FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 7
luglio/settembre 2007

Altre terre

ASCOLTARE
una rubrica per le orecchie

di Federico Platania


Canti: un diario di luoghi e di voci

Mentre sto ascoltando la sarabanda sonora che c'è in The End Of An Ear di Robert Wyatt, le mie orecchie intercettano un suono estraneo. Va bene che è un album a dir poco sperimentale, pieno di rumori e cianfrusaglie acustiche, ma questo trillo qui l'ultima volta che l'ho ascoltato mica c'era.
Infatti non viene mica dallo stereo, bensì dal mio cellulare. Guardo il display. È Brandolini, il gran mogol di Fili d'aquilone. «"Federico - mi dice - stiamo chiudendo il numero. È pronta la tua rubrica?». «Come no? - dico io, mentendo spudoratamente - Ti mando il testo quanto prima». Come al solito sono in ritardo. Devo mettermi subito al lavoro. Il vero problema è che non mi ricordo il tema del prossimo numero di Fili d'aquilone, solo che mica posso chiederlo a Brandolini: che figura ci farei?
Qual era il tema di questo numero? C'era di mezzo la parola "terre", di questo sono sicuro, me l'aveva detto l'ultima volta che ci eravamo visti in pizzeria. Terre... terre... Extraterrestri! Ma sì, doveva essere questo il titolo. Dunque, un numero tutto dedicato agli extraterrestri.

Scriverò un pezzo che racconta dei suoni che viaggiano nello spazio siderale, questo farò, parlerò del messaggio radio trasmesso nel cosmo quando nel 1974 inaugurarono il radiotelescopio di Arecibo, in Porto Rico (e poi quando si parla di roba latinoamericana Brandolini è sempre contento): una sequenza binaria composta da oltre 1.600 zero e uno che un'intelligenza aliena (e superiore...) potrebbe decifrare scoprendo così i numeri atomici dell'idrogeno e del fosforo, la formula degli acidi e delle basi del DNA, uno schema del nostro sistema solare e altre informazioni che riguardano la razza umana e la nostra vita nell'universo. Questi impulsi, questi suoni chiusi nel silenzio del vuoto siderale, raggiungeranno fra quasi 25.000 la loro destinazione finale, l'estrema frontiera della galassia.
Voglio saperne di più, devo documentarmi bene per scrivere il pezzo. Mi imbarco allora sul primo volo per San Juan in Porto Rico, da lì cercherò un mezzo di fortuna per Arecibo. Appena atterro all'aeroporto di Luis Muñoz riaccendo il cellulare, che squilla subito. «Allora? 'sto pezzo?». È Brandolini. Cerco di prendere tempo: «Te l'ho appena mandato, sarà la tua posta elettronica che come al solito non funziona. Ho scritto un pezzo bellissimo sugli extraterrestri». Dall'altra parte si sente un suono gracchiante. «Ma quali extraterrestri!? - dice Brandolini - il prossimo numero di Fili d'aquilone si intitola ... bzzz ... creeek ... terr ... bzzzz!». Poi cade la linea e non riesco più a parlare con nessuno. Ma dimmi tu se l'interferenza doveva capitare proprio quando mi stava dicendo il titolo. Però la parola "terre" o "terra" c'era... Vuoi vedere che era "Sottoterra"? Ma certo, deve essere così! "Sottoterra": è questo il titolo del nuovo numero di Fili d'aquilone, me lo aveva pure detto l'ultima volta che ci eravamo visti in libreria.

Allora scriverò un articolo dedicato a Construction Sonor, quell'assurdo progetto sonoro che ha coinvolto tredici compositori di musica elettronica che hanno rielaborato i rumori del cantiere sotterraneo del tunnel del Gottardo. Bernd Schurer si è calato nei cunicoli e nelle gallerie per registrare e poi rielaborare i suoni grezzi. Altri hanno remixato basi jazz, techno e pop innestandole sullo sferragliare delle macchine o sugli echi di quella natura buia e rugosa che giace in profondità. Voglio documentarmi meglio, voglio calarmi anch'io nei cunicoli. Parto subito per il Canton Ticino. Quando arrivo nei pressi di Erstfeld, il mio cellulare squilla. «Federico! - tuona nel mio orecchio Brandolini - Non possiamo più aspettare, il numero andrà on line oggi a mezzanotte. Dov'è la tua rubrica?». «È pronta - dico io col tono di voce più rassicurante che riesco a simulare - è quasi pronta, è praticamente quasi pronta. Te la mando fra due ore... Vedrai, ti piacerà: un pezzo originalissimo dedicato ai suoni che provengono da sottoterra».
«Sottoterra?! - fa Brandolini - ma che c'entra? Questo numero si intitola Altre terre!».
Altre terre! Ma certo, come ho fatto a dimenticarmelo? Me l'aveva detto chiaramente l'ultima volta che ci eravamo visti. E adesso che faccio?

Beh, magari, visto che si parla di altre terre, dunque di tutte le terre del mondo, riesco a cavarmela così: qualche mese fa ho dato vita a un blog (un altro blog!) che ho concepito come costola di questa rubrica che tengo su Fili d'aquilone. Tanto che l'indirizzo del blog è ascoltare.wordpress.com. Ma il titolo vero e proprio è Canti. Canti, nella doppia accezione di luoghi (angoli, spazi, posti, punti geograficamente identificabili) e voci (suoni emessi dall'uomo, composizioni melodiche, canzonette). Funziona così: lo sapete che ascolto musica in continuazione, a volte certi versi mi restano in testa, me ne innamoro, anche se magari non sono così memorabili. Cerco allora un luogo, un'immagine da associare a queste parole cantate: spesso è un punto geografico esplicitamente citato nel testo, altre volte è il luogo in cui il compositore è nato o ha vissuto, ma può anche essere un'associazione più o meno arbitraria. L'importante è che sia un posto ben identificabile su questo pianeta, un "canto" del mondo.
Quando ho sia l'immagine sia il testo (se è in una lingua diversa dall'italiano cerco di tradurlo, come posso), creo un nuovo post. E lo aggiungo a tutti gli altri. E così il blog diventa un diario di luoghi e di voci.

Che ne dite, Brandolini si accontenterà se stavolta la mia rubrica è venuta fuori così?

 

federico.platania@samuelbeckett.it