusa dei bambini, quando venivano a chiedergli di riprendersi il pallone, e minacciava persino di chiamare i vigili urbani. Non sopportava che i vicini si fermassero ad ammirare i suoi fiori perché era convinto che sparlassero di lui e sbirciassero in giardino per impicciarsi dei suoi affari.

Ne era tanto convinto che aveva messo alle finestre pesanti tendoni scuri, che impedivano sì ai vicini di guardare in casa sua, ma respingevano anche la luce del sole e non gli permettevano più di vedere il suo bel giardino.

Otto non aveva parenti o amici, viveva da solo e sbrigava tutte le faccende senza l’aiuto di nessuno. Ogni mattina andava al lavoro e si chiudeva alle spalle la porta facendo un gran rumore con la chiave. Tutti i suoi vicini conoscevano bene la grossa chiave che Otto portava appesa al gilet con ostentazione e sapevano che cosa volesse dire… di qui non passerà nessuno!

I fiori di Otto erano così belli che la gente aspettava di vederlo girare l’angolo della via per ammirarli in santa pace, ma lui si era accorto di questo innocente sotterfugio e si divertiva a disturbarli tornando indietro all’improvviso, quando meno se lo aspettavano.

- Hanno trovato un osso duro! - diceva fra sé e sé, gongolando per la propria furbizia - Presto capiranno che con me non si scherza!

Un pomeriggio, rientrato come il solito dall’ufficio, Otto gettò un’occhiata distratta al giardino e poi si richiuse la porta alle spalle, ma subito la riaprì e si affacciò sbalordito: i suoi fiori erano curvi sugli steli, sembrava persino che non avessero più i loro soliti colori vivaci e che non emanassero più il loro gradevole profumo. Come poteva essere accaduta una cosa simile in poche ore? Otto uscì infuriato in giardino e la sua rabbia crebbe. Non c’era proprio nulla da fare, i fiori erano appassiti e la colpa doveva essere dei vicini pettegoli e curiosi che continuava a guardare i suoi fiori. L’avrebbe fatta pagare a tutti, ma adesso non poteva perdere tempo, era necessario correre dal fioraio e comprare il miglior fertilizzante in commercio, nella speranza di salvare il maggior numero possibile di fiori.

Otto afferrò il cappello e corse come il vento fino al negozio del fioraio Giacinto.

- Benvenuto, signor Otto, si sieda e si riposi un momento! La vedo così affannato! - lo accolse il fioraio, offrendogli premurosamente una sedia. Si tolse dalla tasca della camicia scozzese un gran fazzoletto a righe e dette una spolverata alla sedia.

- Non ho bisogno della sua sedia e dei suoi commenti da donnetta pettegola, mi serve solo il miglior fertilizzante che lei abbia per i miei fiori! - ribatté Otto, stizzito.

- Mio caro amico, si fa presto a dire “il miglior fertilizzante”! Prima bisogna sapere su quale tipo di terreno crescono i suoi fiori, e che qualità di fiori coltiva e…

- E se questo non lo sa lei, che vende fiori tutto il giorno, che sono venuto a fare? - strillò il signor Otto, battendo un pugno sul banco.

- Non se la prenda così… mi spieghi bene che cosa è successo e io le darò il miglior prodotto del mio negozio, il più adatto, stia tranquillo!

In poche parole Otto spiegò in che stato avesse trovato i fiori e la sua teoria sulle occhiate dei vicini.

Era molto seccato di dover raccontare gli affari propri a Giacinto, ma gli premeva troppo riuscire a salvare il giardino.

Giacinto annuì con aria seria, si aggiustò gli occhiali sul naso e prese un grosso flacone nello scaffale alle proprie spalle, poi lo porse ad Otto.

- Ecco un prodotto eccezionale, i risultati sono garantiti!

- E come accidempoli si usa?

- È tutto scritto qui dietro, in modo molto chiaro.

Otto girò il flacone, ma non lesse nessuna spiegazione, l’etichetta era completamente vuota. - Mi sta prendendo in giro? - strepitò, mostrandola a Giacinto. - Diluire un tappo del prodotto in mezzo litro d’acqua per ogni metro quadrato di giardino e innaffiare la mattina presto… mi scusi, ma qui è scritto tutto molto chiaro. Mi permetta di suggerirle un controllo da un buon oculista…

- Lei è una miniera di consigli! - ribatté ironicamente Otto, ma in fondo era un po’ preoccupato perché non si era mai accorto di avere problemi alla vista.

- Le consiglio l’oculista che ha lo studio al terzo piano, sopra il mio negozio. È la persona che fa il caso suo e poi questo mese offre anche dei forti sconti a chi fa una visita di controllo.

Otto prese il bigliettino che Giacinto gli porgeva, non gli dispiaceva affatto risparmiare qualche soldo e decise di approfittare dell’offerta.

- Terzo piano - ripeté Giacinto - la porta al centro sul pianerottolo.

- Dottor Felice Della Vita… che razza di persona può essere, uno che si chiama in modo tanto sciocco e buffo? - borbottò Otto, leggendo il bigliettino.

- Lasci pure qui sul banco il fertilizzante, scenderà a riprenderlo dopo la visita.

Otto uscì dal negozio senza salutare e salì al terzo piano del portone vicino. Giunto sul pianerottolo, vide che la porta dello studio era spalancata, nella sala d’aspetto non c’era nessuno ed anche la porta dello studio medico era aperta, così entrò, senza chiedere permesso.

- Buongiorno, signore, si accomodi. Sono subito da lei. - lo salutò cordiale il medico.

Otto prese posto su una poltroncina davanti ad un tabellone e si voltò a guardare il dottore. Gli sembrava di aver già visto quel viso rubicondo, ma non ricordava dove o quando. Otto scrollò le spalle e fissò il tabellone, che in quell’istante il dottore aveva illuminato.

- Per favore, legga le parole che ora io le indicherò.

Seguendo la punta della bacchetta che il medico muoveva sul tabellone, Otto lesse un po’ annoiato…- dispetto… malignità… curiosità… pettegolezzo… solitudine… prepotenza… antipatia… dobbiamo andare avanti ancora per molto? - s’interruppe seccato.

Il dottore Felice Della Vita tentennò il capo e batté piano la bacchetta sul tabellone. -Mio caro signore, non ci siamo… non ci siamo proprio! La sua vista è peggiore di quanto credessi… provi a indossare questi occhiali e a rileggere le parole che le indicherò.”

Sempre più infastidito, Otto inforcò gli occhiali che il dottore gli porgeva e ricominciò a leggere, seguendo la bacchetta. - cortesia… benevolenza… discrezione… riservatezza… compagnia… simpatia…

- Perfetto… perfetto! - esclamò l’oculista, stropicciandosi le mani - adesso sì che le cose vanno meglio!

- Beh, in effetti mi sembra proprio di vederci meglio… - ammise Otto, un po’ sorpreso - quell’impiccione… quel gentile signor Giacinto mi ha dato davvero un ottimo consiglio. Dovrò tornare per un altro controllo?

- Non sarà necessario… questi occhiali le andranno bene per parecchio tempo!

- Meglio così… allora, grazie… e, mi dica, quanto devo pagare?

- Nulla, lei è venuto qui per la prima volta e il controllo è gratuito! - lo rassicurò il dottore, sorridendo.

Otto usci di ottimo umore dallo studio dell’oculista e tornò nel negozio del fioraio, ma Giacinto non c’era, così prese il flacone del fertilizzante dal banco e gli lasciò un bigliettino di ringraziamento.

Il flacone era pesante, così Otto si fermò ad aspettare il tram, come sempre strapieno. Salì a forza di spintoni e si accomodò nel primo posto libero che trovò, ma davanti a lui vide una signora molto anziana che cercava di sorreggersi come meglio poteva tra gli altri passeggeri.

- Potrebbe usare le maniglie come fanno tutti! - borbottò Otto tra sé e sé - Però, a guardare meglio, vedo che non ce la fa… signora, si metta seduta al mio posto…

- Tante grazie, signore, non si incontrano tutti i giorni persone gentili come lei!

Arrivato alla fermata vicino casa, Otto scese agilmente e percorse di buon passo la via, sentendosi di ottimo umore come non gli accadeva da tempo. I bambini erano radunati intorno al giardino e guardavano desolati il loro pallone, finito proprio in mezzo al rosaio. Quando lo videro in lontananza, corsero a nascondersi.

- Ecco di nuovo quei monelli che sicuramente hanno lanciato il pallone tra i miei fiori… quei cari frugoletti che non lo fanno apposta ed ora sono dispiaciuti

I fiori! Chissà in quale stato si trovavano! Otto corse fino al cancello e ciò che vide lo lasciò di stucco. Le sue aiuole erano rigogliose e i fiori non avevano mai avuto un aspetto migliore, con quei colori lucenti e profumi intensissimi che si spandevano per la via. Rientrato in casa, trovò insopportabile la penombra nella quale erano immerse le stanze e aprì le tende e le finestre. Si preparò un abbondante e gustoso pranzo, poi passò il resto del pomeriggio a smontare le pesanti tende scure e a sostituirle con quelle vaporose dai delicati colori pastello che aveva messe in soffitta, chiuse in una cassa piena di vecchi abiti. Che meravigliosa vista del giardino, si era riempito di farfalle e uccellini di varie specie, dandogli la stupenda sensazione di vivere in una specie di paradiso terrestre, o magari sull’isola deserta che tante volte aveva sognata. Prima di cena uscì in giardino e colse diversi tipi di fiori, per disporli sui mobili di casa nei vasi che aveva ritrovato in soffitta. La notte dormì saporitamente e fece sogni strani e bellissimi, coloratissimi e popolati di meravigliose creature.

I giorni passavano e tutti si erano accorti del cambiamento di Otto, senza capire a chi o a che cosa attribuirlo, ma non era questa la cosa importante. I bambini furono i primi ad avvicinarsi, gli chiesero scusa per il pallone finito tra le aiuole e Otto lo restituì loro con un bel sorriso, invitandoli in casa per la merenda, che da quel giorno divenne un piacevole appuntamento.

- Buongiorno, signora Rosa, mi permetta di aiutarla a portare le borse della spesa!

- Signora Marisa, è guarito dal morbillo il piccolo Giorgio?

- Buonasera, signora Lucia, dica pure a suo marito che gli darò una mano molto volentieri per ridipingere la cameretta dei bambini!

Queste gentili frasi diventarono per Otto un’abitudine e le vicine di casa cominciarono a ricambiare le sue cortesie in vari modi; una gli preparava un buon dolce per la colazione, l’altra gli rammendava i panni, un’altra ancora gli dava una mano con il bucato, e tutte ricevevano un profumatissimo mazzo di fiori come ringraziamento.

E più fiori coglieva, più ne spuntavano.

Anche gli uomini smisero di evitarlo e cominciarono a invitarlo a giocare a carte, a vedere la partita, a caccia e a pesca la domenica.

Un giorno Otto sbadatamente fece cadere dal tavolino gli occhiali, che andarono in frantumi. Disperato corse dal dottor Felice Della Vita per farsene dare un altro paio, ma con sua grande sorpresa l’oculista gli rispose: - Stia tranquillo signor Otto, lei non ne ha più assolutamente bisogno… guardi di nuovo il tabellone e legga…

- cortesia… benevolenza… discrezione… riservatezza… compagnia… simpatia… ha ragione, dottore, non mi servono più! - esclamò Otto, stropicciandosi le mani.

Il dottor Felice si tolse il camice bianco e quando Otto vide la vistosa camicia scozzese, dal cui taschino spuntava il gran fazzoletto a righe, scoppiò a ridere, riconoscendo Giacinto. Il fioraio lo aveva proprio giocato ben bene! Ridendo e scherzando come vecchi amici, i due si incamminarono tendendosi a braccetto e Otto volle assolutamente portare Giacinto a casa propria per mostrargli il rigoglioso giardino, che donava gioia a tutti, e restituirgli il flacone di fertilizzante di cui non avrebbe mai più avuto bisogno. Da quel giorno in poi Otto non pensò più all’isola deserta come a un rifugio, ma come a un posto di sogno da dividere con tanti amici.


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