FILI D'AQUILONE
rivista d'immagini, idee e Poesia
Numero 1
gennaio/marzo 2006

Il filo spinato della memoria

PHILIP ROTH
Il complotto contro l'America

di Alessio Brandolini


L'ultimo romanzo pubblicato in Italia dello scrittore americano Philiph Roth s'intitola Il complotto contro l'America, ed è una storia divertente perché fantasiosa, sì, eppure molto, molto inquietante.
Di che complotto si tratta? E poi non era l'America (intesa come USA) a complottare ogni giorno - con la Cia e gli altri mille servizi segreti - contro paesi e presidente ritenuti scomodi? Pensiamo al Cile di Allende, a Cuba, o all'attuale e folle guerra in Iraq. E Ora? E' Al-Qaeda che complotta contro l'America? No, qui Roth, il grande e sarcastico Roth, torna indietro nel tempo e si diverte a riscrivere la storia statunitense.
Siamo nel biennio 1940-1942 e in Europa c'è la guerra, ci sono i campi di sterminio che cominciano a "smaltire" i deportati nei forni crematori. E negli Stati Uniti si hanno forti tensioni tra chi vuole restare neutrale a ogni costo e chi, al contrario, vuole combattere il nazismo. Tra chi lo considera come un rimedio ai mali dell'uomo e chi, al contrario, il male assoluto. In effetti l'attacco giapponese a Pearl Harbor dell'8 novembre 1941 tolse tutti dall'imbarazzo spezzando l'equilibro tra i due fronti, e l'America si vide costretta a entrare in guerra a passo di corsa.
Però nel romanzo la storia è un'altra. Qui accade che alla votazione presidenziale del 1940 (che in realtà vide la rielezioni di Roosvelt per la terza volta consecutiva) a vincere per i repubblicani fu l'asso dell'aviazione Charles A. Lindbergh: bello e atletico, fervente antisemita, decorato da Hitler, amico di molti gerarchi nazisti.
E allora cosa succede?
Per prima cosa viene dichiarata la neutralità assoluta dell'America, e il più vivo apprezzamento per la Germania di Hitler. Ecco che allora von Ribbentrop va in vista alla Casa bianca e assistiamo a una serata danzante tra gli ospiti nazisti e i politici americani filonazisti, razzisti o semplicemente opportunisti. Così niente Pearl Harbor, l'Europa totalmente nazificata e, infine, la Germania che vuole mettere radici in Sudamerica...
Fantapolitica?
Beh, certo. Però il rischio ci fu davvero, non è inventato. Gli isolazionisti erano tanti negli Usa e Lindbergh popolarissimo, inoltre godeva di forti appoggi politici, economici e di una parte della stampa. Ma il romanzo vuole essere soprattutto un monito per il futuro (e magari anche per il presente): contro l'arroganza e la superficialità, per rafforzare la memoria, per non dimenticare quello che è realmente accaduto: non in un romanzo, ma nella Storia, in Europa e poi nei tanti regimi fascisti del Sudamerica, e in quelli tirannici sparsi un po' in tutto il mondo. E dietro l'aviatore Lindbergh s'intravede il sorriso amorevole di Bush figlio, con la sua voglia di ripulire il mondo di tutte (per lui) le cose brutte.

La prima parte del romanzo è travolgente. Con la tensione che lievita giorno dopo giorno nelle famiglie americane di religione ebraica o di fede comunista o socialista, o semplicemente democratica. Il primo manifestarsi dell'odio razziale, le offese in un ristorante o in un albergo, i compromessi di chi vuole stare sempre e comunque dalla parte di chi detiene il potere, i programmi di riqualificare imposti alle famiglie, le prime violenze, il sangue, i primi morti...
Però la cosa che sorprende di più in questo romanzo, e ne fa un lavoro assai convincente, è l'intrecciarsi della politica e della storia alla biografia dell'autore. Non a caso tutto viene visto con gli occhi di un bambino che si chiama Philip Roth, anche lui nato, come l'autore del romanzo, nel 1933, anche lui di Newark.
Romanzo dichiaratamente autobiografico, quindi, e famigliare, in modo però ampio e sottile, di fantasia, eppure molto realista nella ricostruzione della città, dei personaggi, delle tensioni tra fratelli, tra figli e genitori e dei piccoli (ma quanto importanti per chi li vive da bambino!) avvenimenti domestici.
A un certo punto il profondo dolore per tutto quello che di tremendo sta accadendo al paese, alla città, alla sua famiglia fa stare così male il piccolo Philip che di notte fugge, corre come impazzito e non vuole vedere né parlare con nessuno. E quando lo trovano nascosto in un parco finge d'essere orfano, d'essere un altro. Bello e struggente.

Philip Roth, Il complotto contro l'America (ed. orig. 2004 - traduzione dall'inglese di Vincenzo Mantovani, pagg. 441, euro 18,50 -Einaudi, Torino, 2005)

 

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