FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 8
ottobre/dicembre 2007

Tracce d'Europa

IL DONO
Frutti per l'Europa

di Annarita Verzola


C'era una volta un paese nel quale era stato inaugurato un campo vacanze.

La struttura era modernissima e dotata di tutte le comodità, dalla piscina alla palestra, dal campo per il calcetto a quello per la pallavolo. Le camere erano allegre e accoglienti e la cucina locale ottima e salutare.

I ragazzi provenivano da diversi paesi europei e il problema principale era il linguaggio, così le ore di studio erano dedicate alla reciproca conoscenza delle varie lingue. Le giornate erano sempre piene di impegni, ma divise tra studio e divertimento, e un momento che a molti piaceva era la passeggiata attraverso il grande bosco che si stendeva oltre il paese.

E proprio tra il paese e il bosco c'era una vecchia casa di pietra davanti alla quale i ragazzi passavano tutti i giorni. Quella casa solitaria li incuriosiva perché vedevano sempre affacciata alla finestra del pianterreno una vecchina, che faceva loro ampi cenni di saluto e sorrideva.

I più intraprendenti chiesero informazioni sulla solitaria abitatrice di quella casa e incominciarono a passarvi anche in altre ore della giornata, trovandola invariabilmente affacciata alla finestra, quasi non facesse altro per tutto il tempo.

Un pomeriggio Eirene si avvicinò alla casa e cominciò a sbirciare all'interno, ma prima di poter distinguere qualcosa nella penombra che l'avvolgeva, si sentì chiamare dalla vecchina. La ragazzina per un istante ebbe paura, ma sentendo la donna rivolgersi a lei nella propria lingua fu molto contenta e le rispose con garbo.

Parlarono della "linea verde" e di Afrodite, davanti a un gustoso piatto di meze e, prima di separarsi, la vecchina donò a Eirene un cestino di pesche, raccomandandole di dividerle con i suoi compagni e assicurandole che sul fondo avrebbe trovato una cosa assai preziosa. Eirene fu molto contenta di aver potuto parlare di Cipro, che in quel momento le sembrava tanto lontana, e tornò allegramente verso il campo. Vicino alla piscina incontrò Charles e provò a raccontargli in inglese, con un po' di fatica, ciò che le era accaduto. Charles rise e le fece capire che non credeva alle sue parole, così Eirene riprese il cestino di pesche che aveva posato sul bordo della piscina e se ne andò indispettita, rinunciando ad offrirgliele.

Eirene tornò nella camera che divideva con Sinead, ma l'esperienza fatta con Charles le sconsigliò di parlare con lei dell'accaduto, tuttavia le offrì le pesche e poi decisero di portarle nella sala da pranzo comune. Quando ebbero vuotato il cestino, Eirene si rammentò le strane parole della vecchina e guardò il fondo, restando un po' delusa. C'era solo un pezzetto di carta sul quale in bella grafia era scritta una sola, incomprensibile parola.

Sinead sosteneva che quella parola fosse magica e Eirene, conoscendo la passione della compagna irlandese per i racconti, non se ne stupì. Decise di riporre il biglietto e di non pensarci più.

Nel frattempo, incuriosito da ciò che Charles aveva raccontato al solo scopo di deridere Eirene, Jan volle andare nel bosco per dare un'occhiata alla casa della vecchina. Si stupì molto nel sentirsi rivolgere la parola in olandese, ma la vecchina non si curò di dargli spiegazioni e lo invitò a entrare, aveva appena messo in tavola la zuppa di piselli e del buon gouda. Durante il pranzo conversarono vivacemente sul polder di Beemster e sull'arte di Vermeer. Terminato il pranzo, Jan ricevette un cestino di albicocche con la raccomandazione di dividerlo con i compagni, ma appena fu abbastanza lontano, rovesciò il contenuto nell'erba e sul fondo trovò un bigliettino, scritto in bella grafia, con un'unica, strana parola.

Tornato al campo Jan offrì le albicocche a tutti i compagni che incontrò e volle raccontare la propria avventura al belga René.

Insomma, in poco tempo la faccenda fece il giro del campo e dopo Jan fu Genevieve a tornare con un cesto di mele offertole dalla vecchina, che le aveva parlato di Cartesio e di Voltaire davanti a una dolce porzione di crème brulé, e nel bigliettino nascosto in fondo al canestro c'era un'altra parola strana e incomprensibile.

Ai tre biglietti si aggiunse quello di Ingrid, tornata con un cestino di fragole dopo che la vecchina le aveva raccontato di Greta Garbo e di Ingmar Bergman offrendole un sostanzioso Smorgåsbord. La faccenda diventava sempre più misteriosa.

Emily, ancora affascinata dall'avventurosa storia dei cavalieri di Malta con la quale la vecchina l'aveva intrattenuta davanti a un saporito piatto di Stuffat Tal-Fenek, porse ad Anna il bigliettino nascosto in fondo al cesto di prugne.

Poi fu Anna chedistribuì i grappoli d'uva che la vecchina le aveva offerto dopo il ghiotto pranzo a base di tagliatelle con il ragù e l'avvincente racconto della nascita dell'impero romano, e anche il nuovo bigliettino andò ad aggiungersi agli altri.

Finalmente l'ungherese Zoltàn ebbe un'idea, se li fece consegnare tutti e li dispose in fila in mezzo al tavolo.

agtelse    pokòj    igualdad    daonlathas    vieningumas    svoboda

Tutti guardarono con curiosità quei bigliettini e man mano scoprirono che per ogni parola, così misteriosa per gli altri, c'era almeno uno di loro capace di capirla, perché era nella sua lingua.

Il danese Arne prese il primo e spiegò agli altri che quella parola significava "rispetto", poi fu la volta della polacca Marie che prese il secondo biglietto e disse ai compagni che la parola voleva dire "pace". Via via Alejandro tradusse dallo spagnolo "uguaglianza", l'irlandese Sinead "democrazia", il lituano Milka "solidarietà" e infine lo slovacco Stefan "libertà".

E così scoprirono il significato dei doni della vecchina: quelle parole sarebbero rimaste misteriose e incomprensibili se ciascuno di loro non le avesse lette insieme agli altri. E così, come d'incanto. il problema della diversità delle lingue e delle culture si era trasformato in una ricchezza che aspettava soltanto di essere condivisa.

I ragazzi del campo scuola presero alcune lenzuola e ne ricavarono tanti striscioni sui quali scrissero quelle parole in tutte le lingue dei loro paesi. Gli abitanti del posto pensarono che fosse una specie di gioco, ma per i ragazzi divenne la promessa di un impegno sul quale misurarsi nella vita.

 

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